Una
nuova Ora di Grazia
lettera
pastorale di Don Samuel Ruiz
I
– Introduzione
Una
nuova Ora di Grazia si scorge dopo l’intenso cammino che la nostra
nazione, i popoli indigeni e il Chiapas, hanno vissuto negli ultimi
dieci anni. Già nell’agosto 1993 esprimevo, nella mia lettera
rivolta al Romano Pontefice, l’angoscia che, per le condizioni
d’ingiustizia e emarginazione, colpiva le comunità indigene
della diocesi di San Cristóbal de Las Casas; ma segnalavo
anche le luci di speranza che illuminavano sentieri di futuro.
a
– In questa nuova Ora di Grazia, guardando i segni dei tempi di
una nuova tappa verso la quale dobbiamo peregrinare, in fedeltà
alla nostra speranza di una terra nuova per tutti, scopro che:
la mia condizione di vescovo emerito mi sollecita a sentirmi come
tale dentro la chiesa e per la chiesa; mi spinge a continuare
ad essere attento alla voce dei poveri, portando al tempo stesso
nel mio cuore la sollecitudine per tutti i cristiani e le chiese
del mondo (1); esige da me di condividere il mio pensiero di fede,
alimentato a sua volta dalla parola delle comunità, organizzazioni
e persone, la cui azione è stata centrale nel processo
storico di cui tutti siamo parte.
b
– Parlo ora a partire da un’altra dimensione. Non è che
il conflitto che si vive in Chiapas si sia risolto, né
che abbia perso al sua importanza. E’ che la pace non sarà
costruita solo sulla base di sforzi nazionali, quando le sue cause
sono sempre più globali e alludono all’urgenza di un cambiamento
profondo nel sistema economico e politico dominante.
c
– Non è che io abbia ricevuto un messaggio, o un incarico
speciale, ma che nel 44° anniversario della mia consacrazione
episcopale, essendo stato benedetto come pellegrino con i popoli
indigeni e come membro di una chiesa che si sforza di fare sue
le tristezze, le angosce, i dolori, le gioie e le speranze del
popolo (GS 1) percepisco, con molti altri i segnali di una nuova
tappa dell’umanità e mi preme l’urgenza di sommare il mio
clamore al loro, per rendere evidente, a quelli che vogliono vederli,
questi inconfondibili "segni dei tempi" di questo singolare
"passaggio del Signore" sul "Nuovo Popolo di Dio"
che segue il Cristo risorto.
d
– Non posso, d’altra parte, tralasciare di vedere e segnalare
la recrudescenza di certe conseguenze negative che ha portato
il sistema neoliberale dominante: la globalizzazione, è
stata dominata da modelli economici e politici che, slegati dall’etica,
acutizzano la disuguaglianza economica e approfondiscono l’ingiustizia.
Le attuali strutture dominanti hanno comportato frustrazione,
esclusione e morte per la maggior parte dei popoli. Essendosi
introdotta, inoltre, l’inaccettabile guerra denominata "preventiva"
si è causato un serio deterioramento dei diritti umani
e all’umanità come tale, riducendo o indebolendo le Istanze
Mondiali destinate a vegliare sulla pace. Le derivazioni distruttive
di ciò sono presenti in tutti i continenti, con un flusso
crescente delle migrazioni e con l’evidenza che le promesse di
diminuire significativamente la povertà, sono molto lontane
dal compiersi.
Queste
ripercussioni adombrano il panorama mondiale, accrescendo la dipendenza
di alcuni paesi da altri, sono segnali di morte.
e
– Proprio su questo sfondo oscuro, sul quale camminano i popoli,
constato che ci sono segni di vita e la presenza feconda della
Parola Divina che ha inspirato tante persone e comunità
nella loro ricerca della giustizia e della pace.
II
– Segnali di vita
1
– La statua del sistema, crolla.
