Giovanni Crisostomo

(344?-407)

                                                                    



 Ecco i poveri dinanzi ai vostri occhi

Ora, la Chiesa possiede terre, case, affittanze, carri, muli e molti altri simili beni materiali, costretta a ciò dalla vostra crudeltà. Converrebbe, infatti, che questo tesoro della Chiesa fosse nelle vostre mani e che essa ne ricevesse il frutto dalla vostra buona volontà e generosità. Ora, invece, dal possesso di tali beni derivano due assurdi inconvenienti: voi rimanete senza frutti, e i sacerdoti di Dio trattano cose che non sono di loro competenza. Non era forse possibile che case e campi rimanessero in possesso degli apostoli? Perché allora essi li vendevano, e distribuivano il ricavato? Perché ciò era la cosa migliore. Ora, al contrario, un grave timore ha preso i vostri padri. Essendo voi dominati da un furioso e smodato desiderio dei beni temporali e occupati a raccogliere senza seminare, la moltitudine delle vedove, degli orfani e delle vergini finiva col morire di fame: perciò essi sono stati costretti ad avere dei beni. Essi non volevano darsi a questi traffici poco onorevoli, ma desideravano che la vostra buona volontà costituisse un capitale, da cui poter raccogliere i frutti, mentre essi si sarebbero dedicati esclusivamente alla preghiera. Voi, invece, li avete obbligati a imitare coloro che si occupano di uffici pubblici e di affari privati: di qui si è prodotta una confusione senza limiti. Se, infatti, anche noi come voi ci occupiamo degli stessi affari terreni, chi placherà Dio? Per questo non possiamo aprire bocca: gli ecclesiastici, in pratica, non sono per nulla migliori degli uomini di mondo. Non avete sentito che gli apostoli non accettarono neppure di distribuire essi stessi il denaro raccolto senza tanti traffici? Oggi, invece, i vescovi sono schiacciati dalle preoccupazioni materiali ancor più degli amministratori, degli economi, dei commercianti e, mentre dovrebbero occuparsi ed essere solleciti unicamente delle vostre anime, sono presi dalle stesse attività e dagli stessi affanni per cui si agitano gli esattori delle imposte, gli agenti del fisco, i ragionieri, i sovrintendenti alle finanze: per queste cose ogni giorno si rompono la testa. Non dico ciò semplicemente per lamentarmi, ma perché avvenga qualche cambiamento in meglio e s'introduca qualche rimedio; perché noi, sottoposti come ora siamo a così dura schiavitù, riusciamo a ottenere un po' di misericordia e voi siate per la Chiesa la sua rendita e il tesoro. Se voi non volete, ecco i poveri dinanzi ai vostri occhi: quanti noi potremo soddisfare, non tralasceremo di nutrire; ma quelli che non riusciremo ad assistere, li invieremo a voi, onde evitarvi di udire in quel tremendo giorno le parole rivolte a quanti non hanno avuto misericordia e si sono comportati con crudeltà: Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare (Mt 25,42). Certo, questa disumanità rende anche noi ridicoli insieme a voi. Trascurando infatti le preghiere, l'insegnamento e ogni altra attività sacra, alcuni uomini della Chiesa passano tutto il tempo in discussioni coi mercanti di grano, con i commercianti di vino, e con i venditori di altre derrate. Di qui sorgono liti e contrasti, e s'intrecciano ogni giorno le più varie e grossolane ingiurie. Ecco donde provengono quei nomi attribuiti a ciascun sacerdote, nomi che si addicono piuttosto agli affari mondani che essi trattano. Dovrebbero, al contrario, essere chiamati solo con i nomi derivanti da quelle attività stabilite dagli apostoli: cioè dal sostentamento dei poveri, dal patrocinio degli offesi, il ricovero dei pellegrini e degli stranieri, l'aiuto agli oppressi, l'assistenza agli orfani, la difesa delle vedove, la protezione delle vergini. Ecco gli uffici che dovrebbero essere assegnati ai sacerdoti, in luogo dei preoccupanti impegni relativi a terreni e a costruzioni. Questi sono i cimeli della Chiesa; questi i tesori che più le si addicono e che a noi procurano grande facilità nell'assistenza, a voi vantaggio, anzi facilità e vantaggio insieme. Per la grazia di Dio io calcolo infatti che le persone che si riuniscono qui siano circa centomila; orbene, se ciascuno desse un pane a ogni povero, tutti sarebbero nell'abbondanza, e se ciascuno si privasse soltanto di un obolo, nessuno sarebbe povero, e noi sacerdoti non saremmo più esposti a tanti biasimi e scherni che ci tiriamo addosso per il nostro attaccamento ai beni materiali. Sarebbe opportuno ripetere oggi ai sacerdoti, riguardo ai beni della Chiesa, ciò che il Signore disse un giorno: Vendi le tue ricchezze, e dalle ai poveri, e seguimi (Mt 19,21). Non è possibile altrimenti seguire il Signore come si deve, se non siamo liberi da ogni preoccupazione troppo grossolana e terrena. Ora, invece, i sacerdoti di Dio assistono alla vendemmia e alla mietitura e si danno un gran da fare per l'acquisto e la vendita dei prodotti. I sacerdoti giudei, il cui servizio di culto era rivolto semplicemente all'immagine delle realtà attuali, erano esenti da tutte queste attività, nonostante si dedicassero a una liturgia alquanto carnale. Noi che siamo chiamati invece a entrare nello stesso santuario dei cieli e penetriamo nel vero Sancta sanctorum, ci sobbarchiamo alle preoccupazioni e agli affanni dei commercianti e degli uomini d'affari. Ecco donde derivano la grave trascuratezza delle Scritture, la tiepidezza dello spirito d'orazione, l'atrofia di tutta la vita spirituale. È impossibile, infatti, che l'uomo si divida tra le cure terrene e gli impegni spirituali, dedicandosi a entrambi con adeguato impegno. Ecco perché vi prego e vi scongiuro di far scaturire sempre e ovunque per noi abbondanti sorgenti e di far diventare la vostra aia e il vostro torchio uno stimolo per noi: così i poveri saranno più facilmente nutriti, Dio sarà glorificato, e voi, progredendo sempre più nelle opere di misericordia, otterrete anche i beni eterni, che io auguro a noi tutti di possedere un giorno per la grazia e l'amore di Gesù Cristo, nostro Signore.

Crisostomo Giovanni, Commento al Vangelo di san Matteo, 85,3-4



torna alla homepage