La
forza spirituale della parola di Mons. Romero
Antologia
di testi introdotti e selezionati da PABLO RICHARD, biblista e
teologo della liberazione
Introduzione
Non
vogliamo scrivere un libro in più su Monsignor Romero.
Ce ne sono tanti e belli. Vogliamo piuttosto che sia lo stesso
Monsignor Romero a parlarci direttamente. Qui presentiamo più
di sessanta brevi paragrafi, con le parole più rappresentative
di Mons. Romero; quelle che ci introducono direttamente nella
sua mente e nel suo cuore di pastore e profeta. Ciò che
ho fatto fu semplicemente di cercare queste frasi e di mettere
un titolo indicativo sopra il loro contenuto. Qui presento in
ordine cronologico le sue parole, dall’anno 1977 fino al 24 marzo
1980. La data tra parentesi permette di trovare il testo completo
nell’edizione delle sue omelie.
Ci
sono due paragrafi delle sue omelie che esprimono fedelmente lo
spirito di questa collezione:
"la
parola resta.
E
questa è la grande consolazione di chi predica.
La
mia voce scomparirà, ma la mia parola che è Cristo
Resterà
nei cuori di quanti lo avranno voluto accogliere" (17.12.78)
"Fratelli,
custodite questo tesoro.
Non
è la mia povera parola a seminare speranza e fede;
è
che io non sono altro che l’umile risuonare di Dio in questo popolo"
(2.10.77).
All’inizio
di questo testo abbiamo messo una breve biografia di Mons. Romero,
pensando a quelli che iniziano solo ora a conoscerlo o come aiuto
alla memoria degli altri. Alla fine, dopo aver letto e "ascoltato"
lo sparo che attraversò il cuore di Mons. Romero ho messo
quella poesia che colpisce sempre di Mons. Pedro Casaldaliga,
dal titolo "San Romero d’America, Pastore e Martire nostro".
E’ la poesia che meglio esprime ciò che uno sente e pensa
dopo aver conosciuto il pensiero di Mons. Romero, dopo aver ascoltato
la sua ultima omelia e aver ascoltato lo sparo che pose fine ai
suoi giorni. Ma un momento: lì non termina questa presentazione.
Ho messo alla fine quel testo profetico perché ci permetta
di continuare ad ascoltare Mons. Romero e ad incontrarlo nella
sua resurrezione. Qui anticipo due frasi di questo testo profetico:
"Se
mi uccidono, risorgerò nel popolo salvadoregno.
Un
vescovo morirà, ma la chiesa di Dio, che è il popolo,
non morirà mai" (marzo 1980).
In
fine, voglio dire che questo lavoro l’ho realizzato con una profonda
gratitudine verso Mons. Romero. In due occasioni, nel 1979 e in
un’altra nel 1980, ebbi un incontro lungo e personale con Mons.
Romero, che segnò definitivamente la mia vita.
Biografia
minima di Mons. Romero
(Ritaglio
e adattamento della biografia presentata in internet dalla Biblioteca
Virtuale Cervantes).
Oscar
Arnulfo Romero nacque in Ciudad Barrios (San Miguel) il 15 agosto
1917. Fu il secondo di otto fratelli di una modesta famiglia.
Suo padre, Santos, era impiegato delle poste e telegrafista e
sua madre, Guadalupe de Jesus, si occupava delle faccende domestiche.
Il Salvador era allora un paese di relativa prosperità
economica (grazie alla coltivazione ed esportazione del caffè),
ma dominato da un potere oligarchico che opprimeva la popolazione
contadina.
In
giovane età dovette interrompere gli studi a causa di una
grave malattia, così che a dodici anni già lavorava
come apprendista in una carpenteria. Il suo ingresso nel seminario
minore di San Miguel avvenne nel 1931. Lì restò
per sei anni, finché dovette interrompere nuovamente gli
studi, questa volta per aiutare la sua famiglia in un momento
di difficoltà economica. Per tre mesi lavorò con
i suoi fratelli nelle miniere d’oro di Potosí, per 50 centesimi
al giorno.
Nel
1937 Oscar entra nel seminario minore di San José de la
Montaña, a San Salvador. Sette mesi più tardi viene
inviato a Roma per proseguire i suoi studi di teologia. Il 4 aprile
1942 viene ordinato sacerdote e continua a Roma gli studi per
iniziare la tesi di dottorato, ma la guerra europea gli impedisce
di terminare gli studi e si vede obbligato a tornare nel Salvador.
Il
suo lavoro come sacerdote inizia nella parrocchia di Anamorós,
per spostarsi poco dopo a San Miguel, dove vi rimane per 20 anni.
In questo periodo, il suo lavoro è quello di un sacerdote
dedicato alla preghiera e all’attività pastorale, ma senza
ancora un impegno sociale evidente. Il paese vive nel caos politico,
dove si succedono i colpi di stato, dove il potere resta quasi
sempre in mano dei militari.
Nel
1966 Mons. Romero fu eletto segretario della Conferenza Episcopale
del Salvador. Inizia così un’attività pubblica più
intesa che viene a coincidere con un periodo di ampio sviluppo
dei movimenti popolari.
La
sua nomina come vescovo ausiliare di Mons. Luis Chavez y Gonzales,
nel 1970, non fu ben visto dai settori più rinnovatori:
Mons. Chavez y Gonzales e Mons. Rivera y Damas (anch’egli vescovo
ausiliare) stavano realizzando i cambiamenti pastorali che il
Vaticano II e la Conferenza di Medellín del 1968 esigevano
per lo sviluppo di un nuovo modo d’intendere il ruolo della Chiesa
Cattolica in America Latina, mentre l’impostazione di Mons. Romero,
nominato anche direttore del periodico Orientación,
era ancora molto conservatrice.
Nominato
vescovo della diocesi di Santiago de Maria, vi si trasferisce
nel dicembre del 1974. Il contesto politico si caratteristica
soprattutto per una speciale repressione contro i contadini organizzati.
Nel giugno del 1975 avvengono i fatti di Tres Calles: la guardia
nazionale assassina cinque contadini. Mons. Romero va a consolare
le famiglie delle vittime e a celebrare una messa. Non fa una
denuncia pubblica di quanto è successo, come gli avevano
chiesto alcuni sacerdoti, ma invia una dura lettera al presidente
Molina.
La
nomina di Mons. Romero ad arcivescovo di San Salvador, il 23 febbraio
1977 è una sorpresa negativa per il settore rinnovatore
che sperava nella nomina di Mons. Rivera y Damas, e una gioia
per il governo ed i gruppi di potere, che vedevano in questo religioso
di 59 anni un possibile freno alle attività d’impegno con
i più poveri che stava sviluppando l’arcidiocesi.
Ciò
nonostante, un fatto successo poche settimane più tardi,
che si rivelerà decisivo nella scalata della violenza sofferta
nel Salvador, chiarisce la futura linea d’azione di Romero: il
12 marzo 1977 viene assassinato il padre gesuita Rutilio Grande,
che collaborava alla creazione di gruppi contadini di auto-aiuto
e buon amico di Mons. Romero.