Nonostante
che la globalizzazione neoliberale si presenti come un opportunità
storica unica, come un progetto fondamentale definito e definitivo,
e come l’ultimo possibile nella storia, porta già dentro
di se le contraddizioni e le debolezze che lo condannano a morte:
-
accelerando
pericolosamente il consumo di materie prime non rinnovabili
e usando indiscriminatamente sostanze chimiche, causano un
danno che minaccia seriamente la sussistenza del pianeta e
lo obbliga, pertanto, a modificare la sua direzione
-
promuovendo,
per sussistere un aumento costante della produzione, quando
introduce a questo fine l’automazione, estromette un ingente
numero di lavoratori e diminuisce l’insieme dei consumatori
della sua produzione
-
assorbendo
i paesi del mondo per trasformarli in un supermercato dove
tutto abbia una scritta che dica: "si vende", concentra
il potere economico nelle cuspidi sociali, causa uno squilibrio
economico e in fine la rovina, propiziando così l’apogeo
di una opposizione congiunta
-
in
fine, rivolgendosi alle "conquiste" ultime della
tecnica per rotte sempre più disumanizzanti, aumenta
il rifiuto generale, motivato dalle conseguenze negative che
porta con sé
Contro
i piedi della statua, grande, brillante e di aspetto terribile,
come appare questo sistema, già scende, dal monte della
storia, una pietra che la trasformerà in polvere che sarà
dispersa dal vento, senza lasciare traccia alcuna. "Il Dio
del cielo stabilirà un Regno che mai sarà distrutto…"
(cfr. Dn 2,31-44).
2
– Una società senza guerra
Un
segnale evidente del cammino verso la nuova epoca, è stata
la mobilitazione mondiale di rifiuto all’invasione intrapresa
contro l’Iraq da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Si
è manifestato un movimento civile mondiali, enormemente
potente, che nella sua convocazione e nei risultati oltrepassa
i movimenti di massa classici, per la sua forza, la coerenza nella
protesta e nella proposta. Abbiamo contemplato il fatto più
massivo della storia dell’umanità. Si è messo in
evidenza che questo modello di sviluppo, per esistere, ha bisogno
di rubare e per rubare deve uccidere. I dirigenti del mondo unipolare
e transnazionale, hanno avuto l’insperata sincerità di
averlo detto e fatto senza nessuna dissimulazione. Questi avvenimenti
rendono evidente il crescente allontanamento che c’è tra
i governi e i popoli, tra la società civile e la società
politica.
Di
fronte alle nuove armi e ai loro enormi e indiscriminati effetti
distruttivi che sorpassano i limiti della legittima difesa, è
necessario esaminare la guerra e la pace con mentalità
totalmente nuova.
"…Dobbiamo
procurare con tutte le nostre forze, preparare un epoca in cui
possa essere assolutamente proibita, mediante un accordo delle
nazioni, qualsiasi guerra. Questo necessità lo stabilimento
di un’autorità pubblica universale riconosciuta da tutti,
con potere efficace per garantire la sicurezza, il compimento
della giustizia e il rispetto dei diritti… La pace deve nascere
dalla fiducia dei popoli e non deve essere imposta alle nazioni
dal terrore delle armi; perciò, tutti devono lavorare perché
la corsa agli armamenti cessi finalmente, perché inizi
già realmente la riduzione degli armamenti, non unilaterale,
ma simultanea, di mutuo accordo, con autentiche ed efficaci garanzie"
(GS 82,1).
Lottare
per la pace significa non solo opporsi alla guerra o prendere
una semplice posizione pacifista; senza prendere una posizione
integrale che, passando dal mettere in questione il sistema capitalista
neoliberale, ci interpelli anche sulla giustificazione della violenza,
come se fosse questa l’unica via per affrontare l’ingiustizia.
