Omelia
nelle esequie di padre Rutilio Grande
di
Oscar A. Romero
Ecc.mo
rappresentante di Sua Santità il papa, cari fratelli vescovi,
Sacerdoti e Fedeli:
Poche
volte, come questa mattina, la cattedrale mi appare come segno
della Chiesa universale. Qui vi è la convergenza di tutta
la ricca pastorale di una Chiesa locale che si intreccia con la
pastorale di tutte le diocesi e di tutto il mondo, e allora ci
rendiamo conto che la presenza non solo dei vivi, ma anche di
questi tre morti, conferisce a questa figura della Chiesa, una
prospettiva aperta all'assoluto, all'infinito, all'aldilà:
Chiesa universale, Chiesa che va al di là della storia,
Chiesa che va al di là della vita umana.
Il
messaggio della Chiesa
Se
fosse un semplice funerale parlerei ora - cari fratelli - delle
mie relazioni umane e personali con il padre Rutilio Grande, che
è stato per me come un fratello. In momenti molto importanti
della mia vita mi è stato molto vicino e questi gesti non
si dimenticano mai; tuttavia questo non è il momento di
pensare a fatti personali, ma di raccogliere da questo cadavere
un messaggio per tutti noi che conti-nuiamo il nostro pellegrinaggio.
Il messaggio voglio prenderlo dalle parole stesse del papa, presente
qui nella persona del suo rappresentante, il Nunzio, che ringrazio,
perché dà, alla nostra figura di Chiesa, quel senso
di unità che ora sento nell'arcidiocesi, in queste tra-giche
ore; quel senso di unità, come rapida fioritura di questi
sacrifici che la Chiesa sta offrendo. Il messaggio di Paolo VI,
quando ci parla dell'evangeliz-zazione, ci aiuta a comprendere
Rutilio Grande. "Quale è l'apporto della Chiesa a
questa lotta universale per la libe-razione da tanta miseria?"
E il papa ricorda come nel Sinodo del 1974 le voci dei vescovi
di tutto il mondo, rap-presentate soprattutto dai vescovi del
terzo mondo, grida-vano "la sofferenza di questi popoli affamati,
miseri, emarginati". E la Chiesa non può rimanere
assente in questa lotta di liberazione, ma la sua presenza in
questa lotta, per rialzare, ridare dignità all'uomo, dev'essere
un messaggio, una presenza del tutto originale; una presenza che
il mondo non potrà comprendere, ma che ha in sé
il germe, la potenza della vittoria, della riuscita. Dice il papa:
la Chiesa offre questa lotta liberatrice del mondo, uomini liberatori,
ai quali dà un'ispirazione di fede, una dottrina sociale,
che è alla base della sua prudenza e della sua esistenza,
per essere tradotta in impegni concreti, e soprattutto dà
una motivazione di amore, di amore fraterno.
Una
riunione di fede
Questa
è la liberazione della Chiesa. Perciò il papa dice:
"Non si può confondere con altri movimenti di liberazione
senza orizzonti ultraterreni, senza orizzonti spirituali".
Anzi-tutto un'ispirazione di fede, e così è padre
Rutilio Grande: un sacerdote, un cristiano che nel suo battesimo
e nella sua ordinazione sacerdotale ha fatto una professione di
fede: "Credo in Dio Padre rivelato da Cristo suo Figlio,
che ci ama e ci invita all'amore. Credo in una Chiesa che è
segno di questa presenza dell'amore di Dio nel mondo, dove gli
uomini si danno la mano e si incontrano come fratelli. Un'illuminazione
di fede che la fa distinguere da qualsiasi liberazione di tipo
politico, economico, terreno, che non vada al di là di
ideologie di interessi e di cose che restano sulla terra".
Mai, fratelli, a nessuno di coloro che sono qui presenti, venga
in mente che questo nostro essere riuniti intorno al padre Grande
abbia un tono politico, sociologico o econo-mico. Niente affatto:
è una riunione di fede. Una fede che attraverso il suo
corpo morto nella speranza, si apre verso orizzonti eterni.
