Leone Magno

(540 ca.-604)

                                                                    



La beatitudine dei poveri

Quando Gesù dice: Beati i poveri nello spirito (Mt 5,3), ci porta a capire che il regno dei cieli sarà dato non tanto a chi non possiede ricchezze, quanto piuttosto a chi è radicato nell'umiltà interiore. D'altra parte non si può dubitare che i poveri siano aperti più dei ricchi a questo dono dell'umiltà, perché la scarsità dei beni porta più facilmente alla dolcezza, mentre la ricchezza è spesso accompagnata dall'arroganza. È vero però che ci sono dei ricchi che sanno mettere i loro beni a servizio degli altri, piuttosto che valersene per il loro prestigio personale: persone che considerano loro massimo guadagno il destinare la ricchezza a migliorare le condizioni di chi si trova nelle difficoltà o nella miseria. Ecco perché questa beatitudine è offerta agli uomini di ogni condizione: le disposizioni interiori possono essere le stesse pur nella diversità della situazione economica, perché questa disparità conta molto meno dell'affinità spirituale. Beata la povertà che non si lascia prendere dall'amore per le cose temporali e non desidera accumulare i beni terreni, ma è attenta ai beni che le vengono da Dio. Dopo il Signore, i primi a darci l'esempio di questa povertà aperta ai valori dello spirito sono stati gli apostoli. Abbandonando senza calcoli tutti i loro beni alla chiamata del divino maestro, prontamente e con gioia hanno trasformato la loro esistenza e da pescatori di pesci sono diventati pescatori d'uomini. E infatti la loro fede si è posta come modello per molti e ha suggerito la stessa conversione: nei primi tempi della Chiesa, la moltitudine dei credenti era un cuor solo e un'anima sola (At 4,32). Essi si erano spogliati di tutti i loro possedimenti, e la loro povertà tutta orientata a Dio li disponeva a ricevere in abbondanza i beni eterni. Incoraggiati dalla predicazione degli apostoli, erano contenti di non aver nulla nel mondo e di possedere tutto in Cristo. L'apostolo Pietro, un giorno, salendo al tempio, fu fermato da uno storpio che gli chiedeva l'elemosina: Argento e oro non ne ho - gli disse - ma ti do quello che possiedo: in nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina! (At 3,6). Che cosa di più grande di questa umiltà, o di più ricco di questa povertà? Pietro non ha le risorse del denaro, ma dispone dei beni naturali. L'uomo che una madre aveva dato alla luce infermo, Pietro lo guarisce con una parola. Non ha monete con l'effigie di Cesare, ma ha il potere di rifare in quell'uomo l'immagine di Cristo. E la ricchezza di cui Pietro dispone non salva soltanto quest'uomo, guarito dalla sua infermità, ma anche le cinquemila persone che in seguito al discorso fatto dall'apostolo per spiegare il miracolo, credettero.

Leone Magno, Sermoni, 95,2-3



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