Riflettendo seriamente sulla posizione dello stesso Cristo, che
proclamò il suo comandamento nuovo di amare il prossimo
come egli ci amò e di amare persino i nostri nemici (Mt
4,38-48; Lc 6,27-35) si conclude che è la nonviolenza attiva,
la reale alternativa per costruire una società dove convivano
tutti, senza che si debba sacrificare nessuno per conservare la
pace e l’ordine.
Gli
umili e i semplici sono i più aperti a questo messaggio,
poiché essi hanno vissuto nella propria carne la violenza
che si esercita attraverso la guerra e l’ingiustizia. La non violenza
che ci invita a stare a fianco delle vittime generate da qualsiasi
sistema, governo società o comunità. Gesù
ci chiama ad essere loro difensori sebbene per fare ciò
dobbiamo ripercorrere il suo stesso cammino: quello della croce.
La domanda che Dio ci farà alla fine della nostra esistenza
sarà: da che parte siamo stati, chi abbiamo difeso, per
chi abbiamo optato. Domande che nessuno, nemmeno i potenti, potranno
eludere alla fine della loro vita (Mt 25,31-46).
III
– Un altro mondo è possibile
Le
conseguenze negative del nostro sistema neoliberale, hanno spinto
la manifestazione crescente del rifiuto allo stesso. "Il
sistema accentua tutti i giorni e tutte le notti il suo carattere
genocida, distruggendo le condizioni di vita e di dignità
dell’umanità presente e minacciando la sopravvivenza dell’umanità
futura". Dentro lo stesso sistema "cresce incessantemente
il carattere ecocida, che contamina e distrugge la natura e porta
fatalmente verso una catastrofe ambientale. Un’alternativa è
urgente perché il sistema non si limita a distruggere la
vita, ma soffoca anche le ragioni di vivere, operando come un
rullo compressore di valori, culture e spiritualità"
(2).
E’
impressionante la sola menzione delle numerose manifestazioni
(da Seattle 1999, fino a Cancun 2003) e del crescente numero di
partecipanti, che hanno manifestato il proprio rifiuto al sistema
dominante, la loro convinzione che un altro mondo è necessario,
che un altro tipo di società è possibile ed è
urgente. In modo convergente sono andate tessendosi nel nostro
Messico, in diversi Stati e nello stesso Chiapas, reti di organismi
e associazioni che, con una trasformazione interna, assumono anche
il compito di segnalare cammini nuovi. Tutto è già
uno strepitoso grido che in mezzo a grande sofferenza, riesce
ad avere risonanza negli stesso organismi internazionali.
Si
annuncia già una società la cui unità non
abbia un carattere monolitico, come impone la globalizzazione;
ma dove si comprende ed esercita il diritto ad essere soggetto
della propria storia e si accettino le identità specifiche;
dove si riconosca l’autonomia delle nazioni e dei popoli originari
con la loro unità e la loro diversità. Questa nuova
società si caratterizzerebbe mediante l’accettazione della
rivendicazione del diritto di autodeterminazione, che significa
riscatto dell’identità culturale con i suoi valori e che
suppone il recupero della memoria storica; autodeterminazione
che esige un modello alternativo al neoliberismo, in cui i protagonisti
siano gli stessi popoli; autodeterminazione che chiede l’integrazione
e l’uguaglianza della donna.
In
questo nuovo modello di unità devono scomparire le disuguaglianze
indebite, i più deboli devono essere protetti dagli altri
e, come nel corpo, tutti i membri devono procurare il bene comune,
animati dallo stesso spirito (Cfr. 1Cor 12,12-31).
"La
nostra salvezza è ora più vicina… la notte è
avanzata; il giorno è vicino" (Rm 13,11).
4
– Emergenza dei "poveri"
Nell’insieme
dei segnali o delle diverse manifestazioni mondiali che stanno
realizzando la costruzione di un altro mondo, emerge l’emergenza
dei "poveri", dei "popoli indigeni" e dei
movimenti sociali. La povertà acutizzata da questo sistema
dominante, provoca un processo collettivo di presa di coscienza
della globalizzazione dei diritti umani. Mentre in alto si globalizza
il potere, in basso si globalizzano i diritti e si articolano
i movimenti sociali.
