Per
Mons. Juan José Gerardi Conedera
Vescovo del Guatemala,
Martire della memoria storica e dell'utopia del suo popolo
Introduzione
Questo
articolo è composto da tre parti. La prima cerca di ricostruire
il più fedelmente possibile la tradizione del Giubileo
nella Bibbia, nell'Antico e nel Nuovo Testamento. Abbiamo letto
i testi più importanti sul Giubileo, con lo spirito con
il quale furono scritti, vale a dire, dai poveri e con una prospettiva
liberatrice. La seconda parte è un riassunto interpretativo
della Lettera Apostolica Tertio Millennio Adveniente di Giovanni
Paolo II sulla preparazione del Giubileo dell'anno 2000. Ne ricaviamo
l'orientazione positiva che il Papa attribuisce a questo tempo
di preparazione. Finalmente, facciamo una riflessione teologica
sul senso del Giubileo nella situazione attuale del Terzo Mondo.
I
- La tradizione del Giubileo nella Bibbia
(Testi chiave, presentati per tema ed in ordine cronologico)
A.
Antico Testamento
1.
Sul Sabato
a)
Es 34,21: ordine di osservare il sabato:
"Sei
giorni lavorerai, ma nel settimo riposerai;
riposerai in tempo di semina e di raccolto"
E'
la formulazione più antica (inizi della monarchia, secoli
X o IX a.C.). Si ordina di riposare il sabato precisamente nei
periodi di maggior lavoro nel campo: la semina ed il raccolto.
Il sabato è una interruzione reale del lavoro. Dio può
ordinare questo riposo, poiché la terra gli appartiene.
b)
Es 23,12 : si aggiunge una motivazione sociale:
"Sei
giorni farai il tuo lavoro, ed il settimo riposerai,
perché si riposino il tuo bue ed il tuo asino,
ed abbia a riprendere fiato il figlio della tua serva ed il forestiero".
Questa
rilettura del testo anteriore è possibilmente del secolo
VIII, quando si da una forte corrente profetica in favore del
povero. Si rivolge a qualcuno che possiede bue ed asino, e pure
schiavi per il lavoro. La legge del sabato cerca di porre un freno
all'accumulo illimitato dei mezzi di produzione.
c) Es 20,8-11: il quarto comandamento del Decalogo
"Ricorda
il giorno di sabato per santificarlo.
Sei giorni lavorerai e farai tutti i tuoi lavori,
ma il settimo giorno è il giorno di riposo per Jahweh,
tuo Dio.
Non farai nessun lavoro, ne tu ne tuo figlio, ne tua figlia,
ne il tuo servo, ne la tua serva, ne il tuo bestiame,
ne il forestiero che abita nella tua città.
Poiché in sei giorni Jahweh ha fatto il cielo e la terra,
il mare e tutto quanto contiene, e il settimo riposo; per questo
Jahweh benedisse il giorno di sabato e lo consacrò".
Qui
il riposo è santo, non perché si fa in esso qualcosa
di rituale o di sacro, ma semplicemente perché non si fa
niente. L'ordine riguarda ora tutta la famiglia patriarcale, che
include figli, bestiame, schiavi, e migranti compresi. La motivazione
qui è la teologia della creazione e del riposo di Jahweh.
L'essere umano partecipa del riposo di Jahweh, poiché creato
a immagine di Dio, deve assumere la sua responsabilità
nella continuazione dell'opera della creazione. Dio riposa perché
ha lavorato, l'essere umano pure deve riposare perché sta
lavorando come Dio lavorò.
d)
Dt 5,12-15: abbiamo qui una rilettura deuteronomista dello stesso
decalogo. E' uguale al testo anteriore, ma aggiunge una nuova
motivazione:
"
Santificherai il giorno di sabato
perché possano
riposare come te, il tuo servo e la tua serva. Ricorda che fosti
schiavo nel paese d'Egitto e che Jahweh tuo Dio ti liberò
da li con mano forte e braccio teso; per questo Jahweh tuo Dio
ti ha comandato di santificare il giorno di sabato".
Qui
si insiste sul riposo degli schiavi e delle schiave, che devono
riposare come riposa il capo della casa e tutta la sua famiglia.
La motivazione ora non è quella della teologia della creazione
ma dell'Esodo.
I
due testi citati sul sabato ( Es 20 e Dt 5) sono inclusi nel Decalogo.
Questa breve codificazione cerca di riassumere l'aspetto più
importante di tutta la legislazione anteriore: sono le dieci cose
più importanti per essere fedeli a Jahweh.
e)
Gn 2,1-3: l'esigenza del Sabato diventa specialmente importante
durante l'esilio, quando gli israeliti rivendicavano un giorno
libero per poter ricostruire la coscienza e la fede degli esiliati,
abbruttiti dal lavoro coatto. Il sabato era importante per ricostruirsi
come persona e poter ricostruire l'identità del Popolo
di Dio. Durante l'esilio viene scritto il racconto sacerdotale
della creazione ( Gn 1,1-2,4a), dove si evidenzia il riposo di
Jahweh, per legittimare il riposo degli schiavi ebrei in esilio.
