Non lederai il diritto dello straniero
(Dt 24,17)



La recente normativa sull'immigrazione ha riaperto il dibattito (se mai fosse stato sospeso) sui diritti da riconoscere agli stranieri presenti nel nostro paese. Beninteso: parlando di stranieri, meglio ancora di "extracomunitari", s'intende comunemente riferirsi ai poveri o perlomeno a quanti si trovano ai livelli inferiori della scala sociale. Per un imprenditore, un calciatore o una showgirl, infatti, nessuno aprirebbe il dibattito sull'opportunità di sospendere i sacrosanti principi sanciti dalla nostra Costituzione, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e dalle altre Convenzioni firmate a livello internazionale. Ma trattandosi dei più deboli, dei poveri, degli oppressi... tutto viene messo in discussione e anche il Diritto sembra bisognoso d'essere rifondato.

Già, ma da dove partire? Su cosa si fonda il Diritto? La questione è complicata e implicherebbe una riflessione - sviluppatasi fin dai primordi della filosofia - generalmente chiamata "giusnaturalismo". Poiché però, di questi tempi, sembra essere fuori moda ogni approfondita e pertinente analisi, mentre riesce più convincente la proposta del mero tornaconto personale, potremmo facilmente affrontare la questione da una prospettiva semplicemente giuridica, economica e politica... Nell'ambito però di una considerazione che voglia essere autenticamente cristiana, la cosa si complica (o si semplifica!) perché tra "noi" e gli "stranieri" si pone Dio stesso come "terzo incomodo", come polo magnetico e cornice di ogni decisione.

Perché - vedete - al di là di tutte le considerazioni che potremmo fare su tale argomento, alla fine, il monito costantemente ribadito nell'Antico e poi nel Nuovo Testamento e ben sintetizzato dal comandamento espresso in Deuteronomio 24,17: "Non lederai il diritto dello straniero" riporterà inevitabilmente la questione ad una alternativa molto semplice e radicale: decidere se obbedire o disobbedire a Dio stesso.

Il presupposto ovvio è la fede. Non una fede o credenza qualsiasi, ma quella espressa nel Credo che recitiamo tutte le domeniche, durante la Messa: "Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra... ". E' con Dio stesso quindi - riconosciuto come Creatore e come Padre - che siamo chiamati a fare i conti... con quel suo progetto originario, per cui, nell'atto della Creazione, ha destinato, in egual misura, i beni del creato al benessere di tutti i suoi figli.

Ebbene, è sufficiente guardarsi attorno - con un po' di onestà e lucidità - per comprendere come la volontà di Dio venga sempre più disattesa... e per noi sia sempre più problematico dire: "sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra" (Mt 6,10).

E' di poche settimane fa l'ultimo scioccante rapporto della FAO, che calcola in 1 miliardo e 20 milioni (1/6 dell'umanità) le persone affamate nel mondo, con un incremento costante di 100 milioni all'anno nell'ultimo biennio. Questo significa che circa 28 mila persone muoiono ogni giorno di fame e di queste ca. 21 mila sono bambini al di sotto dei 5 anni.

C'è poi il problema dell'acqua: già oggi 1 miliardo di persone non ha accesso all'acqua potabile, ma si stima che entro 15 anni sarà la metà dell'umanità... con tutto quello che comporterà sul fronte delle malattie e, ancora, della mortalità, soprattutto infantile.

Di conseguenza c'è poco da stupirsi se sempre più persone cercano di spostarsi, alla ricerca di condizioni di vita appena più dignitose o anche soltanto per sopravvivere.
Tra sfollati interni e migranti all'estero si calcola che oggigiorno le persone in movimento siano almeno 200 milioni.

Certo questo può dispiacerci, ma come reprimere quella strisciante obiezione che sembra ormai imporsi - con una forte pretesa di legittimità - anche alle coscienze più sincere: "Ma noi cosa c'entriamo?". "Tocca per forza a noi prendercene cura?".