La
gente non solo contempla le differenze sociali in cui essa vive,
ma anche, ascoltando i messaggi egualitari, alimenta una legittima
aspirazione d’incrementare i propri "standard" di vita;
per cui la dimensione etica dei diritti economici, sociali e culturali,
supera già i limiti di una determinata località,
di una nazione o di una regione. Si da così un’irruzione
generalizzata dei poveri dentro il processo di globalizzazione
con la coscienza chiara che bisogna cambiare questo sistema e
che ci sono alternative per cambiarlo.
Si
visualizza con speranza la forza globalizzatrice degli esclusi,
che non accettano che questo sistema sia quello definitivo, ma
che esprimono veementemente che un altro sistema, dove la giustizia
e la verità risplendano, è urgente e possibile.
Sistema in cui il costitutivo non sia la concentrazione del lucro,
ma la distribuzione delle risorse; in cui non sia l'individualismo
egoista, ma la dimensione comunitaria ed il rispetto alla dignità
umana ciò che sta a capo del valore economico.
I
poveri e i popoli indigeni, sono espressione chiara della presa
di coscienza dell’identità etnica e culturale opposta alla
omogenizzazione, a cui ci conduce la globalizzazione attuale;
essi sono gli attori efficacemente presenti nella trasformazione
dei vari paesi del continente; essi stanno iniettando dosi di
"valore comunitario" ad un sistema infettato da un nocivo
individualismo; essi inalberano la bandiera della dignità
umana e del diritto individuale e collettivo, negato da questo
sistema neoliberale; essi sono il tronco che conserva la speranza
della costruzione di una società alternativa, fondata sul
riconoscimento e il rispetto della differenza e sono "il
resto" che ha una visione che guarda alla diversità
come ad un insieme di nuove ricchezze e potenzialità per
lo sviluppo umano. Questo non è un sogno irreale e irresponsabile;
ma un grido di speranza che racchiude la proposta menzionata e
agglutina già il sentire di milioni di uomini, ed è
la risposta dei movimenti sociali alla globalizzazione.
Quando
Cristo, il Figlio di Dio, si fece uomo e, soprattutto nella sua
passione e morte, giunse alla massima espressione della povertà,
ci diede la ragione per la quale i poveri meritano un‘attenzione
preferenziale, qualunque sia la situazione morale o personale
in cui si trovano. Sono i poveri i primi destinatari della missione
e la loro evangelizzazione è per eccellenza il segnale
e la prova della missione di Gesù (Puebla 1142).
Assume
così, ai nostri occhi, valore storico la parola di Gesù:
"dei poveri è il Regno dei cieli" (Lc 6,20).
5
– Solidarietà mondiale
Siamo
testimoni di una insperata e reciproca solidarietà mondiale.
Si è giunti a questo momento da un processo graduale che
ha avuto varie tappe. Riunioni, incontri, fori… hanno reso comune
l’analisi che evidenzia la relazione di causalità strutturale
e dominatrice, con cui il sistema neoliberale vincola il primo
mondo con il terzo, negli aspetti economici e politici.
"Ma
la nuova solidarietà internazionale si caratterizza per
la coscienza della convergenza su scala mondiale delle sofferenze,
problemi, rivendicazioni e speranze che caratterizzano l’era della
globalizzazione neoliberale. Era in cui si sta trasformando profondamente
il senso del conflitto Nord – Sud, dato che si stanno costituendo
e rafforzando zone di Sud all’interno del Nord e del Nord all’interno
del Sud. La solidarietà internazionale, pertanto non è
più ora il sostegno di una causa giusta ma lontana; è
una mobilitazione, imposta dai processi di globalizzazione, in
una battaglia comune di dimensioni mondiali, contro il neoliberismo,
nella quale è in gioco il futuro dell’umanità!"