La
lotta liberatrice della Chiesa
La
liberazione che padre Grande predicava è ispirata alla
fede, una fede che ci parla di una vita eterna, una fede che ora
egli, con il viso rivolto al cielo, accompagnato da due contadini,
offre nella sua totalità, nella sua perfezione, la liberazione
che culmina nella felicità in Dio; la liberazione che prende
avvio dal pentimento del peccato, la libera-zione che si appoggia
a Cristo, unica forza salvatrice; questa è la liberazione
che ha predicato Rutilio Grande, e per questo ha vissuto il messaggio
della Chiesa. Ci dà uomini liberatori con una ispirazione
di fede e, allo stesso tempo, ci dà la stessa ispirazione
di fede. In secondo luogo, uomini che pongono alla base della
loro prudenza e della loro esi-stenza, una dottrina: la dottrina
sociale della Chiesa. La dottrina sociale della Chiesa che dice
agli uomini che la religione cristiana non ha soltanto un senso
verticale, spiritualista, che dimentica la miseria che li circonda.
È un guar-dare Dio, e da Dio guardare il prossimo come
fratello e sentire che "tutto ciò che farete a uno
di questi lo avrete fatto a me". Una dottrina sociale che
magari fosse cono-sciuta dai movimenti sensibili alle questioni
sociali. Evite-rebbero insuccessi, miopie, la miopia che non lascia
vedere che le cose temporali, le strutture temporali. E fintanto
che non si viva una conversione del cuore, una dottrina che si
illumina con la fede per organizzare la vita secondo il cuore
di Dio, tutto sarà debole, rivoluzionario, passeggero,
vio-lento. Nessuna di queste cose è cristiana, lo sono
quelle che prendono vita dalla vera dottrina che la Chiesa propone
agli uomini: come sarebbe luminoso il mondo se tutti pones-sero
alla base della propria esistenza, dei propri impegni concreti,
anche delle proprie preferenze politiche, degli affari, la dottrina
sociale della Chiesa! Questo predicava padre Rutilio Grande e
poiché spesso tale dottrina non è compresa, fino
a giungere all'assassinio, per questo è morto padre Rutilio
Grande. Una dottrina sociale della Chiesa che è stata confusa
con una dottrina politica che dà fastidio al mondo; una
dottrina sociale della Chiesa che si vuol calunniare come sovversiva,
con altre cose che sono molto lontane dalla prudenza che la dottrina
della Chiesa pone alla base dell'esistenza.
Unità
del clero con il proprio vescovo
Cari
fratelli sacerdoti, questo messaggio di padre Rutilio Grande è
di estrema importanza per noi. Raccogliamolo e, alla luce di questa
dottrina e di questa fede, lavoriamo uniti. Non dividiamoci con
ideologie progressisticamente pericolose, con ideologie non ispirate
alla fede nel Vangelo. Diamo alla nostra dottrina, al nostro agire
da buoni sama-ritani, da predicatori del comandamento di Cristo,
quella luce che la Chiesa, depositaria della fede, come hanno
detto ieri nel loro messaggio i vescovi del Salvador, sta cercando
di attualizzare in questi momenti misteriosi, convulsi della nostra
repubblica. Sono felice, cari sacerdoti, che tra i frutti di questa
morte, che piangiamo, e di altre difficili circostanze del momento,
il clero si stringa intorno al suo vescovo e i fedeli comprendano
come la luce della fede ci guida per strade molto diverse da quelle
di altre ideologie, che non sono della Chiesa, per seminare quello
che la Chiesa offre: una motivazione di amore. Fratelli, qui non
grida un revan-scismo, come hanno già detto i vescovi ieri.
I nostri inte-ressi sono gli interessi di Dio, che ci dice di
amarlo sopra ogni cosa e di amare gli altri come noi stessi. Ed
è vero che abbiamo chiesto alle autorità che chiariscano
questo crimine: hanno gli strumenti della giustizia e devono chia-rirlo.
