I
beni secondo i ricchi
...Ti
mostrerò allora quelle cose che l'ignoranza del mondo stima per
beni. Vedrai che anche qui c'è da starsene alla larga. Ecco, sotto
a quelli che tu credi siano onori, o alte cariche, o abbondanza
di ricchezze, o potenza militare, o luccichio di porpora nei magistrati,
o potestà piena nei prìncipi, sotto a tutto questo si nasconde
il virus d'un male che accarezza; l'apparenza allegra e ridente
della nequizia cela l'inganno e dietro la seduzione sta una calamità
latente. È come un veleno che a bersi sembra una gradevole bevanda
perché con astuzia e frode si è dato un sapore dolce ai succhi
mortiferi: ma una volta trangugiato, si è bevuta la morte... Anche
quelli che tu consideri ricchi, essi che continuano ad aggiungere
poderi a poderi ed estendono sempre più al largo la loro proprietà
davvero interminabile cacciando via dai confini i poveri, essi
che sono carichi al massimo di oro e di argento e vivono tra montagne
di fortune che accumulano o sotterrano, anche loro, tra i propri
averi, sono nel tormento e nella trepidazione al pensiero che
un ladro possa devastarglieli, o che un nemico li saccheggi o
che l'invidia ostile di qualcuno più ricco non lo inquieti con
liti e calunnie. Un tal uomo non può mangiare nella tranquillità,
né prender sonno. Sospira a tavola, benché beva in coppe gemmate.
E pur affondando poi in un letto morbido il suo corpo afflosciato
dal gran mangiare, in mezzo a quelle piume non riesce a dormire.
Quel disgraziato non capisce che s'è addossato un supplizio meraviglioso;
che è tenuto in catene dall'oro; e che, più che possederle, le
ricchezze, ne è posseduto. Ed ecco - quale detestabile cecità
dell'anima e che densa caligine quella di una folle cupidigia!
- pur potendosi svincolare e liberare di tutti questi pesi, continua
a stare più dietro ai suoi beni crescenti, continua ad attaccarsi
ostinatamente ai tesori accumulati che gli procurano tanta sofferenza.
Questa gente non largheggia coi clienti; non dà niente ai bisognosi.
Chiamano denaro proprio quello che con assidua fatica custodiscono
sotto chiave a casa come fosse denaro di un altro, da cui non
tirano fuori uno spicciolo né per gli amici, né per i figli, e
neppure per se stessi. Possiedono solo per questo, perché non
possieda un altro. E - guarda l'ironia delle parole! - chiamano
un bene ciò che usano solo per fare del male.
Cipriano
di Cartagine, A Donato, 11-12
|