Il
neo eletto arcivescovo insiste col presidente Molina perché
investighi le circostanze della morte e, di fronte alla passività
del governo e al silenzio della stampa a causa della censura,
minaccia persino la chiusura delle scuole e l’assenza della Chiesa
Cattolica negli atti ufficiali.
La
posizione di Oscar Romero inizia ad essere riconosciuta e valorizzata
a livello internazionale: il 14 febbraio 1978 è nominato
Doctor Honoris Causa dall’Università di Georgetown (JUL);
nel 1979 è candidato al premio Nobel per la pace e nel
febbraio 1980 è nominato Doctor Honoris Causa dall’Università
di Lovagno (Belgio). In questo viaggio in Europa visita Giovanni
Paolo II ed il Vaticano per comunicargli le proprie preoccupazioni
di fronte alla terribile situazione che stava attraversando il
suo paese.
Nel
1980 il Salvador viveva un periodo particolarmente violento, del
quale il governo era senza dubbio uno dei massimi responsabili.
La chiesa calcola che, tra gennaio e marzo di questo anno, furono
assassinati più di 900 civili da parte delle forze di sicurezza,
delle unità armate o da gruppi paramilitari sotto controllo
militare. Tutti sapevano che il governo agiva in stretta relazione
con il gruppo terrorista ORDEN e gli squadroni della morte.
Appena
rientrato dal suo viaggio in Europa, il 17 febbraio, l’arcivescovo
Romero invia una lettera al presidente Carter nella quale si oppone
agli aiuti che gli Stati Uniti stanno offrendo al governo salvadoregno,
aiuti che fino a quel momento avevano favorito soltanto lo stato
di repressione in cui viveva il popolo. La risposta del presidente
statunitense si traduce in una petizione al Vaticano perché
richiami all’ordine l’arcivescovo. Ciò nonostante, in altri
paesi continua il riconoscimento del lavoro di Mons. Romero: nella
stessa data riceve il premio della Pace dell’Azione Ecumenica
Svedese.
Il
cerchio si stringe: alla fine di febbraio Mons. Romero viene a
conoscenza delle minacce di morte contro la sua persona; riceve
anche un avviso di minaccia molto serio da parte del Nunzio Apostolico
in Costa Rica Mons. Lajos Kada e agli inizi di marzo viene danneggiata
una cabina di trasmissione della radio YSAK, la voce panamericana,
che trasmetteva le sue omelie domenicali. Nei giorni 22 e 23 marzo
le religiose che gestiscono l’ospedale della Divina Provvidenza,
dove vive l’arcivescovo, ricevono chiamate telefoniche anonime
che lo minacciano di morte. In fine il 24 dello stesso mese Oscar
Arnulfo Romero viene assassinato da un tiratore scelto mentre
celebra la messa nella cappella di questo ospedale.
Mons.
Romero presente nelle sue parole
1977
La
chiesa: una, santa, cattolica, apostolica… e perseguitata
La
persecuzione è qualcosa di necessario nella chiesa. Sapete
perché? Perché la verità è sempre
perseguitata. Gesù Cristo lo disse: "se perseguitarono
me, perseguiteranno anche voi". E perciò, quando un
giorno chiesero a papa Leone XIII, quell’intelligenza meravigliosa
degli inizi del nostro secolo, quali sono le note che distinguono
la vera chiesa cattolica, il papa disse le quattro già
conosciute: una, santa, cattolica e apostolica. "Aggiungiamone
un’altra – disse il papa – perseguitata". La chiesa che compie
il suo dovere non può vivere senza essere perseguitata.
(29.5.77)
La
parola di Dio nella nostra coscienza
Viviamo
molto al di fuori di noi stessi. Sono pochi gli uomini che veramente
entrano in se stessi e per questo ci sono tanti problemi. Nel
cuore di ciascun essere umano c’è come una piccola cella,
intima, dove Dio scende a parlare da solo con l’uomo. Ed è
lì dove la persona decide il proprio destino, il proprio
ruolo nel mondo. Se ciascun uomo o donna, di quelli che hanno
tanti problemi, in questo momento entrasse in questa piccola cella
e da lì ascoltassero la voce del Signore che ci parla nella
nostra coscienza, quanto potrebbe fare ciascuno di noi per migliorare
l’ambiente, la società, la famiglia in cui viviamo. (10.7.77).
Dio
non cammina su pozzanghere di sangue
Dio
non cammina lì, su pozzanghere di sangue e di torture.
Dio cammina su sentieri puliti di speranza e di amore. (7.8.77)
Io
so di non piacere a molta gente
Se
uno vive un cristianesimo molto buono, ma che non tocca il nostro
tempo, che non denuncia le ingiustizie, che non proclama il Regno
di Dio con coraggio, che non rifiuta il peccato degli uomini,
che acconsente, per stare bene con certe classi, i peccati di
queste classi, non sta compiendo il suo dovere, sta peccando,
sta tradendo la sua missione. La missione è data per convertire
le persone, non per dire loro che va bene tutto ciò che
fanno; e per questo, naturalmente viene presa male. Tutto ciò
che ci corregge, ci prende male. Io so di non piacere a molta
gente, ma so di piacere molto a tutti quelli che cercano sinceramente
la conversione della chiesa. (21.8.77)
Questa
è la chiesa che voglio
Ora
la chiesa non si appoggia su nessun potere, su nessun denaro.
Oggi la chiesa è povera. Oggi la chiesa sa che i potenti
la rifiutano, ma che la amano quelli che ripongono in Dio la loro
fiducia. Questa è la chiesa che voglio. Una chiesa che
non conta sui privilegi ed il valore delle cose terrene. Una chiesa
sempre più slegata dalle cose terrene, umane, per poterle
giudicare con maggior libertà dalla sua prospettiva che
è quella del Vangelo, dalla sua povertà. (28.8.77)
La
ricchezza è un idolo che uccide
Cos’altro
è la ricchezza quando non si pensa a Dio? Un idolo di oro,
un vitello d’oro. E lo stanno adorando, si prostrano davanti a
lui, gli offrono sacrifici. Che sacrifici enormi si fanno di fronte
all’idolatria del denaro! Non solo sacrifici, ma iniquità.
