I
giudizi di Dio
Lazzaro,
il mendico, giace pieno di piaghe davanti alla porta del ricco.
In questo fatto Dio ha attuato due suoi giudizi. Il ricco avrebbe
avuto forse qualche scusa se Lazzaro, povero e ulceroso, non fosse
giaciuto davanti alla sua porta, se fosse stato lontano, se la
sua miseria non gli fosse stata continuamente sotto gli occhi.
Viceversa, se il ricco fosse stato lontano dal povero, questi
avrebbe dovuto tollerare nell'animo una tentazione minore. Ma
Dio pose il povero piagato precisamente davanti alla porta del
ricco sfondato: con questo unico e identico fatto, aumentò, per
la visione del povero, il cumulo dei castighi del ricco crudele,
e mise alla prova ogni giorno il povero con la visione del ricco.
Pensate quante tentazioni dovette sopportare nel proprio animo
questo povero, ricoperto di piaghe, mentre, bisognoso di cibo,
non aveva neppure la salute e vedeva davanti a sé il ricco scoppiare
di benessere, tutto immerso nei piaceri! Vedeva se stesso tormentato
dal dolore e dal freddo, l'altro gioire, vestito di bisso e di
porpora; si vedeva oppresso dalle piaghe, e vedeva l'altro abbondare
di ogni bene; vedeva sé tanto bisognoso, e l'altro tanto egoista.
Quale tumulto di tentazioni, fratelli miei, si agitava nel cuore
del povero! Egli sarebbe stato afflitto abbastanza dalla povertà,
anche se fosse stato sano; e sarebbe stato afflitto abbastanza
dalla malattia anche se avesse avuto i mezzi necessari. Ma affinché
il povero fosse messo alla prova, lo oppressero insieme la povertà
e la malattia. E per di più vedeva il ricco procedere accompagnato
da amici e servitori, mentre nella sua malattia e nel suo bisogno
nessuno lo visitava. Che nessuno gli fosse vicino, infatti, lo
attestano i cani, che leccavano liberamente le sue ferite. Con
un solo fatto, dunque, Dio onnipotente mostrò due suoi giudizi:
permise che il povero Lazzaro giacesse davanti alla porta del
ricco, e così l'empio ricco aumentasse la propria condanna, mentre
il povero tentato aumentasse la propria ricompensa. Quegli vedeva
ogni giorno colui di cui non aveva pietà, questi vedeva ogni giorno
colui che era per lui occasione di prova. Due cuori quaggiù, e
lassù uno che guardava: ne preparava uno alla gloria esercitandolo
nella tentazione e aspettava di punire l'altro, tollerandone l'iniquità.
Il Vangelo continua: E avvenne che il povero morì e fu portato
dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto
nell'inferno (Lc 16,22). Ed ecco che questo ricco, in preda al
tormento, cerca quale avvocato colui di cui in questa vita non
aveva avuto pietà. Infatti il Vangelo soggiunge: Ed elevando gli
occhi mentre era tra i tormenti, vide da lontano Abramo e Lazzaro
nel suo seno. E gridando disse: "Padre Abramo, abbi pietà di me,
e manda Lazzaro a bagnar la punta del dito nell'acqua per rinfrescarmi
la lingua, perché io spasimo in questa fiamma!" (Lc 16,23-24).
Come sono altissimi i giudizi di Dio! Come è severa e precisa
la ricompensa delle azioni buone e di quelle cattive! Sopra è
stato detto che in questa vita Lazzaro bramava le briciole di
pane che cadevano dalla mensa del ricco, e nessuno gliele dava;
ora si dice che il ricco, nel suo tormento, brama che Lazzaro
gli faccia cadere dalla punta del dito una goccia d'acqua in bocca.
Da qui, o fratelli, da qui comprendete quanto sia rigido il giudizio
di Dio! Questo ricco che non volle dare neppure i minimi avanzi
della sua mensa al povero piagato, ora nell'inferno giunge a chiedere
il minimo: chiede infatti una goccia d'acqua colui che negò una
briciola di pane. Ma con grande timore si deve soppesare ciò che
dice la risposta di Abramo: Figliolo, ricordati che tu avesti
i beni in vita, mentre Lazzaro ebbe dei mali. Quindi ora lui è
consolato e tu soffri (Lc 16,25). Davanti a queste parole, fratelli
miei, c'è bisogno più di timore che di commento. Forse fra i presenti
ve ne sono alcuni che hanno ricevuto dei beni esteriori a questo
mondo. Dovete aver timore, dovrei dire, dello stesso dono esteriore,
che non vi sia stato dato in ricompensa per le vostre buone azioni
e il giudice, che vi ha ricompensato quaggiù, vi allontani dalla
mercede del bene interiore, che cioè l'onore e le ricchezze siano
non aiuto alla virtù, ma ricompensa della fatica. Infatti con
le parole: "Avesti i beni in vita" si indica che nel ricco vi
fu qualcosa di buono, per cui ne ebbe i beni di questa vita. Dicendo
invece che Lazzaro ebbe dei mali, si mostra chiaramente che in
lui vi fu qualcosa di male da purgare. Ma il male di Lazzaro fu
purificato dal fuoco della miseria, mentre il bene del ricco fu
ricompensato con la felicità di questa vita passeggera. Quello
fu afflitto e mondato con la povertà, questi ricompensato e scacciato
per l'abbondanza. Voi tutti, dunque, che in questo mondo avete
dei beni, se vi ricordate di aver compiuto del bene, abbiate il
timore che questa prosperità a voi concessa non ne sia la ricompensa.
E se vedete che tutti i poveri commettono delle azioni degne di
riprensione, non disprezzateli. Non disperate di loro, perché
forse la fornace della povertà sta purificando in loro ogni traccia
di pravità. Abbiate timore di voi, invece, che pur avendo compiuto
qualche azione cattiva, ne è seguita una vita prospera. Per ciò
che riguarda i poveri, pensate che la loro povertà, quale maestra
severa, ne tormenta la vita per farli giungere alla rettitudine.
Gregorio
Magno, Omelia per la III domenica di quaresima
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