Non accusiamo nessuno. Non anticipiamo giudizi. Attendiamo la
voce di una giustizia imparziale, perché nella motivazione
dell'amore non può rimanere assente la giusti-zia, non
ci può essere vera pace e vero amore, sulle basi dell'ingiustizia,
della violenza, degli intrighi. Il vero amore è quello
che ha portato Rutilio Grande alla morte insieme, per mano, a
due contadini. Così ama la Chiesa, muore con loro e con
loro si presenta alla trascendenza del cielo. Li ama, ed è
significativo il fatto che padre Grande è caduto colpito
dagli spari mentre camminava portando il messaggio della messa
e della salvezza. Un sacerdote coi suoi contadini, che cammina
con il popolo per identificarsi con esso, per vivere con lui non
un'ispira-zione rivoluzionaria, ma un'ispirazione di amore e proprio
perché è l'amore quello che ci ispira, fratelli,
chissà... se le mani criminali che già sono incorse
nella scomunica, stanno ascoltando per radio, in un loro covo,
nella loro coscienza, queste parole... Vogliamo dirvi, fratelli
criminali che vi amiamo e che chiediamo a Dio il pentimento per
i vostri cuori, perché la Chiesa non è capace di
odiare, non ha nemici. Sono nemici soltanto coloro che si dichiarano
tali; ma essa li ama e muore come Cristo: perdonali, Padre, perché
non sanno quello che fanno. L'amore del Signore ispirava l'azione
di Rutilio Grande. Cari sacerdoti, raccoglia-mo questa preziosa
eredità. Noi che l'abbiamo ascoltato, che abbiamo condiviso
gli ideali di padre Rutilio, sappiamo che era incapace di predicare
l'odio, che era incapace di aizzare la violenza.
Muore
amando
Padre
Rutilio, forse proprio per questo Dio l'ha scelto per tale martirio:
perché coloro che lo conobbero, noi che l'abbiamo conosciuto,
sappiamo che mai dalla sua bocca è uscito un richiamo alla
violenza, all'odio, alla vendetta. Morì amando e, certamente,
quando sentì i primi colpi annunciatori di morte, poté
dire, come Cristo: perdonali, Padre, non sanno, non hanno capito
il mio messaggio di amore. Cari fratelli, in nome dell'arcidiocesi,
voglio ringraziare questi collaboratori della liberazione cristiana,
padre Grande e i suoi due compagni di pellegrinaggio verso l'eternità,
che stanno dando a questa riunione di Chiesa, con tutto il nostro
caro presbiterio e con sacerdoti di altre diocesi, in unione con
il santo Padre, alla presenza del suo Nunzio, la vera dimensione
della nostra missione. Non lo dimenti-chiamo. Siamo una Chiesa
pellegrina, esposta all'incom-prensione, alla persecuzione; una
Chiesa, però, che cam-mina serena, perché porta
con sé questa forza dell'amore.
Si,
c'è una soluzione
Fratelli,
salvadoregni, quando in questi momenti cruciali della patria sembra
che non esista una soluzione e si vor-rebbero adoperare mezzi
violenti, io vi dico, fratelli - sia lodato Dio - che nella morte
di padre Grande la Chiesa sta dicendo: Sì, c'è una
soluzione, la soluzione è l'amore, la soluzione è
la fede, la soluzione è sentire la Chiesa non come nemica,
la Chiesa come il punto di ritrovo di Dio con gli uomini. Capiamo
questa Chiesa, ispiriamoci a questo amore, vivia-mo questa fede
e vi assicuro che c'è la soluzione per i nostri grandi
problemi sociali. Questo volevo dire, come ringraziamento, anche
in quanto arcivescovo, a tutti quelli che lavorano in questa linea
della Chiesa, illuminatori di fede, animatori di amore, prudenti
diffusori della dottrina sociale della Chiesa. Grazie, cari fratelli,
a tutti quelli che ci sono vicini in quest'ora di dolore.
[San
Salvador, 14 marzo 1977]
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