Mons. Samuel Ruiz García

 


"E se sua figlia sposasse un indios?"

intervento di don Samuel a Ferrara
il 15 febbraio 1998

Con grande cuore saluto tutti quanti. Possiamo cominciare a ricordare l'esperienza di discriminazione che mi ha riguardato ed ho vissuto. Camminavo per strada ed ho incontrato due donne che camminavano su un marciapiede e dal secondo piano di un palazzo vidi cadere dell'acqua fredda sopra le due donne che mangiavano arachidi. Gli indigeni, sono quasi obbligati a scendere dal marciapiede e poi essere sulla strada per evitare poi le auto, trasportando tutte le loro merci, avendo la sensazione di dare disturbo al traffico. Le persone mi dicono "Signor Vescovo noi amiamo gli indigeni perché senza di loro non possiamo andare avanti nel mercato con il loro lavoro". Allora ho chiesto "Cosa succederebbe se sua figlia sposasse un tedesco e lei andasse a trovarla presso il marito?" "E poi cosa farebbe se la seconda volesse sposare un francese?" Lui rispose "Beh! Signor Vescovo bisogna andare in contro alla volontà delle nostre figlie!" "E cosa succederebbe se la terza si sposasse con un Indios?" Non feci in tempo a dirlo che saltò su dalla sedia ed io "Perché nessun problema con gli altri due?" "Questa è discriminazione, discriminazione pratica!" Ebbi una dimostrazione pratica della discriminazione nel caso di una assunzione di status da parte di un Indios. Venne un Indios con il suo padrone: era lì per chiedere una messa ma non parlò mai con me, parlava sempre il suo padrone. Nonostante io gli parlassi nella sua lingua, rispondeva per lui sempre il suo padrone. Io rimasi traumatizzato da questo fatto. Visitando anche le case ho trovato delle cose molto vergognose, per esempio se c'era un bambino che cercava di attirare l'attenzione quando qualcuno arriva per una visita ad una casa, solitamente i bambini sono messi in disparte, i bambini non sanno come dire "Ci siamo anche noi!", e allora lanciano cose, gridano..... e spesso la risposta degli adulti era "Vattene Indios!" ... Dunque crescono con questa situazione dentro. C'era un giorno in una Chiesa una mamma con un bimbo meticcio, che aveva due anni, poi c'era una mamma con un bimbo indigeno, seduta per terra ... Il meticcio è andato dall'altro e lo ha colpito, l'altro si è messo a piangere. La madre Indios ha preso il suo piccolo in braccio ed un vicino gli ha offerto un cioccolatino... Il bimbo prima di assaggiarlo lo ha voluto offrire. Ho visto due mondi: uno comunitario e uno egoista. Questa è la situazione che perdura da cinquecento anni. Subito dopo l'arrivo degli spagnoli in America Latina, anche se i primi spagnoli erano ammirati dal mercato e dalla organizzazione Azteca, questo è durato poco, visto che nelle università cattoliche poi discutevano se gli Indios erano capaci di decidere. L'ideologia dominante è presente ancora oggi e noi ne siamo eredi. E vengono fuori le domande sul Chiapas. "Chi muove gli Indios? Chi li organizza?" E si fa l'esaltazione di Marcos per dire che gli altri non valgono nulla. Io ho duecento diaconi indigeni e quando diamo la comunione vi sono persone che cambiano fila per non ricevere la comunione dalle mani di un Indio. Quindi quando parliamo di Indios dobbiamo essere coscienti di questa situazione. Il I° Gennaio 1994 quando è cominciata l'insurrezione che partiva da quattro municipalità, dopo che il crollo del prezzo del caffè era stata l'ultima ingiustizia che avevano nel loro animo. Io li ho visti per due giorni a San Cristobal e ho visto Marcos con la sua tipica pipa. Lì hanno fatto un pronunciamento e hanno tirato via il materiale della municipalità per protesta e la gente di San Cristobal si portava via computer etc. era azione di protesta contro l'ingiusta amministrazione della giustizia. La gente si avvicinava e dialogava con questi piccoli guerriglieri e il loro alto comandante. La comunicazione era molto fresca, molto tranquilla. Il giorno dopo che gli zapatisti si sono allontanati e arrivato l'esercito con le macchine prepotenti, i Tank erano lì nella piazza e la gente della classe