(3). L’avvenimento tragico delle torri gemelle – 11 settembre
2001 – e le decisioni che a partire da quell’evento si sono prese,
hanno stimolato la coscienza che "primo", e "terzo
mondo" navighino nella stessa barca e che le conseguenze
negative di questo sistema chiedano urgentemente a voce alta un
cambiamento della società.
Dal
terzo mondo si sta offrendo all’umanità una visione alternativa
ed un progetto di umanizzazione dell’economia e delle relazioni
internazionali, che sono un apporto incalcolabile per le società
che credono di avere tutto. Tutto ciò ci fa percepire non
solo la vulnerabilità e la caducità del sistema
imperante, ma che è già avviata la costruzione di
un mondo nuovo nel quale gli emarginati sono i protagonisti e
vediamo che coloro che erano considerati gli ultimi, saranno i
primi (Lc 13,29ss).
6
– Corresponsabilità politica
Abbiamo
visto che in molti modi si è manifestata un’effervescenza
della società messicana e che, insperatamente, in un processo
intenso degli ultimi due anni numerose organizzazioni sociali
e civili hanno deciso di cercare nuove forme di unità e
articolazione, motivate inizialmente per la solidarietà
con gli avvenimenti del Chiapas e poi stimolate dalla reazione
mondiale di rifiuto alla guerra. Così sorge un movimento
della società civile contro il sistema neoliberale, che
viene sviluppando una febbrile attività di riunioni e di
attività coordinate di crescente vigore.
Dall’altra
parte non si può nascondere la corresponsabilità
politica generalizzata, negli individui, nelle corporazioni, nei
settori, negli organismi, nei paesi e nei villaggi, che stanno
agendo per reclamare e difendere i propri diritti; così
come nella solidarietà con coloro che sono vittime di soprusi,
soffrendo essi stessi umiliazioni e violenze. L’apatia generalizzata
della popolazione si consumò nel passato. Ora esiste un
potenziale di speranza che si va agglutinando, cosciente della
propria responsabilità storica.
7
– Una nuova organizzazione sociale in marcia
Avendo
evidenziato il divorzio tra popolo e le autorità nelle
diverse nazioni, si vede la possibilità reale che i processi
elettorali, invece che essere realizzati mediante i partiti politici,
lo siano piuttosto attraverso meccanismi civili alternativi. Questo
esigerà dalla società civile che continui ad organizzarsi
in reti di raggruppamenti civili e gli permetterà una presenza
più attiva della rappresentazione partitaria, con la possibilità
di un dialogo più reale e costante con le autorità,
e non limitato unicamente ai tempi elettorali. Sarà un
avanzamento nel processo di democratizzazione, nel quale la corresponsabilità
e la partecipazione della comunità si vivranno più
profondamente.
Questo
processo di cambiamento non lo scrutiamo come se dovesse avvenire
in maniera repentina, ma constatiamo come vadano di pari passo
i diversi attori nell’insieme del movimento. Vediamo questi avvenimenti
con "…la convinzione che lo Spirito del Signore, come artefice
della speranza cristiana, va spiegando la sua forza e la sua sapienza
nella comunità che discerne e si renda presente nelle iniziative
che assumono la persona come valore supremo della creazione"
(4).
8
– La Pace con Giustizia e Dignità
Inquadrato
nel nuovo contesto mondiale, si compie il decimo anniversario
del conflitto armato non risolto che ha inciso sull’evoluzione
della nostra patria.
E’
evidente sotto ogni aspetto che, nonostante non si sia risolto
il conflitto nelle sue cause, lo sforzo per costruire la Pace
con Giustizia e Dignità "nel quale gli attori sono
stati molteplici e diversi, è un patrimonio comune di tutta
la nazione e ha portato progressi, successi e una nuova coscienza.
