Scomunica
contro quelli che si impossessano dei beni dei profughi
In
tempo di calamità, quando gli uomini erano in lutto e quando alcuni
erano stati fatti prigionieri e altri si erano fatti schiavi per
i propri cari o per la rovina dei loro beni, dei tali ebbero il
coraggio di considerare quel tempo occasione di guadagno: un comportamento
empio, da uomini invisi a Dio, anzi, addirittura odiati da Dio,
che superò ogni misura. Perciò ci parve bene di bandire costoro,
cioè di scacciarli pubblicamente dalla Chiesa e separarli dalla
moltitudine dei fedeli; e questo perché non venisse su noi tutti,
per causa loro, l'ira di Dio; e soprattutto sui superiori, se
non investigassero né si curassero di tali fatti... Non avvenne
forse che quando Acar, figlio di Zara, peccò contro ciò che era
stato consacrato a Dio, l'ira divina scese su tutta la comunità
d'Israele? Lui solo peccò, ma non fu il solo a morire nel suo
peccato. E noi dobbiamo considerare sacro a Dio quello che non
è nostro, ma altrui, e che pur potrebbe esserci utile in questo
tempo. Ciò che prese Acar era bottino; e anche ciò che presero
quelli era bottino; Acar si impossessò di beni dei nemici, questi
invece di beni dei fratelli, procacciandosi un lucro rovinoso...
Nessuno inganni se stesso, come se si trattasse di cose trovate:
neppure con ciò che si trova è lecito arricchirsi. Dice infatti
il Deuteronomio: Se vedi smarriti sulla via il vitello o la pecora
del tuo fratello, non devi scansarli, ma restituirli subito al
tuo fratello. Che se il tuo fratello non sta vicino a te e non
lo conosci, accoglierai gli animali in casa tua e staranno presso
di te finché il tuo fratello non venga a cercarli, e allora glieli
restituirai; così pure farai col suo asino, e così farai col suo
mantello; così farai insomma con qualunque oggetto smarrito dal
tuo fratello e da te ritrovato (Dt 22,1-3). Così il Deuteronomio.
Nell'Esodo poi non solo se si trova l'animale del fratello, ma
anche del nemico: Restituiscilo, è detto, e rimenalo a casa del
suo padrone (Es 23,4). Se dunque non è lecito trarre guadagno
dalle cose del proprio fratello o del proprio nemico, il quale,
in pace, conduce una vita serena e di quelle non se ne dà cura,
quanto più non lo è delle cose di chi è colpito dalla sventura,
di chi fugge il nemico ed è costretto ad abbandonare tutto !
Gregorio
il Taumaturgo, Lettera canonica, 2-4
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