media parlava contro gli Indios e della rivoluzione "ingiusta" quando invece si domandavano cose giuste e sono accettate dalla popolazione del Messico. Queste contraddizioni si vivono ancora oggi. Piuttosto che parlare degli accordi di San Andres e della loro applicazione, la difficoltà è accettare l'esistenza degli Indios e i loro diritti che sono quelli di una cittadinanza anteriore alla configurazione messicana. Io ho imparato come gli altri che noi siamo nati non con l'esistenza degli Indios, ma nel momento della conquista. Definendo la nostra cittadinanza senza alcun riferimento alla composizione etnica antecedente. La nostra pelle denuncia che non siamo spagnoli puri. Pochi sono quelli che non si sono mischiati. Tutti noi siamo con una percentuale di sangue indigeno, una identità non riconosciuta. Questa è una spiegazione della tragedia nel Messico. Non abbiamo un'identità ben chiara, diciamo che non siamo indigeni ma dobbiamo riconoscere la discendenza. Gli Indios non hanno questa frattura. Se voi incontrate un Indios a San Cristobal e domandate "Tu chi sei?" " Io? Io sono Sinacatenco!" "Allora non sei messicano?" "Io sono medio Sinacatenco e sono indio messicano.-" Allo stesso tempo riconoscete questa identità come messicano ma di un gruppo con specifici indicazioni, valori e cultura differenti da altri. Questo è un problema che è al centro della accettazione degli accordi di San Andres. Vi si dice, molto bello, che il Messico ha perso una ricchezza grande quando ha riconosciuto come parte integrante del paese i gruppi indigeni che sono la matrice della nascita della nostra cittadinanza. E gli indigeni hanno detto "Mai un Messico senza di noi!" "Noi siamo anteriori, domandiamo non solo tolleranza e rispetto dei nostri valori, ma domandiamo il riconoscimento del fatto che siamo nel paese una nazione pluriculturale, non una monoculturale con una maggioranza che tollera l'esistenza di altri gruppi". "Questo non la vogliamo perché siamo anteriori alla costituzione della nazione".MIGUEL (segretario del CONAI): Per ricollegarmi alla riflessione che sta facendo Don Samuel, vorrei ricordare che le prese di posizione del movimento zapatista non sono rappresentative di tutto il movimento indigeno messicano. E anche se riconoscono la loro matrice indigena e si battono per l'autonomia, quello che è importante è che hanno convocato il resto della società messicana per lottare per un cambiamento democratico. Siamo coscienti che la pace si ottiene non facendo appello solo agli indigeni. Perché sì insaturi, la pace in Chiapas e gli Indios siano protagonisti della vita politica messicana questo problema deve diventare una questione nazionale. Quello del Chiapas non è un vecchio conflitto, non è una vecchia guerriglia, non una vecchia rivendicazione indigena, ma ci si trova di fronte ad un nuovo conflitto contro la globalizzazione. La lotta zapatista e indio non è solo un problema messicano. E se parliamo di globalizzazione non possiamo solo vederne gli aspetti negativi ma anche quelli positivi, quelli di una società democratica. Il dato di fatto è che non si da spazio al problema indigeno e questa è la prima sfida.DON SAMUELE RUIZ: L'apporto segretario del CONAI incide su ciò che parlavamo. Quello che si deve riconoscere in quello che il Papa nel Maggio 1993 ha dette in Yucatan è che "Gli Indios sono soggetti della loro storia non oggetti". Questo è stato sorprendente, perché il Papa aveva parlato parecchie volte nel suo viaggio su cultura, diritti dei popoli, proprietà della terra, contro la discriminazione e noi volevamo qualche chiarimento sulla teologia indigena ma non ci aspettavamo questo discorso forte, squassante quando ha detto "Vai" perché si rivolgeva agli Indios rappresentanti di tutto il continente. Ha poi promesso di tornare a parlare alla CELAM ho sentito questa parola grande : "Voi siete il soggetto della evangelizzazione di questo continente"... E' stato un poco strano, dire che gli indigeni erano responsabili della evangelizzazione dei loro compagni era comprensibile, ma dire che sono