Si paga per uccidere. Si paga il peccato. E si vende. Tutto si
commercializza. Tutto è lecito di fronte al denaro. (11.9.77)
Mi
glorio di stare in mezzo al mio popolo
E’
certo che sono andato a El Jicarón, a El Salitre e molti
altri cantoni; e mi glorio di stare in mezzo al mio popolo e sentire
l’affetto di tutta questa gente che guarda nella chiesa, attraverso
il loro vescovo, la speranza. (25.9.77)
E’
necessario essere razionali e ascoltare la voce di Dio
I
cuori non vogliono ascoltare nemmeno se fosse un morto quello
che verrebbe a dire: stiamo molto male nel Salvador. Questa immagine
tanto brutta della nostra patria non è necessario dipingerla
bene al di fuori. Bisogna renderla bella qui dentro, perché
risulti bella anche fuori. Ma finché ci saranno madri che
piangono la scomparsa dei loro figli, finché avverranno
torture nei nostri centri di sicurezza, finché ci saranno
abusi di corruzione nella proprietà privata, finché
ci sarà questo disordine spaventoso, fratelli, non potrà
esserci pace e continueranno a succedere fatti di violenza e di
sangue. Con la repressione non si risolve niente è necessario
essere razionali e ascoltare la voce di Dio e organizzare una
società più giusta, secondo il cuore di Dio. (25.9.77)
La
Bibbia e i segni dei tempi
Oltre
alla lettura della Bibbia, che è parola di Dio, un cristiano
fedele a questa parola deve leggere anche i segni dei tempi, gli
avvenimenti, per illuminarli con questa parola. (30.10.77)
Un
linguaggio che semina speranza
Fratelli,
volete sapere se il vostro cristianesimo è autentico? Qui
c’è la pietra di paragone. Con chi state bene? Chi sono
quelli che vi criticano? Chi non vi accetta? Chi vi lusinga? Saprai
allora che Cristo un giorno disse: "non sono venuto a portare
la pace ma la divisione e vi sarà divisione persino nella
stessa famiglia", perché alcuni vogliono vivere più
comodamente, secondo i principi del mondo, del potere e del denaro
e altri, al contrario hanno compreso la chiamata di Cristo e devono
rifiutare tutto ciò che non può essere giusto nel
mondo. (13.11.77)
La
parola porta la forza della verità
La
parola è forza. La parola, quando non è menzogna,
porta la forza della verità. Per ciò ci sono tante
parole che non hanno forza adesso nella nostra patria, perché
sono parole di menzogna, perché sono parole che hanno perso
la loro ragion d’essere. (25.11.77)
Vogliamo
essere la chiesa che porta il Vangelo autentico
Un
Vangelo che non tenga conto dei diritti degli uomini, un cristianesimo
che non costruisca la storia della terra, non è l’autentica
dottrina di Cristo, ma semplicemente uno strumento del potere.
Lamentiamo che in qualche periodo anche la nostra chiesa sia caduta
in questo peccato; ma vogliamo modificare questo atteggiamento
e, secondo questa spiritualità autenticamente evangelica,
non vogliamo essere giocattoli dei potenti della terra, ma vogliamo
essere la chiesa che porta il Vangelo autentico, coraggioso, di
nostro Signore Gesù Cristo, anche quando fosse necessario
morire come Lui sulla croce. (27.11.77)
La
chiesa aspetta una liberazione cosmica
La
liberazione che la chiesa aspetta è una liberazione cosmica.
La chiesa sente che è tutta la natura a gemere sotto il
peso del peccato. Che belle piantagioni di caffè, che bei
canneti, che bei campi di cotone, che campi, che terre, che Dio
ci ha dato! Che bellissima natura! Ma quando la vediamo gemere
sotto l’oppressione, sotto l’iniquità, l’ingiustizia, l’aggressione,
allora duole alla chiesa e questa attende una liberazione che
non sia solo il benessere materiale ma il potere di un Dio che
libererà dalle mani peccatrici dell’uomo una natura che,
insieme agli uomini redenti, canterà di felicità
nel Dio liberatore. (11.12.77)
Ci
sono molti templi, ma ciò che porta siete voi
Fratelli,
non valutiamo la chiesa per quantità della gente, né
valutiamola per edifici materiali. La chiesa ha costruito molti
templi, molti seminari. Ciò che importa siete voi, le persone,
i cuori, la grazia di Dio che ridà la verità e la
vita di Dio. Non valutatevi per la moltitudine, ma per la sincerità
del cuore con cui seguite questa verità e questa grazia
del nostro Divino Redentore. (19.12.77)
1978
La
chiesa non vuole la massa, vuole il popolo
Dio
vuole salvarci come popolo. Non vuole una salvezza isolata. Da
ciò la chiesa di oggi, più che mai, sta accentuando
il senso del popolo e perciò la chiesa soffre conflitti.
Poiché la chiesa non vuole la massa, vuole il popolo. Massa
è l’insieme della gente quanto più addormentata,
tanto meglio; quanto più conformista, ancora meglio. La
chiesa vuole risvegliare nelle persone il senso d’essere popolo.
(5.1.78)
Come
sapere se Dio è vicino a noi
C’è
un criterio per sapere se Dio sta vicino o lontano da noi: chiunque
si preoccupi dell’affamato, del nudo, del povero, dello scomparso,
del torturato, del prigioniero, di tutta questa carne che soffre,
ha vicino Dio. "Griderai al Signore e ti ascolterà".
La religione non consiste nel pregare molto. La religione consiste
in questa garanzia d’avere Dio vicino perché faccio del
bene ai miei fratelli. La garanzia della mia preghiera non è
quella di dire molte parole, la garanzia della mia preghiera è
molto facile da conoscere: come mi comporto con il povero? Perché
Dio sta lì! (5.2.78)
Vi
avevo detto di amarvi come io vi ho amato
Questa
è la grande malattia del mondo di oggi: non saper amare.
Tutto è egoismo, tutto è sfruttamento dell’uomo
da parte dell’uomo. Tutto è crudeltà, tortura. Tutto
è repressione, violenza. Si bruciano le case dei fratelli,
s’imprigiona il fratello e lo si tortura. Si commettono tante
rozzezze contro i fratelli! Come soffrirai Gesù questa
notte nel vedere la nostra patria colpito da tanti crimini e tante
crudeltà! Mi sembra di vedere Cristo intristito, dalla
mensa della sua pasqua, mentre guarda il Salvador e dice: vi avevo
detto di amarvi come io vi amo. (23.3.78)
La
chiesa non può essere sorda né muta di fronte al
clamore degli oppressi
La
chiesa non può essere sorda e muta di fronte al clamore
di milioni di uomini che gridano liberazione, oppressi da mille
schiavitù. Ma gli dice qual è la vera libertà
che si deve cercare: quella che Cristo inaugurò su questa
terra, resuscitando e rompendo le catene del peccato, della morte
e dell’inferno. Essere come Cristo, liberi dal peccato, è
essere veramente liberi, con la vera liberazione. E colui che
con questa fede, posta nel risorto, lavora per un mondo più
giusto, protesta contro le ingiustizie del sistema attuale, contro
tutti i soprusi di un’autorità abusiva, contro i disordini
degli uomini che sfruttano gli uomini; chiunque lotta a partire
dalla resurrezione del grande liberatore, solo costui è
un autentico cristiano. (26.3.78)
Che
Vangelo è questo?
Questo
vuole la chiesa: inquietare le coscienze, provocare crisi nell’ora
che stiamo vivendo. Una chiesa che non provoca crisi, un Vangelo
che non inquieta, una parola di Dio che non solleva malumori –
come diciamo volgarmente -; una parola di Dio che non tocca il
peccato concreto della società in cui si sta annunciando,
che Vangelo è? Considerazioni pietose, così buone
che non infastidiscono nessuno… così molti vorrebbero che
fosse la predicazione. E quei predicatori che per non molestare,
per non avere conflitti e difficoltà evitano ogni cosa
spinosa, non illuminano la realtà in cui si vive… il Vangelo
che vale è la buona notizia che venne a togliere i peccati
del mondo. (16.4.78)
Vittime
del dio Moloc, insaziabile di potere e di denaro
Questa
settimana dobbiamo lamentare anche la morte di due poliziotti.