Senza essere l’unico fattore, il sollevamento del EZLN e la sua
posteriore evoluzione politica hanno favorito la coscienza e l’organizzazione
di molti popoli indigeni del Messico; hanno facilitato il sorgere
di una nuova coscienza nel paese rispetto ai diritti e al significato
degli indigeni; hanno animato la crescita e la partecipazione
della società civile; hanno sfidato la società politica
a cercare nuove strade; hanno inciso in alcuni dei pochi processi
nella riforma dello stato; hanno reso più visibile la necessità
di trasformazione delle istituzioni e delle relazioni sociali
ed economiche; hanno evidenziato le gravi deficienze del sistema
politico messicano e il lungo cammino che resta da percorrere
per avere una democrazia degna; hanno esigito una risposta responsabile
(ancora proposta) alle cause del conflitto da parte dei poteri
dello stato; hanno messo in discussione le chiese sulla disponibilità
storica nella ricerca della giustizia; hanno posto all’attenzione
internazionale il tema dei popoli indigeni nel mondo e la denuncia
del sistema neoliberale e delle sue conseguenze.
Ciò
nonostante, insistiamo, i progressi del Messico in questo decennio
sono patrimonio di tutte le persone e istituzioni che hanno offerto
il loro contributo, tanto nel processo della Pace come nelle molteplici
lotte politiche e sociali che hanno avuto luogo.
Un
avanzamento necessario verso la Pace per il Chiapas e per il Messico
richiede la volontà di tutti (manifestata coi fatti) di
impartire la giustizia, di sradicare l’impunità, di evitare
la violenza, di vivere la congruenza tra i principi e le azioni.
Questo
già è presente a livello embrionale, al punto che
possiamo dire che "il Regno di Dio è già in
mezzo a noi, ma ancora "nel mistero" e in crescita.
E’ come un seme impercettibile, come lievito nella massa, come
il grano nella zizzania…" (5).
9
– Dialogo interreligioso
I
fenomeni migratori, prodotto della globalizzazione e dei conflitti
bellici, così come la manifestazione crescente della presa
di coscienza dell’identità etnica, stanno rendendo imprescindibile
un dialogo interreligioso, al di la del dialogo ecumenico che
si realizza tra cristiani.
In
effetti: siamo testimoni di come da alcuni anni si viene incrementando
lo spostamento della popolazione latinoamericana e caribegna (incluso
un numero crescente d’indigeni), maggiormente verso gli Stati
Uniti e il Canada, allo stesso modo per situazioni economiche,
per tensioni politiche, convulsioni belliche crescono anche le
migrazioni dai paesi dell’Est e dell’Africa verso l’Europa.
Al
tempo stesso, emergono gli aborigeni come "soggetti"
della loro storia, coscienti della propria identità etnica,
largamente sconosciuta e calpestata, per recuperare la propria
lingua e valori culturali, ciò che è richiesto dalle
loro religioni precolombiane, ancora vigenti, e dal cristianesimo,
un dialogo che non c’è stato per 500 anni; e, intanto,
si cerca d’imporre al mondo una lettura falsa che spieghi il terrorismo
come il risultato di una intransigenza religiosa. Tutto ciò
rafforza le iniziative di un dialogo tra le religioni, che sta
già avvenendo.
"Le
questioni che preoccupano le chiese" dei due terzi del mondo
"si sono gradualmente trasformate in preoccupazioni di prima
importanza per l’agenda teologica di tutto il mondo". Inoltre:
da una parte, le situazioni che preoccupano nel "terzo mondo"
la teologia della liberazione sono sorte in segmenti depressi
della stessa società del primo mondo; mentre, dall’altra,
l’incontro delle culture e delle religioni si sta trasformando
in un fatto concreto nelle stesse nazioni del primo mondo, ciò
fa si che il dibattito teologico sulle altre religioni, si sia
convertito in un interesse primario all’interno delle stesse chiese
del mondo occidentale. L’emergenza dei poveri e l’opzione per
essi interpellano finalmente i membri di tutte le religioni.
