L'amore
per i poveri
Ma
a che ti serve digiunare e fare astinenza dalle carni, se poi
con la tua malvagità non fai altro che addentare il tuo fratello?
Che guadagno ne trai, dinanzi a Dio, dal fatto di non mangiare
del tuo, se poi, agendo da ingiusto, strappi dalle mani del povero
ciò che è suo? . .. I cristiani devono avere come guida l'assennatezza,
e l'anima deve fuggire da ogni forma di danno che la malvagità
può arrecarle. E dunque, a che serve che noi ci asteniamo dalle
carni e dal vino, se poi ci rendiamo colpevoli di mancanze che
nascono da un nostro deliberato proposito? Vi dico e vi assicuro
fin d'ora: a nulla vi serviranno l'acqua e la dieta vegetariana,
se il vostro spirito interiore differisce dal vostro aspetto esteriore...
In questi giorni è arrivata una folla di ignudi e di derelitti.
Un'infinità di prigionieri sta bussando alla porta di ciascuno
di noi. Non ci mancano dunque forestieri ed esuli, e da ogni parte
ci voltiamo, vediamo mani tese. La casa di questa gente è il cielo
limpido. Il loro tetto sono i porticati, i crocicchi delle vie,
i cantoni più deserti della piazza pubblica. Si alloggiano nei
pertugi delle rocce, come se fossero pipistrelli o civette. Vestono
cenci a brandelli; le loro mietiture consistono nella volontà
di quelli che allungano loro un'elemosina; il loro cibo è quel
che cade dalla mensa del primo che passa; la loro bevanda: la
fontana pubblica, non diversamente dagli animali; la loro coppa:
il cavo della mano; la loro dispensa: le pieghe dell'abito che
indossano (sempre che questo non sia stracciato, lasciando così
scappare via tutto quel che vi si getta sopra); il loro tavolo:
le ginocchia rattrappite; il loro divano: il suolo santo; il loro
bagno: il fiume... Conducono questa vita errabonda e selvatica,
non perché tale sia da sempre il loro progetto di vita, ma per
un'imposizione dettata dalla disgrazia e dalla necessità. Soccorrili
col tuo digiuno. Sii generoso con questi fratelli, vittime della
sventura. Da' all'affamato ciò che togli al tuo ventre. Modera
con saggia temperanza due forme di appetito, che sono tra loro
contrarie: la fame tua e quella del tuo fratello... Non consentire
che siano altri a soccorrere chi ti sta vicino, e a giungere prima
di te al tesoro che per te era stato custodito. Abbraccia l'afflitto
come fosse oro. Stringi fra le tue braccia il malato come se da
lui solo dipendesse la salute tua e quella di tua moglie e dei
tuoi figli, quella dei tuoi domestici e di tutta la tua famiglia...
Non disprezzare costoro, che giacciono stesi, come se per questo
non valessero niente. Considera chi sono, e scoprirai quale è
la loro dignità: essi ci rappresentano la persona del Salvatore.
Ed è così: perché il Signore, nella sua bontà, prestò loro la
sua stessa persona, affinché, per mezzo di essa, si muovano a
compassione coloro che sono duri di cuore e nemici dei poveri.
È quanto poi fanno quelli che sono vittime della violenza: essi
mostrano a coloro che li attaccano l'immagine dell'imperatore,
perché, alla vista di colui che comanda, i delinquenti si contengano.
I poveri sono i dispensieri dei beni che speriamo, i portieri
del regno dei cieli, quelli che aprono ai buoni e chiudono ai
malvagi e ai disumani. Essi sono, al tempo stesso, severi accusatori
ed eccellenti difensori. E difendono o accusano, non con ciò che
dicono, ma in forza del semplice fatto di essere visti dal Giudice.
Ogni azione che si compia a loro riguardo grida, al cospetto di
Colui che conosce i cuori, con voce più forte di quella dello
stesso precone... Dio è così: primo inventore dei benefici e provveditore,
ricco e insieme compassionevole, di ciò di cui abbiamo bisogno.