Sono nostri fratelli. Di fronte all’oppressione e alla violenza
non ho mai parzializzato la mia voce. Mi sono posto, con la compassione
di Cristo, a fianco del morto, della vittima, di colui che soffre
e ha chiesto che preghiamo per loro e ci uniamo in solidarietà
al dolore delle loro famiglie. Ho detto che due poliziotti che
muoiono, sono due vittime in più dell’ingiustizia del nostro
sistema che, come denunciavo domenica scorsa, tra i suoi crimini
più grandi riesce a fare scontrare tra loro i nostri poveri.
Poliziotti e operai o contadini appartengono tutti alla classe
povera. La malvagità del sistema sta nell’ottenere lo scontro
del povero contro il povero. Due poliziotti morti sono due poveri
che sono state vittime forse di altri poveri e che in ogni caso
sono vittime di questo dio Moloc, insaziabile di potere, di denaro,
che per il desiderio di mantenere le sue situazioni ingiuste non
gli importa la vita né del contadino, né del poliziotto,
né della guardia ma lotta per la difesa di un sistema pieno
di peccato. (30.4.78)
La
verità non produce denaro ma amarezze
Che
peccato ci siano tante penne vendute, tante lingue che attraverso
la radio si alimentano della calunnia perché è quella
che rende! La verità spesso non produce denaro ma amarezze.
Ma vale di più essere liberi nella verità che avere
molto denaro nella menzogna. (7.5.78)
Ateo
non è solo il marxismo, ma soprattutto il capitalismo
Un
popolo, un uomo, dove si è dissipata la tenerezza di Dio,
dove interessa che Dio non esista per poter commettere ingiustizie,
per commettere il peccato che Dio castiga, è ispirazione
di un ateismo pratico. E per questo, ateo non è solo il
marxismo, ateo pratico è anche il capitalismo. Questo divinizzare
il denaro, questo idolatrare il potere, questo porre falsi idoli
da sostituire al vero Dio. Viviamo tristemente in una società
atea. (21.5.78)
Molte
volte abbiamo fatto del nostro culto un affare
Quante
apparenze di pietà, che dentro non sono altro che ateismo!
Quante forme di preghiera, quante pratiche religiose meramente
esteriori, rituali, legaliste! Non sono il culto che Dio vuole!
E qui non possiamo esimere da quest’accusa noi stessi, i ministri
sacri, che molte volte abbiamo fatto del nostro culto un affare
e possa entrare il Signore con la frusta nel tempio: la mia casa
è casa di preghiera e voi ne avete fatto un covo di ladri.
(21.5.78)
Ci
sono molti che si comunicano e sono idolatri
Un
cristiano che si alimenta alla comunione eucaristica, per cui
la sua fede gli dice che si unisce alla vita di Cristo, come può
vivere idolatrando il denaro, il potere, se stesso, l’egoismo?
Come può essere idolatra un cristiano che si comunica?
Però cari fratelli, ci sono molti che si comunicano e sono
idolatri. (28.5.78)
Il
dio denaro, il dio potere, il dio lusso
La
denuncia dell’idolatria è sempre stata la missione dei
profeti e della chiesa. Ora non è il dio Baal, ma ci sono
altri idoli tremendi del nostro tempo: il dio denaro, il dio potere,
il dio lusso, il dio lussuria. Quanti dei intronizzati nel nostro
ambiente! E la voce di Osea è attuale ancora oggi per dire
ai cristiani: non mescolate queste idolatrie con l’adorazione
del vero Dio. Non si può servire a due signori al Dio vero
e al denaro. Bisogna seguirne uno solo. (11.6.78)
Che
la chiesa riprenda la Bibbia e la renda Parola Viva
La
Bibbia sola non basta. E’ necessario che la chiesa riprenda la
Bibbia e torni a renderla Parola Viva. Non per ripetere alla lettera
salmi e parabole, ma per applicarla alla vita concreta dell’ora
in cui si predica questa parola di Dio. La Bibbia è come
la fonte dove questa rivelazione, questa parola di Dio, sta custodita.
Ma a cosa serve la fonte, per quanto sial limpida, se non la raccogliamo
nelle nostre anfore e non la portiamo per le necessità
delle nostre case. Una Bibbia che viene usata soltanto per essere
letta e vivere completamente schiacciati su tradizionalismi e
abitudini d’altri tempi, nei quali furono scritte queste pagine,
è una Bibbia morta. Questo si chiama biblicismo, non rivelazione
di Dio. (16.7.78)
Voi
siete per me l’ispirazione dello Spirito Santo
Il
predicatore non solo insegna, ma anche impara. La vostra attenzione
è per me anche ispirazione dello Spirito Santo. Il vostro
rifiuto sarebbe per me anche il rifiuto di Dio… Grazie a Dio la
chiesa in Salvador può ancora parlare. Ma ciò non
sarebbe ancora sufficiente: se parla deve dire la verità,
altrimenti sarebbe meglio tacesse. (16.7.78)
Come
è possibile passare tutta la vita senza pensare a Dio!
L’uomo
è l’altro ego di Dio. Ci ha elevato per potere parlare
e condividere con noi la sua gioia, la sua generosità,
le sue grandezze. Che interlocutore divino. Come è possibile
che gli uomini possano vivere senza pregare! Come è possibile
che l’uomo e la donna possano passare tutta la vita senza pensare
a Dio! Svuotare questa capacità del divino e non riempirla
mai! (13.8.78)
Cristo
tracima la chiesa
Dio
è in Cristo e Cristo nella chiesa. Ma Cristo tracima la
chiesa. Vale a dire, la chiesa non può pretendere di avere
completamente Cristo, così da dire: solo quelli che stanno
nella chiesa sono cristiani. Ci sono molti cristiani nell’anima
che non conoscono la chiesa, ma che forse sono più buoni
di quelli che appartengono alla chiesa. Cristo tracima la chiesa,
come quando si mette un bicchiere in un pozzo abbondante d’acqua,
il bicchiere è pieno di acqua ma non contiene tutto il
pozzo, c’è molta acqua fuori dal bicchiere… Coloro che
si sentono vanamente orgogliosi dell’istituzione ecclesiale, sappiano
che possiamo dire: lì non ci stanno tutti quelli che sono
e lì non sono tutti quelli che stanno. Non stanno tutti
quelli che sono, perché ci sono molti cristiani che non
stanno nella nostra chiesa. Benedetto sia Dio che c’è molta
gente buona, buonissima, fuori dai confini dell’istituzione ecclesiale…
(13.8.78)
Io
studio la parola di Dio e guardo il mio popolo
Vedete
qual è il mio ufficio e come lo sto compiendo: studio la
Parola di Dio che si legge la domenica, mi guardo intorno, guardo
il mio popolo, lo illumino con questa Parola e ne traggo una sintesi
per poterla trasmettere; e rendere – questo popolo – luce del
mondo, perché non si lasci guidare dai criteri delle idolatrie
della terra. Perciò, naturalmente, gli idoli della terra
sentono un ostacolo in questa parola e gli interesserebbe molto
destituirla, zittirla, ucciderla. Succeda ciò che Dio vuole,
ma la sua parola – diceva San Paolo – non sta incarcerata. Ci
saranno profeti, sacerdoti o laici – già ce ne sono abbondantemente
– che comprenderanno ciò che Dio vuole, dalla sua Parola,
per il nostro popolo. (20.8.78)
Risvegliare
il senso spirituale della vita
Questa
è la missione della chiesa: risvegliare, come sto facendo
in questo momento, il senso spirituale della vostra vita, il valore
divino delle vostre azioni umane. Non perdetelo, cari fratelli.
