Giovanni Crisostomo

(344?-407)

                                                                    



La ricchezza dei poveri

Vuoi che ti mostri la tua ricchezza, perché tu cessi di ritenere fortunati i possessori di ricchezze? Vedi questo cielo quassù, com'è bello, com'è grande, e come si distende nell'immensità? Di tanta bellezza il ricco non gode più di te e non può tenerti lontano e farla tutta sua: essa, come è stata creata per lui, così anche per te. E il sole, questo astro splendido e luminoso che allieta i nostri occhi, non si offre ugualmente a tutti, e tutti ne godono allo stesso modo, i ricchi e i poveri? E la corona delle stelle, e il globo della luna, non sono per tutti allo stesso modo? Anzi, se dobbiamo dire qualcosa di stupendo, ne godiamo più noi poveri che i ricchi. Essi infatti, oppressi spesso dall'ubriachezza, passando la vita tra i banchetti, immersi nel sonno, non possono neppure percepire queste sensazioni, perché vivono al chiuso e all'ombra; i poveri, invece, più di tutti gli altri sono nella condizione di godere questi elementi. Se esamini l'aria, diffusa ovunque, vedi che il povero ne gode pienamente e schiettamente, più degli altri. I viandanti e gli agricoltori ne godono più di chi vive in città; e fra chi vive in città, gli artigiani ne godono più di quelli che passano tutto il giorno nei bagordi. E la terra non è concessa egualmente a tutti? "Ma no! - si dice - perché sostieni questo? Dimmelo!". "Perché chi è ricco, in città si impossessa di molti iugeri e costruisce grandi mura di cinta; in campagna poi si appropria di molte porzioni di terreno". E con ciò? Se se ne appropria, ne gode da solo? No davvero, per quanto se ne sforzi, è costretto a distribuire a tutti i frutti della terra: coltiva per te il frumento, il vino e l'olio, ed è sempre al tuo servizio. Le grandi mura e le belle case le prepara, con indicibili spese, fatiche e preoccupazioni, perché tu ne usi e per questo suo servizio si prende solo un pochino d'argento. Ai bagni pubblici in ogni circostanza si può vedere che i ricchi sono travagliati dagli affari, dalle preoccupazioni e dalle fatiche, mentre i poveri, per pochi soldi, ne godono con tranquillità il frutto. Anche del terreno il ricco non gode più di te: egli non riempie dieci ventri, ma uno solo come te. Ma si nutre di cibi ben più raffinati? Certo, questo non è un grosso vantaggio dal momento che anche sotto questo aspetto scopriamo che tu hai più di lui. Quella vita splendida, infatti, ti sembra desiderabile perché offre un piacere maggiore; invece è maggiore il piacere del povero; e non solo il piacere, ma anche la salute. Il ricco ha solo questo privilegio: rendere più debole il proprio corpo e accumularvi più cause di malattia. Nel povero tutto è regolato con naturale moderazione, nel ricco tutto finisce, per la smoderatezza, in rovina e malanno... A seguito di questo sovraccarico di cibo, la digestione disturba tutto il corpo come ogni singola parte. Infatti, poiché il calore naturale non è sufficiente a macerare tutti questi alimenti, ne è come soffocato, e un cattivo odore esala da essi che causa un profondo malessere. Come le cloache dove vi è quantità di sterco, erba, fuscelli, pietre e fango, spesso si ostruiscono e allora la melma nel suo impeto trabocca fuori; così è del ventre dei ricchi: essendo ostruito sotto, i flussi cattivi rigurgitano per lo più dal di sopra. Non così per i poveri; come le sorgenti che versano le loro acque pure, per irrigare orti e giardini, anche il loro ventre è libero da tanti eccessi. Ma non certo quello dei ricchi, o meglio, di coloro che si abbandonano alle gozzoviglie: è zeppo di umori nocivi, di catarro, di bile, di sangue corrotto, di flussi putridi, eccetera. Ne consegue che chi vive nei bagordi non può stare mai bene, neppure per breve tempo, ma vive in continue malattie. Mi piacerebbe chiedere loro per quale motivo ci sono stati dati i cibi: perché ci roviniamo o perché ce ne nutriamo? Perché ci ammaliamo o perché restiamo sani? Per indebolirci o per rinforzarci? È chiaro: per nutrirci, per restar sani e forti. Perché allora ne usate tutt'al contrario, procurandovi malattie e infermità al corpo? Non così il povero: il suo cibo semplice gli dona salute, robustezza e vigore. Non piangere dunque per la povertà, madre di salute, ma gioiscine; e se vuoi essere veramente ricco disprezza le ricchezze. Il vero benessere invero non sta nel possedere molte cose, ma nel non sentire neppure il bisogno di possederle. E se arriveremo a tanto, staremo quaggiù meglio di tutti i ricchi, e lassù conseguiremo i beni futuri. Voglia il cielo che possiamo tutti entrarne in possesso per la grazia e la benignità del Signore nostro Gesù Cristo, a cui, insieme al Padre, e allo Spirito Santo sia onore, potenza e gloria, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

Crisostomo Giovanni, Omelie sulla seconda lettera ai Corinti, 12,5-6



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