E noi, per tutta risposta, e malgrado ogni singola lettera alfabetica
contenuta nella Scrittura ci insegni a imitare il nostro Signore
e Creatore - nella misura in cui un mortale può poi imitare ciò
che è proprio della beatitudine celeste e dell'immortalità - noi,
dicevo, finalizziamo ogni cosa al nostro personale godimento,
destinando la maggioranza delle cose per noi e quelle che restano
per i nostri eredi. E mai che teniamo conto in alcun modo degli
sventurati, mai che mostriamo alcuna benevola preoccupazione verso
i poveri. Che crudeltà! L'uomo vede il suo simile bisognoso di
pane, e privato di quel necessario calore che è solo l'alimento
a dare, e, ciò nondimeno, né lo soccorre con slancio, né fa niente
perché si salvi. Che dico, lo respinge sprezzante, come fosse
null'altro che una pianta frondosa che col sole d'agosto inaridisce
per pura e semplice mancanza di acqua. Quanto a lui, invece, gli
debordano ricchezze tali, che con esse si potrebbero realizzare
financo numerosi canali, per il sollievo di molti. Perché, come
con l'acqua che scorre da una sola fonte si possono irrigare,
rendendole feconde, estese pianure di campagna, così pure l'opulenza
di una sola casa può sollevare dalla miseria una moltitudine di
poveri. Questo, evidentemente, a patto che al proposito non si
frapponga uno spirito avaro e meschino, come una pietra che venisse
a tamponare la corrente d'acqua... Dunque, ponete un limite alle
vostre necessità vitali! Non pensate che tutto sia vostro! Che
ci sia anche una parte per i poveri, gli amici di Dio. La verità,
infatti, è che tutto viene da Dio, Padre universale, e che noi
siamo fratelli, e apparteniamo a una medesima stirpe. E i fratelli,
se vogliamo essere giusti, hanno il diritto di ereditare in proporzioni
eguali tra loro. Perché, se anche uno o due dovessero appropriarsi
della maggior parte dell'eredità, nondimeno essi dovrebbero fare
in modo che qualcosa rimanesse per gli altri. Ma se qualcuno pretende
di impadronirsi di tutto quanto, e a tal fine esclude i suoi fratelli
dalla terza e persino dalla quarta parte di eredità, ebbene, costui
non è per niente diverso da un dittatore che intenda tiranneggiare,
o da un barbaro animato da un'avversione irriducibile, o da una
fiera insaziabile che voglia, in un banchetto, dilettarsi da sola
di tutto. Ma che dico: costui è ben più feroce delle stesse fiere...
E mentre tu disponi di ogni lusso all'interno della tua casa,
là, alle soglie della tua porta, giacciono mille Lazzaro. Hanno
il corpo ricoperto di dolorose ulcere o gli occhi cavati o, ancora,
gemono per le ferite ai piedi. Sono lì a gridare, ma nessuno se
ne accorge. Lo impediscono il suono dell'orchestra, il canto che
si leva dai coretti spontanei, il frastuono delle risate. Che
se poi i poveri si fanno appena più insistenti, così da risultare
anche solo un poco molesti, ecco allora spuntare, da qualche angolo
della casa, un portiere dai modi canaglieschi e alle dipendenze
di un padrone crudele, che li getta lontano a colpi di bastone,
o chiama i cani, o li percuote proprio lì dove essi presentano
delle ferite. Agli amici di Cristo non resta allora che andarsene,
per giunta portandosi dietro insulti e percosse, e senza aver
ottenuto un solo pezzo di pane o un boccone di cibo: proprio loro,
che sono la sintesi di tutti i comandamenti. Frattanto, dentro
casa, in questa vera e propria dimora di Mammona, taluni vomitano
quel che hanno mangiato, quasi fossero navi galleggianti sulle
onde, e talaltri giacciono addormentati sulle mense, con affianco
ancora le loro coppe. In questa casa indecente si viene dunque
a consumare un duplice peccato: il primo, per essersi dati al
cibo e al bere al di là di ogni ritegno; il secondo, per la fame
dei poveri, scacciati via in malo modo.
Gregorio
di Nissa in Orazione sull'amore per i poveri: in PG 46,455-468
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