Questo è ciò che la chiesa offre alle organizzazioni,
alla politica, all’industria, al commercio, al giornaliero, alla
signora del mercato, a tutti la chiesa offre questo servizio di
promuovere il dinamismo spirituale. (20.8.78)
I
piedi in terra e il cuore pieno di Vangelo
La
chiesa non ha un affanno, una pretesa d’essere qui solo a parlare
per denunciare. Io sono colui che sente, più di tutto,
la ripugnanza di dire queste cose! Ma sento che è il mio
dovere, che non è una spettacolarità, ma semplicemente
una verità. E la verità è che dobbiamo vedere
con gli occhi ben aperti e i piedi ben piantati per terra, ma
il cuore ben pieno di Vangelo e di Dio, per cercare soluzioni,
non con immediatismi violenti, tonti crudeli e criminali ma la
soluzione della giustizia. Solo la giustizia può essere
la radice della pace. (27.8.78)
Voi
che credete che stia predicando la violenza
Cari
fratelli, soprattutto voi miei amati fratelli che mi odiate, voi
miei amati fratelli che credete che stia predicando la violenza
e mi calunniate e sapete che non è così, voi che
avete le mani macchiate di crimini, di tortura, di oppressione,
d’ingiustizia: convertitevi! Vi amo molto, mi da pena, perché
andate per cammini di perdizione. (10.9.78)
Comunità
ecclesiale di base
Come
potrebbe non riempirmi il cuore di speranza una chiesa dove fioriscono
le Comunità Ecclesiali di Base?! E come potrei non chiedere
ai miei amati fratelli sacerdoti che facciano fiorire comunità
da ogni parte, nei quartieri, nei cantoni, nelle famiglie?! (10.9.78)
E’
triste la parola del sacerdote che ha perso credibilità
Il
benessere della chiesa porta rilassamento. I sacerdoti che si
trovano molto bene nelle loro parrocchie, stiano attenti! I cristiani
che sentono che il Vangelo non li molesta stiano attenti! A questo
benessere del culto senza impegno si riferisce la tremenda profezia
di Malachia: "ora a voi, sacerdoti. Vi appartate dal cammino,
avete fatto inciampare molti nella legge. Vi renderò disprezzabili,
abietti davanti al popolo". Non c’è cosa peggiore
che un cattivo sacerdote; se il sale diventa insipido, a cosa
serve! Già lo diceva Cristo: a nient’altro che ad essere
gettato per terra e calpestato dalla gente. Che triste è
la parola del sacerdote quando ha perso credibilità! Una
scatola di latta che suona. "Non avete osservato le mie vie.
E siete stati d’inciampo a molti con il vostro insegnamento; avete
rotto l’alleanza di Levi". Se è il signor tale, se
è la signora tale, con molto piacere. Se è un povero
disprezzabile, non gli si fa nemmeno caso. La chiesa dei poveri
è un criterio di autenticità perché non è
una chiesa classista. Non significa disprezzare i ricchi, ma dire
ai ricchi che se non si fanno come poveri nel cuore non entreranno
nel Regno dei cieli. Il vero predicatore di Cristo è la
chiesa dei poveri, per incontrare nella povertà, nella
miseria, nella speranza di colui che prega nel tugurio, nel dolore,
nel non essere ascoltato, un Dio che ascolta e solamente avvicinandosi
a questa voce si può sentire anche Dio. "Vi fate riguardi
personali nell’applicare la legge". Come diceva bene un contadino:
la legge è come il serpente, morsica solo quelli che sono
scalzi! (5.11.78)
Per
ascoltare il Vangelo bisogna avvicinarsi al povero
Quando
parliamo della chiesa dei poveri non stiamo facendo una dialettica
marxista, come se l’altra fosse la chiesa dei ricchi. Ciò
che stiamo dicendo è che Cristo, ispirato dallo Spirito
di Dio, disse: "il Signore mi ha inviato per portare un buon
annuncio ai poveri – parole della Bibbia – per dire che per ascoltarlo
è necessario farsi povero. (3.12.78)
Il
lavoro per il Regno di Dio avviene anche fuori dalla chiesa
Fuori
dalla chiesa ogni persona che lotta per la giustizia, ogni persona
che cerca rivendicazioni giuste in un ambiente ingiusto, sta anche
lavorando per il Regno di Dio e può darsi che non sia cristiana.
La chiesa non esaurisce il Regno di Dio. Il Regno di Dio sta in
maggior parte al di fuori delle frontiere della chiesa e pertanto
la chiesa apprezza tutto ciò che in sintonia con la sua
lotta per impiantare il Regno di Dio. Una chiesa che cerca solamente
di conservarsi pura, incontaminata, non sarebbe una chiesa al
servizio di Dio e degli uomini (3.12.78).
Sono
un uomo fragile
Sento
che c’è qualcosa di nuovo nell’arcidiocesi. Sono un uomo
fragile, limitato e non so cosa sia ciò che sta succedendo,
ma so che Dio lo sa. Ed il mio ruolo di pastore è questo
che oggi ci dice San Paolo: "non spegnete lo Spirito Santo".
Se con autoritarismo dico ad un sacerdote: non fare questo! O
ad una comunità cristiana: non andare in quella direzione!
E mi volessi costituire come se fossi io lo Spirito Santo per
fare una chiesa a mio piacimento, starei spegnendo lo Spirito.
(17.12.78)
Maria
è la tenerezza che cerca afflitta una soluzione
Maria
è l’espressione del bisogno dei salvadoregni. Maria è
l’espressione dell’afflizione di quelli che stanno in carcere.
Maria è il dolore delle madri che hanno perso i loro figli
e nessuno gli dice dove stanno. Maria è la tenerezza che
cerca afflitta una soluzione. Maria sta nella nostra patria come
in un vicolo cieco, ma aspettando che Dio venga a salvarci. Imitiamo
questa povera di Jahweh e sentiremo che senza Dio non possiamo
nulla, che Dio è la speranza del nostro popolo, che solo
Cristo, il Divino Salvatore, può essere il salvatore della
nostra patria. (24.12.78)
La
chiesa dei poveri
La
chiesa predica a partire dai poveri e non ci vergogniamo mai di
dire: "la Chiesa dei poveri", perché Cristo volle
porre tra i poveri la sua cattedra di redenzione. (24.12.78)
Essere
umani, per essere cristiani
Prima
d’essere cristiani dobbiamo essere molto umani. Forse è
perché molte volte si vuole costruire il cristiano su false
basi umane, che abbiamo falsi umani e falsi cristiani. Il beato
è un falso cristiano, che non è nemmeno umano. Molti
che ora difendono – dicono loro – la religione, non sono forse
né uomini, né tanto meno cristiani. Io rido di queste
difese interessate del cristianesimo: "autentici cattolici".
