di
Emma Nuri Pavoni
Il
20 luglio 2002 si è conclusa, con la consegna in parlamento di
180 mila firme, la campagna italiana promossa da Attac Italia,
a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare per
la Tassa Tobin. Per sei mesi, 240 comitati locali in 104 provincie
hanno raccolto le firme e spiegato - compito non propriamente
facile - in cosa consista la tassa proposta e quali siano le sue
finalità. La Tassa Tobin prende il nome dal suo ideatore James
Tobin, premio Nobel per l'economia nel 1981, professore dell'università
di Yale, che la propose per la prima volta nel 1972 come strumento
di regolazione dei mercati finanziari e per scoraggiare la pratica
speculativa delle transazioni finanziarie, che hanno un effetto
fortemente destabilizzante per i mercati finanziari e, a volte
provocano delle vere e proprie crisi finanziarie a livello internazionale.
Gli speculatori, infatti, non esitano a provocare la caduta di
una moneta, anche se questo può provocare l'impoverimento di milioni
di persone. Perciò l'applicazione di una aliquota molto bassa
(nell'ordine dello 0,1%) su tutte le transazioni finanziarie,
significava per James Tobin "mettere un granello di sabbia" negli
ingranaggi della crescente trasformazione dell'economia in finanza.
Oggi si calcola che su quattro parti, tre siano di finanza ed
una sola di economia. Speculare sulla moneta significa venderla
e poi ricomprarla a prezzo inferiore cosi da ricavarne profitto.
Lo speculatore, compiendo più volte tale azione nello stesso giorno,
cerca di ottenere il maggior guadagno. Ma se queste transazioni
fossero tassate, così da pagare una tassa equivalente al profitto
non ne varrebbe più la pena. Al contrario le imprese che commerciano
o investo all'estero, facendo pochi acquisti e vendite di monete,
non saranno penalizzate dalla Tassa Tobin, cosi che questa penalizzerebbe
la speculazione ma non l'economia produttiva. Anche a livello
politico la tassa avrebbe un impatto estremamente positivo. Per
questo i liberisti si oppongono con tanto accanimento perché sono
consapevoli del pericolo che rappresenta: recepirla negli ordinamenti
internazionali significherebbe ammettere che la speculazione è
nociva e che il "libero mercato" deve essere controllato dal potere
pubblico. Ancor peggio, costituirebbe un segnale incoraggiante
per le lotte sociali, su scala mondiale, e per tutti coloro che
credono che un mondo "altro" sia possibile. Allora si realizzerebbe
l'utopia del granello di sabbia che inceppa la macchina del sistema!
Naturalmente perché la tassa abbia un minimo di esito non può
essere applicata unilateralmente da un solo paese ma almeno dagli
stati economicamente più significativi. La grande concentrazione
dei mercati di cambio, infatti, avviene nei primi otto paesi che
realizzano oltre l'80% delle transazioni mondiali di cambio; tra
questi i primi quattro il 65%. Sulla piazza di Londra, la più
importante con 33% del totale, le transazioni effettuate dalle
prime 10 banche sono il 50% contro l'80% di Parigi. Attac propone
che l'Unione Europea prenda l'iniziativa di creare ciò che potremmo
chiamare una "Zona Tobin", che risulterebbe particolarmente significativa
in quanto l'Unione Europea ha un peso economico pari a quello
del Nord America e rappresenta circa la metà del mercato mondiale
dei cambi. Questo potrebbe risultare di stimolo al resto dei paesi
europei e a quelli di altri continenti, soprattutto se si creassero
meccanismi di stimolazione quali un tasso più basso per tutte
quelle monete che facessero parte della Zona Tobin. Non si può
però ignorare che in generale qualsiasi misura impositiva sugli
operatori economici privati è costantemente aggirata con qualche
stratagemma. Nel caso della Tassa Tobin sussistono molte occasioni
di frode. La principale è costituita dalla possibilità, per imprese
e banche multinazionali, di servirsi di internet per gestire i
propri sistemi di pagamento privati al fine di non pagare la tassa.
Tuttavia le moderne tecnologie ed il diritto internazionale autorizzano
a sperare in una lotta efficace contro questo tipo di frode. Nel
1990 sono stati firmati accordi internazionali tra le banche centrali
dei dieci principali paesi, ratificati poi nel 1998, che offrono
alle banche centrali di ciascun paese la possibilità di rifiutare
l'accesso al sistema nazionale di pagamento a tutti quegli operatori
finanziari privati - nazionali o stranieri - che non accettassero
di sottoporsi alla regolamentazione nazionale. In questa potrebbe
appunto essere contemplata la Tassa Tobin. Questi accordi autorizzano
persino una banca centrale a sanzionare i privati che si trovano
sul suo territorio. Se la Tassa fosse applicata nei paesi dell'Unione
Europea dove sono state avanzate proposte di legge, le nuove tecnologie
offrirebbero alle autorità pubbliche dei mezzi aggiuntivi per
renderne obbligatorio il pagamento. Il mercato dei cambi è anzitutto
un mercato all'ingrosso nel quale le banche realizzano circa il
90% delle transazioni. Il mercato al dettaglio, che riguarda i
privati, non è rilevante. Le banche operano per mezzo di sistemi
di pagamento nazionali sottoposti ad una severa regolamentazione,
controllata dalle banche centrali di ogni paese. Questi sistemi
di pagamento usano intensamente le nuove tecnologie, tanto da
poter parlare di sistemi di pagamento elettronici, che permettono
di identificare una transazione finanziaria espressa in diverse
monete ed anche l'identità delle banche che stanno operando la
transazione. Così è tecnicamente possibile identificare un operazione
di cambio e prelevare la tassa, apportando le necessarie modifiche
ai programmi informatici affinché ciò si realizzi automaticamente.
La raccolta del denaro avrebbe così un costo molto esiguo. I promotori
delle diverse campagne nazionali a favore della Tassa Tobin hanno
stimato che i proventi di tale imposta potrebbero aggirarsi tra
i 90 ed i 100 miliardi di dollari l'anno (ovvero più del doppio
di quanto viene attualmente destinato alla cooperazione allo sviluppo).
Questo potrebbe essere raccolto dalle banche centrali e destinato
per un massimo dell'80% ad attività nazionali, quali servizi sociali,
programmi per l'occupazione, politiche ambientali… e per il restante
20% ad attività internazionali: cooperazione, salvaguardia del
patrimonio ambientale e tutela dei diritti umani. La Tassa Tobin
diventa così il simbolo di tutti coloro che vogliono favorire
il ritorno del primato della politica sulla finanza e sulle multinazionali.
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