Gregorio di Nissa

(335-394)

                                                                    



Degna fine di un usuraio

Vi era un uomo in questa città (non ne dico il nome, perché mi guardo di tirarlo per nome sulla scena, essendo egli morto), il cui mestiere era prestare danaro e guadagnare gli interessi della detestabile usura. Dominato da questa passione dell'avarizia, era tirchio anche nelle proprie spese, come fanno gli avari: non poneva cibi sufficienti sulla sua tavola, non mutava abito regolarmente o secondo la necessità, non dava ai figli il necessario per vivere, e non andava al bagno, perché aveva paura di pagare i tre oboli. Di una cosa sola era sempre preoccupato: come aumentare il numero delle sue ricchezze. E non riteneva nessuno custode fidato della sua borsa: né figlio né servo né banchiere né chiave né sigillo: perciò nascondeva il suo denaro in buchi nella parete, che ricopriva esteriormente di malta, e teneva il suo tesoro nascosto a tutti, trasferendolo incessantemente da luogo a luogo e da parete a parete, pensando con questo mezzo ingegnoso di celarlo a tutti. All'improvviso decedette da questa vita senza aver detto a nessuno dei familiari dove l'oro fosse sepolto. E fu sepolto anche lui e guadagnò solo di venire nascosto sotto terra. I suoi figli, sperando di diventare per tanta ricchezza i più illustri nella città, cercarono ovunque, chiesero a tutti, esaminarono gli schiavi, scavarono i pavimenti delle case, ispezionarono le pareti, si introdussero spesso nelle abitazioni dei parenti e dei vicini, smossero ogni pietra, come si dice, ma non trovarono neppure un soldo. Ora vivono senza casa, senza eredità, nella miseria, e ogni giorno accumulano maledizioni sulla stoltezza del padre. Era questo un vostro amico, un vostro compagno, o usurai! Ebbe una fine degna dei suoi costumi, un miserabile sensale, tormentato dal dolore e dalla fame. Ammucchiò in eredità per se stesso la pena eterna, e per i suoi figli la povertà.

Gregorio di Nissa, Contro gli usurai



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