L'obiezione, di per sé, sarebbe già preoccupante per il semplice fatto che riecheggia (e non poco) la protesta di Caino: "Sono forse io custode di mio fratello?" (Gn 4,9)... e certo, da credenti, non possiamo fingere di non sapere che tutto il racconto biblico successivo, fino alla parabola del buon Samaritano (Lc 10,30-37), costituisce una lunga, chiara e inequivocabile risposta, da parte di Dio: "Si, sei proprio tu!".

Ma lo è ancor di più perché tale misconoscimento dell'universale rapporto di fraternità che lega il genere umano e l'ignoranza dei più semplici meccanismi economici e politici che stanno all'origine di tali fenomeni alimentano il diffondersi di sentimenti razzisti anche tra la gente comune, tanto che ormai vengono quotidianamente cavalcati dalla politica, persino nei paesi di più lunga tradizione cristiana e civile.

La menzogna più subdola è poi quella che si camuffa di malcelato "buon senso" e solidarietà razionale. Quella che si nasconde cioè dietro ad affermazioni del tipo: "Non possiamo accoglierli tutti; dobbiamo praticare un'accoglienza ragionevole e sostenibile", tacendo il presupposto che questo sarebbe possibile soltanto nella misura in cui anche il nostro sfruttamento delle loro terre e dei loro paesi fosse altrettanto "ragionevole e sostenibile".

Perché - vedete - questa logica si basa su un pregiudizio che vizia ogni conclusione: quello che i popoli del Sud del mondo fuggano dalle loro società - ormai economicamente fallite, per incapacità tecnica o corruzione politica - per venire a godere di quanto apparterrebbe soltanto a noi, senza averne diritto. Tacendo peraltro, accuratamente, che ormai da secoli, il benessere dei paesi avanzati cresce grazie allo sfruttamento sistematico e legalizzato di quelle terre.

Nemmeno la decolonizzazione politica, infatti, è bastata a interrompere il colonialismo economico, che al contrario si è rigenerato in forme sempre più raffinate (Cfr. l'Enciclica Caritas in veritate, di Benedetto XVI).

Al paradosso, anch'io sottoscrivere la pretesa che gli africani restassero a casa loro, come pure i latinoamericani e gli asiatici... a condizione però che pure noi europei e i nostri amici nordamericani restassimo a casa nostra... Ma, allora, quanto poco tempo sarebbe necessario per vedersi svuotare gli scaffali dei nostri supermercati e crollare definitivamente l'economia mondiale? Fino a quando pensate che l'Europa - e in particolare l'Italia - sarebbero auto-sufficienti, dal punto di vista alimentare?

Per non parlare del petrolio e del gas... o di altre nuove forme d'energia, come il Biodisel, per produrre le quali si stanno convertendo milioni d'ettari di terreno - nei vari sud del mondo - affinché producano sempre più mais: non per la fame dei popoli, ma per alimentare le nostre automobili!

Senza dimenticare quegli ingenti progetti, come le dighe idroelettriche e le miniere a cielo aperto, che sradicano quotidianamente dai loro villaggi milioni di persone, obbligando a migrare anche quanti non vorrebbero farlo...

Infine - tanto per ricordare un piccolo oggetto, che quasi tutti abbiamo in tasca - non dimentichiamo le guerre provocate dalla corsa all'approvvigionamento del Coltan, necessario alla tecnologia dei cellulari.

L'elenco sarebbe lungo e perciò inadeguato ad un semplice articolo. E' però importante sapere che queste (vere e proprie) forme di rapina non sono compiute da predoni senza scrupoli, ma rappresentano operazioni assolutamente "legali", regolate da Trattati internazionali (spesso detti di "Libero Commercio"), stipulati dagli Stati, che evidentemente non trattano alla pari.