Con quale diritto si chiamano autentici cattolici se non sono
nemmeno uomini che sanno adorare il vero Dio e stanno invece inginocchiati,
idolatri davanti alle cose della terra. (31.12.78)
1979
Non
m’interessa la mia sicurezza personale
Molte
grazie, signor presidente, per avermi ascoltato. Ma voglio anche
ringraziarla per essersi offerto di accordarmi una protezione
se l’avessi sollecitata. Se la ringrazio, voglio però ribadire
qui la mia posizione: che non cerco mai i miei vantaggi personali,
cerco piuttosto il bene dei miei sacerdoti e del mio popolo… Prima
della mia sicurezza personale, vorrei sicurezza e tranquillità
per le 108 famiglie degli scomparsi, per tutti quelli che soffrono.
Un benessere personale, una sicurezza per la mia vita non m’interessa
finché vedo nel mio popolo un sistema economico, sociale
e politico che tende sempre più ad accentuare queste differenze
sociali. (14.1.79)
Le
voglio ripetere ciò che le ho già detto: "il
pastore non vuole sicurezza, finché non darete sicurezza
al suo gregge". (22.7.79)
La
chiesa sta con il popolo
Rendetevi
conto che il conflitto non è tra la chiesa e il governo.
E’ tra il governo e il popolo. La chiesa sta con il popolo e il
popolo sta con la chiesa, grazie a Dio! (21.1.79)
Sono
troppi i falsi profeti
Dio
non disprezza i fatti concreti. Voler predicare senza riferirsi
alla storia in cui si predica non è predicare il Vangelo.
Molte vorrebbero una predicazione tanto spiritualista da lasciare
contenti i peccatori, che non dicesse nulla agli idolatri, a coloro
che stanno in ginocchio davanti al denaro e al potere. Una predicazione
che non denunci le realtà peccaminose nelle quali si fa
la riflessione evangelica non è Vangelo. Sono troppi gli
adulatori, troppi i falsi profeti, troppi – in tempi conflittuali
come i nostri – quelli che hanno una penna pagata e una parola
venduta. Ma questa non è la verità. (18.2.79)
Un’evangelizzazione
impegnata e senza paura
Se
la nostra arcidiocesi si è trasformata in una diocesi conflittuale,
non v’è dubbio, è per il suo desiderio di fedeltà
a questa nuova evangelizzazione, che dal Concilio Vaticano II
in poi e nelle riunioni dei vescovi latinoamericani, si esige
molto impegnata e senza paura. Un’evangelizzazione esigente che
indica i pericoli e rinuncia ai privilegi e che non ha paura del
conflitto quando questo conflitto viene provocato da niente altro
che dalla fedeltà al Signore. (22.4.79)
L’impero
dell’inferno
La
morte è segno del peccato, quando il peccato la produce
tanto direttamente come avviene tra noi: la violenza, l’assassinio,
la tortura dalla quale molti ne escono morti, il colpire di machete
e il gettare a mare, il scaraventare la gente (nei burroni, n.d.).
Tutti questo è l’impero dell’inferno! Appartengono al diavolo
quelli che danno la morte! Lo compiono quelli che appartengono
al diavolo. Collaboratori, agenti del demonio. Impositori di qualche
cosa che è estraneo al piano di Dio. La morte, anche la
morte naturale, è prodotto e conseguenza del peccato. (1.7.79)
L’autentica
evangelizzazione non dipende dal potere
La
povertà della chiesa sarà più autentica ed
efficace quando veramente non dipenderà né cercherà
il soccorso dei potenti, "la protezione dei potenti"
quando non fa consistere l’evangelizzazione nell’avere il potere,
ma nell’essere evangelica e santa; nell’appoggiarsi al povero
che con la sua povertà arricchisce. (10.7.79)
Edifici
costruiti con il sangue dei poveri
A
cosa servono belle strade e aeroporti, belli edifici di tanti
piani, se vengono costruiti con il sangue dei poveri, che non
ne beneficeranno? (29.7.79)
Il
male del Salvador: la ricchezza come assoluto
Io
denuncio, soprattutto l’assolutizzazione della ricchezza. Questo
è il grande male del Salvador: la ricchezza, la proprietà
privata, come un assoluto intoccabile. E guai a toccare questo
filo d’alta tensione! (12.8.79)
La
parola di Dio deve toccare la realtà del nostro popolo
Se
nel Salvador il pane di vita che la chiesa ripartisce, la Parola
del Signore, la religione cristiana, non tocca le realtà
politiche, sociali, economiche del nostro popolo, sarà
un pane conservato ed il pane che si conserva non nutre. (19.8.79)
1980
Sono
nella lista di quelli che saranno assassinati
Non
continuate ad azzittire con la violenza quelli che vi stanno rivolgendo
questo invito. Né tanto meno continuate ad uccidere quelli
che stanno cercando di ottenere una più giusta distribuzione
del potere e delle ricchezze del nostro paese. Sto parlando in
prima persona, perché questa settimana mi è pervenuto
un avviso secondo il quale sto nella lista di coloro che saranno
eliminati la prossima settimana. Ma siate certi che la voce della
giustizia nessuno la può uccidere. (24.2.80)
La
morte del povero tocca il cuore stesso di Dio
Niente
è tanto importante per la chiesa come la vita umana, come
la persona umana. Soprattutto la persona dei poveri e degli oppressi,
che – oltre ad essere umani – sono anche esseri divini, in quanto
Gesù disse di loro che tutto ciò che si fa ad essi
egli considera fatto a se. E questo sangue, il sangue, la morte,
stanno al di la di ogni politica. Toccano il cuore stesso di Dio,
fanno che né la riforma agraria, né la nazionalizzazione
della banca, né altre misure promesse possano essere feconde
con spargimento di sangue. (16.3.80)
L’ambiente
che Dio vuole in Salvador
C’è
molta violenza, molto odio molto egoismo. Ciascuno è convinto
d’avere la verità e attribuisce la colpa dei mali all’altro.
Ci siamo polarizzati. La parola adesso eccede frequentemente come
una realtà che si vive, senza rendercene conto; ciascuno
di noi è polarizzato, si è posto in un polo di idee
intransigenti, incapaci di riconciliazione, ci odiamo a morte.
Non è questo l’ambiente che Dio vuole. E un ambiente bisognoso
come non mai, del grande affetto di Dio, della riconciliazione.
(16.3.80)
Raccogliere
il clamore del popolo e predicare il Vangelo
So
già che molti si scandalizzano di queste parole e vorrebbero
accusare la chiesa d’aver tralasciato la predicazione del Vangelo
per mettersi in politica, ma io non accetto questa accusa: quello
che faccio è uno sforzo perché tutto ciò
che hanno voluto proporci il Concilio Vaticano II e le riunioni
di Medellín e di Puebla, non resti sulle pagine e non ci
limitiamo a studiarlo teoricamente, ma piuttosto lo viviamo e
lo traduciamo in questa realtà conflittuale, predicando
come si deve il Vangelo… per il nostro popolo. Per questo chiedo
al Signore, durante tutta la settimana, mentre raccolgo il clamore
del popolo ed il dolore di tanto crimine, l’ignominia di tanta
violenza, che mi dia la parola giusta per consolare, per denunciare,
per chiamare al pentimento e, sebbene continui ad essere una voce
che urla nel deserto, so che la chiesa sta facendo uno sforzo
per compiere la sua missione. (23.3.80)
Nessuno
è obbligato a rispettare una legge immorale
Vorrei
rivolgere un appello speciale, agli uomini dell'esercito e in
particolare alle basi della Guardia Nazionale, della Polizia,
delle Caserme.