responsabili della evangelizzazione di tutto il continente è un po' troppo. Seconda affermazione, contro le leggi della sociologia, "E voi siete responsabili della trasformazione integrale del continente"... Questo era molto più forte della prima affermazione, in quanto si diceva che lottare per la dignità culturale indio me lo dicevano alcuni collaboratori, era ritardare l'annessione e l'unità tra Indios e operai nel processo di produzione. Gli Indios sono però marginalizzati, fuori dal sistema, loro non possono influenzare il processo in quanto marginalizzati mentre gli operai sono al centro di questa produzione. E quindi bisogna soprattutto renderli coscienti della loro condizione di oppressione. Se coscienti di questa oppressione possono unirsi in una causa comune agli operai. Dunque il Papa ha invitato all'uso di mezzi pacifici senza aspettare altri. Il Papa riconosceva l'emergenza Indios nei 500 anni dalla scoperta delle Americhe. Anche perché gli Indios andarono dal Papa prima di una celebrazione maestosa e chiesero "Cosa si celebra? L'inizio della nostra tristezza, della nostra schiavitù, della perdita delle nostre terre?... Se è questo che vuole celebrare, si celebra non l'inizio della nostra vita ma quello della nostra morte!". Ed anche la Spagna che voleva rinviare la caravelle ha rinunciato. In Ecuador abbiamo saputo che gli Indios si sono organizzati per essere presenti simultaneamente in tutte le città ed hanno contribuito a far cadere il presidente non voluto. Senza una sola sparatoria. Ma nessuno poteva sapere di questa loro decisione, neppure i sacerdoti. Io racconto questo in quanto il Vescovo Victor Poral, successore di Mons. Proano, doveva essere in Messico con noi e scrisse "Devo restare perché gli Indios hanno occupato la cattedrale di Quinto e devo essere qui non per vigilare sulla mia cattedrale ma per offrirla loro!"...E lo ha fatto!! E' restato lì per dire entrate nella vostra casa, prendetene possesso. E così questa presenza attiva degli Indios, nuova presenza nella storia, è presente non solo per domandare rispetto ma offrendo i propri valori e cultura per un apporto alla trasformazione della nostra società. Questo appare anche in Chiapas. Gli ultimi avvenimenti, la strage di Acteal, dove 45 Indios in maggioranza bambini, donne e qualche vecchio, spostati dal loro villaggio dai militari, non è stato un incidente, ma un modo per provocare l'insurrezione dei municipios autonomos previsti dagli accordi di San Andres, anche se non realizzati. L'EZLN ha creato i municipios autonomos e l'esercito per scoraggiare tale azione ha chiesto corpi paramilitari nel nord. Così le autorità non sono lontane dagli spostamenti delle comunità e la strage voleva impedire la creazione di altri municipi autonomi. Ho ricevuto, prima di partire, una lettera per una celebrazione. Si trattava di dare l'immagine di un catechista modello per la comunità. Le 8 diocesi hanno riportato il racconto di un coordinatore di Acteal, morto lì, che gridava agli altri mentre venivano uccisi......"Perdonate tutti quanti, non dovete avere nel vostro cuore!"Quando è caduta anche sua moglie lui le si è avvicinato e poi è morto. Per questo tutti hanno subito parlato di martiri di Acteal. Hanno deciso di fare insieme la sepoltura di tutti i cadaveri ed un monumento. E durante la processione hanno visto 16 tra gli assassini sui camion della polizia e li hanno arrestati. In tutti vi era dolore e speranza e sono venuti ad una processione verso nostra Senora di Guadalupe e vi è stata la testimonianza di un catechista sopravvissuto ad Acteal..... Tutti erano commossi. Lui diceva "Madre, Signora nostra, Tu sei triste nel tuo cuore, hai perso bambini, vecchi. Hai pena e angoscia nel tuo cuore, perciò noi siamo qui per darti gioia nella tua tristezza". Noi veniamo qui non a chiedere ma a dare conforto. Quando si parla di solidarietà, si parla di solidarietà internazionale per sostenere la costruzione della pace, ma anche della donazione che fanno gli indios nella costruzione di una nuova società.



torna alla homepage