Un'ultima menzione merita il cosiddetto "debito estero", che - in verità - non fu generato da un vero "debito" ma da quasi un decennio di speculazioni (1973-80). Ebbene, ricordate l'Anno Santo del Grande Giubileo? "Passata la festa, gabbato lo santo"... Peccato poi che in questo caso si trattasse del Santissimo! Nonostante tante promesse, infatti, gli Stati non hanno fatto un bel niente... e anche l'Italia, dopo aver ritardato il condono fino al 2003, l'ha poi rinviato a data da destinarsi.

Capite allora che, in tale situazione, nessuna persona sufficientemente lucida può pensare che anche il più mansueto tra gli uomini possa arrendersi all'idea di vedere i propri figli soffrire la fame o ogni altro genere d'infermità, standosene con le mani in mano.

A milioni di persone resta così soltanto l'alternativa radicale fra la prospettiva della migrazione e quella della violenza.

La prima è certamente più pacifica e quindi auspicabile; ma anch'essa viene sempre più percepita come una sorta di violazione di domicilio, perché la logica delle frontiere sta impregnando così profondamente la coscienza di tutti - cristiani compresi - da essere ormai considerate un fattore naturale.

Da credenti però dovremmo ricordare che, secondo la Genesi (cap. 2), Dio creò un unico giardino, senza steccati né recinti, perché fosse condiviso dall'intera umanità, concepita come un'unica grande famiglia. Al contrario, ancora secondo la Genesi (cap. 11) le frontiere nacquero come conseguenza del peccato di Babele e quindi come violazione del progetto divino. Certo, il linguaggio biblico è evidentemente simbolico, ma se non vogliamo ridurre la Parola di Dio alla stregua d'una bella fiaba, adatta soltanto ai bambini, qualche conseguenza dovremo pur trarla!

Quanto invece alla possibilità della violenza, è purtroppo quella auspicata da molti "contabili della morte", perché la produzione e il commercio delle armi figurano tra le voci principali nei PIL dei paesi più sviluppati.

Soltanto lo scorso anno, infatti, gli Stati hanno speso ca. 1500 miliardi di dollari in armi, con un incremento del 45% nell'arco degli ultimi 10 anni. 1500 miliardi in un anno! Mentre, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, ne servirebbero appena 13 per garantire cibo e salute alle popolazioni più povere del mondo: 13 miliardi che i cosiddetti "Grandi" non riescono però a trovare!

Riassumendo per capitoli, quindi, le voci più critiche nel vocabolario dei Diritti sono appunto la Fame, la Sete, i Bisogni primari, lo status di Straniero, il diritto alla Salute e l'essere Prigionieri (anche "solo" della violenza). Se ci pensate, sono esattamente le 5 cose su cui - secondo Gesù, nella parabola di Mt 25 - saremo chiamati in giudizio, nel giorno del Figlio dell'Uomo!

Capite bene allora perché - pur non mancando ragioni validissime per rivendicare il rispetto dei Diritti di tutti e degli stranieri in particolare, anche solo da un punto di vista civico, economico e politico... - da cristiani abbiamo un motivo ben più costringente: non è soltanto questione di giustizia, ma di fede. O meglio: proprio perché riguarda la giustizia e la carità, ne va della fede!

Certo, a volte più che di vero egoismo si tratta forse di paura.

Non è difficile, infatti, ascoltare frasi del tipo: "La gente, in fondo, non è cattiva; parla così perché ha paura". Ma nemmeno in questo caso possiamo dimenticare il rimprovero di Gesù a Pietro, impaurito perché sul punto di affondare: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?" (Mt 14,31). E ai discepoli, terrorizzati dalla tempesta sul mare: "Dov'è la vostra fede?" (Lc 8,25).

Dov'è la nostra fede? Ecco il punto cruciale! Perché non soltanto sarà in forza di essa che sapremo obbedire al comando di Dio: "Non lederai il diritto dello straniero", ma sarà anche la sola a poterci liberare da tutte le nostre paure.

Alberto Vitali



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