Fratelli,
appartenete al nostro stesso popolo; uccidete i vostri fratelli
contadini. E di fronte ad un ordine di uccidere, che dà
un uomo, deve prevalere la legge di Dio che dice: NON UCCIDERE!..
Nessun soldato è obbligato ad obbedire ad un ordine contro
la legge di Dio… Nessuno è obbligato ad adempiere una legge
immorale… Ormai è tempo che recuperiate la vostra coscienza
e che obbediate alla vostra coscienza piuttosto che all'ordine
del peccato. La Chiesa, difensora dei diritti di Dio, della legge
di Dio della dignità umana, della persona, non può
restare in silenzio di fronte a tanta abominazione. Vogliamo che
il governo consideri seriamente che a niente servono le riforme
se vengono ottenute con tanto sangue. In nome di Dio, quindi,
e in nome di questo popolo sofferente, i cui lamenti salgono fino
al cielo, ogni giorno più tumultuosi, vi supplico, vi prego,
vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!
La
chiesa predica la sua liberazione tale come l’abbiamo studiata
oggi nella Sacra Bibbia, una liberazione che pone al di sopra
di tutto il rispetto alla dignità della persona, la salvaguardia
del bene comune del popolo e la trascendenza che guarda anzitutto
a Dio e solo da Dio ricava la sua speranza e la sua forza. Proclamiamo
ora il nostro credo in questa verità. (23.3.80)
L’ultima
omelia di Monsignor Oscar A.Romero
Omelia
del primo anniversario della signora Sara de Pinto.
San
Salvador, 24 marzo 1980, alle 17 nella cappella dell’ospedale
della Divina Provvidenza. Testo completo.
Per
le nostre molteplici relazioni alla casa editrice del giornale
El Independiente, ho chiesto di associarmi ai vostri sentimenti
filiali nell’anniversario della morte di vostra madre, e soprattutto
a questo nobile spirito che fu la signora Sarita, che pose tutta
la sua formazione culturale, la sua finezza, al servizio di una
causa ora tanto necessaria: la vera liberazione del nostro popolo.
Io
credo che i suoi fratelli, questa sera, devono non solo pregare
per l’eterno riposo della nostra cara defunta, ma soprattutto
raccogliere questo messaggio che oggi ogni cristiano dovrebbe
vivere intensamente. Molti, ci sorprendono, pensano che il cristianesimo
non deve mettersi in queste cose, quando è tutto il contrario.
Abbiamo appena ascoltato nel Vangelo di Cristo che è necessario
amare non tanto se stessi, che uno non deve preoccuparsi di non
correre i pericoli della vita che la storia esige da noi e che
colui che vuole allontanare da se il pericolo, perderà
la sua vita. Al contrario, colui che si offre per amore di Cristo
al servizio dei poveri costui vivrà come il grano di frumento
che muore, ma muore solo apparentemente. Se non morisse resterebbe
solo. Se c’è raccolto, perché muore, perché
si lascia immolare in questa terra, decomponendosi e solo decomponendosi,
produce il raccolto.
Dalla
sua eternità, la signora Sarita conferma meravigliosamente
in questa pagina che ho scelto per lei ciò che dice il
Concilio Vaticano II:
"Ignoriamo
il tempo in cui si farà la consumazione della terra dell’umanità.
Nemmeno conosciamo in che modo si trasformerà l’universo.
La figura di questo mondo, segnata dal peccato passa, ma Dio ci
dice che ci prepara una nuova dimora e una nuova terra dove abita
la giustizia e la cui beatitudine è capace di saziare e
soddisfare tutti gli aneliti di pace che sorgono nel cuore umano.
Allora, vinta la morte, i figli di Dio resusciteranno in cristo
e ciò che fu seminato sotto il segno della debolezza e
della corruzione si rivestirà di incorruttibilità
e restando la carità delle loro opere, si vedranno liberi
dalla schiavitù della finitezza tutte le creature che Dio
creò in vista dell’uomo".
Siamo
avvertiti che a nulla serve all’uomo guadagnare tutto il mondo
se perde se stesso. Ciò nonostante, l’attesa di una nuova
terra non deve acquietarci, ma piuttosto ravvivare la preoccupazione
di perfezionare questa terra dove cresce il corpo della nuova
famiglia umana, il quale, in qualche modo può anticipare
un barlume del nuovo secolo. Perciò sebbene bisogni distinguere
accuratamente progresso temporale e crescita del Regno di Cristo,
ciò nonostante il primo, in quanto può contribuire
ad ordinare meglio la società umana, interessa in grande
misura anche il Regno di Dio.
Poiché
i beni della dignità umana, dell’unione fraterna e della
libertà, in una parola tutti i frutti eccellenti della
natura e del nostro sforzo, dopo averli propagati sulla terra
nello Spirito del Signore e secondo il suo mandato, torneremo
a trovarli ripuliti da ogni macchia, illuminati e trasfigurati
quando Cristo consegnerà al Padre il Regno eterno e universale:
"Regno di verità e di Vita; Regno di Santità
e di Grazia; Regno di Giustizia di Amore e di Pace". "Il
Regno è già misteriosamente presente sulla nostra
terra; quando verrà il Signore, giungerà alla sua
perfezione".
Questa
è la speranza che alimenta noi cristiani. Sappiamo che
ogni sforzo per migliorare una società, soprattutto quando
vi è questa ingiustizia e il peccato, è uno sforzo
che Dio benedice, che Dio vuole, che Dio esige da noi. E quando
si incontra gente generosa come la signora Sarita e il suo pensiero
incarnato in Jorgito e in tutti quelli che lavorano per questi
ideali, bisogna cercare di purificarli nel cristianesimo: questo
si, rivestirli di questa speranza dell’al di la; perché
diventino più forti, perché abbiamo la sicurezza
che tutto ciò che piantiamo sulla terra, se lo alimentiamo
con una speranza cristiana, non falliremo mai, lo troveremo purificato
in questo regno, dove il merito consiste proprio in ciò
che abbiamo realizzato sulla terra.
Io
credo che non sarà un aspirare invano, a ore di speranza
e di lotta in questo anniversario. Ricordiamo quindi, con gratitudine,
questa donna generosa che seppe comprendere le inquietudini e
gli sforzi di suo figlio e di tutti quelli che lavorano per un
mondo migliore, e seppe mettere anche la sua parte di chicco di
frumento nella sofferenza. E non c’è dubbio, che questa
è la garanzia che il vostro cielo deve essere proporzionato
a questo sacrificio a questa comprensione che in questo momento
manca a molti nel Salvador.
