La
beatitudine dei poveri
Quando
Gesù dice: Beati i poveri nello spirito (Mt 5,3), ci porta a capire
che il regno dei cieli sarà dato non tanto a chi non possiede
ricchezze, quanto piuttosto a chi è radicato nell'umiltà interiore.
D'altra parte non si può dubitare che i poveri siano aperti più
dei ricchi a questo dono dell'umiltà, perché la scarsità dei beni
porta più facilmente alla dolcezza, mentre la ricchezza è spesso
accompagnata dall'arroganza. È vero però che ci sono dei ricchi
che sanno mettere i loro beni a servizio degli altri, piuttosto
che valersene per il loro prestigio personale: persone che considerano
loro massimo guadagno il destinare la ricchezza a migliorare le
condizioni di chi si trova nelle difficoltà o nella miseria. Ecco
perché questa beatitudine è offerta agli uomini di ogni condizione:
le disposizioni interiori possono essere le stesse pur nella diversità
della situazione economica, perché questa disparità conta molto
meno dell'affinità spirituale. Beata la povertà che non si lascia
prendere dall'amore per le cose temporali e non desidera accumulare
i beni terreni, ma è attenta ai beni che le vengono da Dio. Dopo
il Signore, i primi a darci l'esempio di questa povertà aperta
ai valori dello spirito sono stati gli apostoli. Abbandonando
senza calcoli tutti i loro beni alla chiamata del divino maestro,
prontamente e con gioia hanno trasformato la loro esistenza e
da pescatori di pesci sono diventati pescatori d'uomini. E infatti
la loro fede si è posta come modello per molti e ha suggerito
la stessa conversione: nei primi tempi della Chiesa, la moltitudine
dei credenti era un cuor solo e un'anima sola (At 4,32). Essi
si erano spogliati di tutti i loro possedimenti, e la loro povertà
tutta orientata a Dio li disponeva a ricevere in abbondanza i
beni eterni. Incoraggiati dalla predicazione degli apostoli, erano
contenti di non aver nulla nel mondo e di possedere tutto in Cristo.
L'apostolo Pietro, un giorno, salendo al tempio, fu fermato da
uno storpio che gli chiedeva l'elemosina: Argento e oro non ne
ho - gli disse - ma ti do quello che possiedo: in nome di Gesù
Cristo, il Nazareno, cammina! (At 3,6). Che cosa di più grande
di questa umiltà, o di più ricco di questa povertà? Pietro non
ha le risorse del denaro, ma dispone dei beni naturali. L'uomo
che una madre aveva dato alla luce infermo, Pietro lo guarisce
con una parola. Non ha monete con l'effigie di Cesare, ma ha il
potere di rifare in quell'uomo l'immagine di Cristo. E la ricchezza
di cui Pietro dispone non salva soltanto quest'uomo, guarito dalla
sua infermità, ma anche le cinquemila persone che in seguito al
discorso fatto dall'apostolo per spiegare il miracolo, credettero.
Leone
Magno, Sermoni, 95,2-3
|