Agostino di Ippona

(354-430)

                                                                    



La giustizia, supremo principio dell'ordine

Vi è una natura in cui non vi è male alcuno, o anche non vi può essere male alcuno; ma non può esistere una natura in cui non vi sia nessun bene. Per questo, neppure la natura del diavolo, in quanto natura, è male: la perversità la rende cattiva. Perciò egli, pur non restando nella verità, non sfuggì al giudizio della verità: non rimase nella tranquillità dell'ordine, perciò non sfuggì al potere dell'Ordinatore. La bontà di Dio, che appare nella sua natura, non lo sottrasse alla giustizia di Dio, che lo ordina alla pena. Dio non castiga in lui, il bene da lui, creato, ma il male che il demonio commise. Non priva la natura di tutto ciò che le diede, ma qualcosa gli toglie e qualcosa gli lascia, affinché ci sia colui che soffre per la sottrazione. Il dolore stesso è testimone del bene tolto e del bene lasciato. Chi pecca è peggiore se si allieta di aver recato danno al retto ordine. Ora chi soffre, se non ne guadagna nulla di bene, si rattrista per il danno della sua salute. Ma sia il retto ordine, sia la salute sono un bene, e ci si deve addolorare per la perdita del bene, non certo allietarsene (se tuttavia non ci sia una compensazione migliore, ed è migliore l'equità dell'animo che la salute del corpo); perciò è senz'altro più conveniente che l'ingiusto soffra nel castigo, piuttosto che si allieti nella colpa. Come dunque nel peccato la gioia di aver abbandonato il bene è testimonianza di cattiva volontà, così nel castigo il dolore di aver perso il bene è testimonianza di natura buona. Chi soffre per aver perso la pace della propria natura, soffre per qualche rimasuglio di quella pace, il quale fa sì che egli abbia amica la propria natura. Se dunque nell'estremo supplizio gli iniqui ed empi piangono la perdita, fra le pene, di alcuni loro beni naturali e sentono che loro li ha giustissimamente tolti Dio, da essi disprezzato pur avendo quelli loro benignissimamente elargiti, tutto ciò è nel retto ordine. Perciò Dio, sapientissimo creatore e giustissimo ordinatore di ogni natura, che ha istituito il genere umano mortale a coronamento di tutte le bellezze terrene, elargì agli uomini alcuni beni convenienti a questa vita, cioè la pace temporale, quale può godersi in questa vita mortale, che si ha nella salute, nell'incolumità e nell'unione sociale ai propri simili; e inoltre tutto ciò che è necessario per difendere o recuperare questa pace, come ciò che si addice e conviene ai sensi: la luce, la notte, l'aura respirabile, l'acqua potabile e tutto ciò che è necessario per il nutrimento, il vestito, la cura e l'ornamento del corpo. E tutto ciò, a questo patto veramente giusto: chi fa retto uso di tali beni caduchi consoni alla pace dei mortali, riceverà dei beni più grandi e migliori, cioè la stessa pace dell'immortalità e, ciò che ad essa è consono, la gloria e l'onore della vita eterna per godere di Dio e del prossimo in Dio; chi invece ne fa uso cattivo, non riceverà quei beni e perderà questi.

Agostino, La città di Dio, 19,13



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