Coscienti
che dobbiamo riconoscere gli atteggiamenti negativi che abbiamo
avuto per quasi venti secoli verso le altre religioni, c’è
un enorme cambiamento per il quale stiamo passando negli ultimi
anni, riflettendo sulle principali questioni suscitate dal pluralismo
religioso, soprattutto sul ruolo positivo delle altre religioni
per la salvezza dei loro membri. Che si è già trasformato
in oggetto di riflessione teologica sotto l’aspetto della "storia
della salvezza". Dobbiamo in fine menzionare le "prassi"
recenti inspirate alle posizioni teologiche del Concilio Ecumenico
Vaticano II. Dato che i cristiani e i membri delle altre tradizioni
religiose partecipano della realtà del Regno di Dio, sono
anche destinati a costruirlo insieme, nella storia, fino alla
sua pienezza teologica. In questo contesto il dialogo ha una dimensione
costitutiva di evangelizzazione che ci porta a riconoscere la
forza unificatrice dello Spirito, attiva nella orazione sincera
dei membri delle diverse religioni (6).
10
– Le sfide della speranza
Tutti
questi segnali ci stanno chiedendo nuovi compiti:
-
Aderire,
anzitutto, a ciò che ci domandano questi segnali, perché
sono segni del "passaggio di Dio" nella storia,
manifestano la sua presenza e ci guidano verso l’avvento del
suo Regno.
-
Lavorare
instancabilmente per stabilire la giustizia e il diritto su
un nuovo ordine mondiale, per consolidare una Pace inalterabile
e duratura, e così scongiurare definitivamente il flagello
della guerra.
-
Continuare
a costruire il nuovo modello dell’unità, nel rispetto
delle differenze e dei diritti dei più piccoli, nella
società come in seno alle differenti confessioni religiose.
-
Appoggiare
i compiti di protezione e conservazione della terra, casa
comune ed eredità per le generazioni del secolo appena
iniziato.
-
Partecipare,
a partire dalla posizione sociale e religiosa che abbiamo,
alla costruzione di questo "altro mondo è possibile".
-
Partecipare
agli sforzi locali, nazionali e internazionali che vanno per
sentieri di luce e speranza rinnovata.
-
Lavorare
infaticabilmente per il riconoscimento dei diritti umani.
-
Collaborare
con il Padre in questa Nuova Ora di Grazia: nella sua opera
sempre creatrice e sempre redentrice, manifestata in questi
teneri germogli che promettono frutti buoni e abbondanti…
A
Maria Santissima di Guadalupe, Madre nostra e Regina di questo
continente, chiediamo che continui ad ascoltare le nostre suppliche,
ad asciugare il nostro pianto e ad accompagnarci nella costruzione
del tempio della Nuova Società, nella quale gli emarginati
hanno riservato un luogo speciale.
+
Samuel Ruiz Garcia
Vescovo Emerito di San Cristóbal de Las Casas, Chiapas
Querétaro,
Qro 25 gennaio 2004
Note:
-
–
Giovanni Paolo II, Pastores Gregis, n°1, 16 ottobre 2003
-
–
Giulio Girardi, Resistenza e Alternativa. Edizioni Punto Rosso,
pag. 13,§2
-
–
Giulio Girardi, Resistenza e Alternativa. Edizioni Punto Rosso,
pag. 200 § 4
-
–
Globalizzazione e Nuova Evangelizzazione in America Latina
e nel Caribe. CELAM 1999 -2003. n°
523
-
–
Globalizzazione e Nuova Evangelizzazione in America Latina
e nel Caribe. CELAM 1999 -2003. n°
207
-
–
Jacques Dupuis, Verso una Teologia Cristiana del Pluralismo
Religioso Brescia 2000
(traduzione
a cura del SICSAL ITALIA)
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