Vi
supplico, cari fratelli, di guardare queste cose dal momento storico,
con questa speranza, con questo spirito di offerta, di sacrificio
e fare ciò che possiamo. Tutti possiamo fare qualcosa:
da subito un sentimento di comprensione. Questa santa donna che
oggi stiamo ricordando, non ha potuto forse fare cose molto dirette,
ma incoraggiando quelli che potevano lavorare, comprendendo la
loro lotta, e soprattutto pregando e, anche dopo la sua morte,
dicendo con il suo messaggio d’eternità che vale la pena
di lavorare perché tutti questi aneliti di giustizia, di
pace e di bene che già abbiamo in questa terra, li abbiamo
formati se li illuminiamo di una speranza cristiana perché
sappiamo che nessuno può per sempre e che quelli che hanno
messo nel loro lavoro un sentimento di fede molto grande, di amore
a Dio, di speranza tra gli uomini, poiché tutto ciò
sta abbondando ora, negli splendori di una corona che deve essere
la ricompensa di tutti coloro che lavorano così, spargendo
verità, giustizia, amore bontà sulla terra e non
si ferma qui ma purificato dallo spirito di Dio, ci raccoglie
e ci da la ricompensa.
Questa
santa messa quindi, questa Eucarestia, è precisamente un
atto di fede. Con fede cristiana sappiamo che in questo momento
l’ostia di frumento si trasforma nel corpo del Signore che si
offrì per la salvezza del mondo e che in questo calice
il vino si trasforma nel sangue che fu il prezzo della salvezza.
Che questo corpo immolato e questo sangue sacrificato per gli
uomini alimentino anche noi per dare il nostro corpo e in nostro
sangue alla sofferenza e al dolore, come Cristo, non per sé,
ma per offrire concetti di giustizia e di pace al nostro popolo.
Uniamoci quindi intimamente con fede e speranza a questo momento
di preghiera per la signora Sarita e per noi.
(In
questo momento risuonò lo sparo)
San
Romero d’America, Pastore e Martire nostro
Di
Pedro Casaldáliga
L’angelo
del Signore annunciò nel vespro…
Il
cuore del Salvador segnava
24 di marzo e di agonia.
Tu offrivi il pane,
il corpo vivo
- il triturato corpo del tuo popolo;
il suo sangue sparso vittorioso –
il sangue contadino del tuo popolo massacrato
che deve tingere di vini d’allegria l’aurora impedita!
L’angelo del Signore annunciò nel vespro,
e il Verbo si fece morte, un’altra volta, nella tua morte;
come si fa morte, ogni giorno, nella carne nuda del tuo popolo.
E
si fece vita nuova
Nella nostra vecchia chiesa!
Stiamo
un’altra volta
sul piede della testimonianza,
San Romero d’America Pastore e Martire nostro!
Romero della pace quasi impossibile su questa terra in guerra.
Romero in fior violetto della speranza
Incolume di tutto il continente.
Romero della Pasqua Latinoamericana.
Povero Pastore glorioso, assassinato a pagamento, a dollaro, a
valuta.
Come Gesù, per ordine dell’impero.
Povero Pastore glorioso,
abbandonato
dai tuoi stessi fratelli del pastorale e di messa…!
(Le curie non potevano comprenderti:
nessuna sinagoga ben costituita può comprendere il Cristo).
I
tuoi poveri si ti accompagnavano,
in disperazione fedele
pastore e gregge, allo stesso tempo, della tua missione profetica.
Il popolo ti fece santo.
La ora del tuo popolo ti consacrò nel Kairós.
I poveri t’insegnarono a leggere il Vangelo.
Come un fratello ferito da tanta morte sorella,
tu sapesti piangere, solo, nell’orto.
Sapesti aver paura, come un uomo in combattimento
Però sapesti dare alla tua parola, libera, il suo suono
di campana!
E
sapesti bere al doppio calice dell’altare e del popolo,
con una sola mano consacrata al servizio.
L’America Latina già ti ha posto nella sua gloria del Bernini
nella spuma aureola dei suoi mari,
nel baldacchino arieggiato delle Ande vigili,
nella canzone di tutte le sue strade,
nel calvario nuovo di tutte le sue prigioni,
di tutte le sue trincee,
di tutti i suoi altari…
Nell’ara sicura del cuore insonne dei suoi figli!
San
Romero d’America Pastore e Martire nostro:
nessuno farà tacere la tua ultima omelia!
Ascoltiamo
ancora la voce profetica di San Romero d’America:
"Sono
stato frequentemente minacciato di morte. Devo dirvi che, come
cristiano, non credo nella morte senza resurrezione. Se mi uccidono
risorgerò nel popolo salvadoregno. Lo dico senza alcuna
presunzione, con la più grande umiltà. Come pastore
sono obbligato, per mandato divino, a dare la vita per quelli
che amo, che sono tutti i salvadoregni, anche per quelli che mi
assassineranno. Se giungeranno a compimento le minacce, già
da ora offro a Dio il mio sangue per la redenzione e la resurrezione
del Salvador. Il martirio è una grazia che non credo di
meritare. Ma se Dio accetta il sacrificio della mia vita, che
il mio sangue sia seme di libertà e il segno che la speranza
sarà presto una realtà. La mia morte, se è
accettata da Dio, sia per la liberazione del mio popolo e una
testimonianza di speranza nel futuro. Se arrivassero ad uccidermi,
potete dire che perdono e benedico quelli che lo fanno. Chissà
che si convincano che stanno perdendo il loro tempo. Un vescovo
morirà, ma chiesa di Dio che il popolo, non perirà
mai".
Bibliografia
minima
In
lingua spagnola:
La
voz de los sin voz. La Palabra viva de Monseñor Romero.
Introducciones, comentarios y selección de textos de
J. Sobrino, I. Martín-Baró y R. Cardenal. San Salvador
(UCA editores) 1980.
Mons.Oscar
A. Romero. Su pensamiento. Volúmenes I al VIII. Edición
realizada en el año dos mil de la Redención de Nuestro
Señor Jesucristo, y en el año vigésimo del
martirio de Monseñor Oscar A. Romero, IV Arzobispo de San
Salvador, El Salvador. Publicaciones Pastorales del Arzobispado.
Textos adjuntos a los volúmenes sobre su pensamiento: Mons.
Oscar A. Romero. Su diario. Día a día con Mons.
Romero (meditaciones para todo el año)
Mons,
Oscar Arnulfo Romero. La Violencia del amor, Edición
preparada por James R.Brockman, sj., Santander (Editorial Sal
Térrae) 2002
In
lingua italiana:
Oscar
A.Romero, Diario, Ed. La Meridiana
Ettore
Masina, L’arcivescovo deve morire, Ed. Gruppo Abele
Maria
Lopez Vigil, Oscar Romero, Frammenti per un ritratto, Ed.
NdA
Roberto
Morozzo della Rocca, Primero Dios, Ed. Mondadori
James
R.Brockman, Oscar Romero, fedele alla parola, Cittadella
Editrice
Oscar
A.Romero, Dio ha la sua ora, Ed. Borla
Alberto
Vitali, Oscar A. Romero. Pastore di agnelli e lupi, Ed. Paoline
Gruppo
Oscar Romero Milano:
Biografia,
Romero, la voz de los sin voz
Testinonianze,
L’arcivescovo scomodo
P.Richard,
La forza spirituale della parola di Mons. Romero
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