Era il riposo del sabato che permetteva di lavorare in modo umano
come Jahweh. Il sabato ha pertanto un significato al tempo stesso
liberatore, sociale e religioso.
f)
Tradizione sacerdotale: Es 31,13-18 / 35,1-3 / Lv 23,3
Dopo
l'esilio il sabato si trasformò poco a poco in una imposizione
legalista e oppressiva.
I sacerdoti trasformarono il significato liberatore del sabato
e lo usarono come potere sacro. In assenza della monarchia sono
loro ora che assumono il potere. Il sabato ora non è più
considerato santo come riposo, con tutto il suo significato teologico,
sociale e liberatore, ma è santo per le azioni cultuali
compiute nel tempio e nelle case. Si proibisce di lavorare per
poter celebrare il culto, giungendo per fino ad imporre il sabato
con la pena di morte. Contro questa perversione della tradizione
del sabato reagisce Gesù: "il sabato è stato
istituito per l'uomo e non l'uomo per il sabato" (Mc 2,23-28,
cfr. Mt 12,1-8 / Lc 6,1-5).
2:
Sull'anno sabbatico e l'anno del Giubileo
a)
Es 23, 10-11: riposo della terra:
"Sei
anni seminerai la tua terra e raccoglierai il suo prodotto;
al settimo la lascerai riposare e non la coltiverai,
perché ne mangino i poveri del tuo popolo,
e quello che resta lo mangino gli animali del campo.
Farai lo stesso con la tua vigna ed il tuo oliveto".
E'
il testo più antico sull'anno sabbatico. La terra è
la prima ad usufruire del privilegio divino del riposo (eguale
a Es 34,21 sul riposo della terra in giorno di sabato). Il verbo
"lasciar riposare" letteralmente significa qui "lasciar
libera". L'essere umano ha il diritto di lavorare la terra
e raccogliere il suo prodotto, ma Dio difende anche il diritto
della terra al suo riposo e alla libertà. I primi beneficiari
di questa liberazione della terra sono i "poveri del tuo
popolo" (gli hanawim). I secondi beneficiari sono gli animali
del campo. Il riferimento alla vigna e all'oliveto, ha una sua
intenzione profetica, poiché queste due colture erano esclusive
dei più ricchi. Anche a questa attività agricola
di "alta produttività e tecnologia", Dio impone
un limite, per difendere gli interessi della terra e dei poveri.
In
Lv 25,1-7 abbiamo una rilettura sacerdotale post-esilica di Es
23,19-11. L'anno sabbatico della terra è ripensato come
un sabato santo in onore di Jahweh.
b)
Es 21,1-11: liberazione di schiavi e schiave, che hanno perso
la loro libertà per non aver pagato i loro debiti:
"Quando
compri uno schiavo ebreo, servirà sei anni,
ed il settimo sarà libero senza pagare il riscatto"
(v. 2)
Lo
schiavo resta libero al 7° anno, quando compie 6 anni di schiavitù,
anche se non è necessariamente l'anno sabbatico ufficiale.
Lo schiavo non poteva aspettare. Il tempo della liberazione (che
è il tempo di Jahweh) non segue il calendario ufficiale.
Gli schiavi dei quali si parla in questo testo, erano quelli che
avevano perduto la libertà a causa dei debiti. Non c'è
in Israele un mercato (compra-vendita) degli schiavi. La liberazione
degli schiavi al settimo anno era un'esigenza senza la necessità
del saldo dei debiti che potevano restare non pagati. La vita
umana si afferma al di sopra di ogni legge di contratti o debiti.
Qualunque fosse il debito, nessuno poteva essere reso schiavo
più di 6 anni. Era un limite non negoziabile allo sfruttamento.
I
due testi citati appartengono al codice dell'Alleanza (Es 21,23),
redatto possibilmente nel secolo 8°, che fu un secolo segnato
dalla predicazione profetica in favore dei poveri, inclusa la
"povera terra" pure sfruttata. Il testo sul riposo della
terra forse è più antico del testo sulla liberazione
degli schiavi. La legislazione (Codice dell'Alleanza) al servizio
della vita è il prodotto dalla predicazione profetica di
questo secolo (Amos, Osea, Isaia, Michea).
c)
Dt 15,1-18: Ri-lettura dell'anno sabbatico
Struttura
del testo (meglio è leggerlo integralmente):
a)
vv 1-3: condono dei debiti ogni 7 anni
b) vv 4-6: se Israele ascolta la Parola di Dio non avrà
poveri
c) vv 7-11: se ci sono poveri, bisogna prestare loro ciò
che necessità a rimediare alla loro indigenza. La vicinanza
dell'anno sabbatico, non deve essere motivo per non prestare
d) vv 12-18: sulla liberazione degli schiavi
I
vv 12-18 sono una rilettura , un secolo più tardi, di Es
21,1-11 sulla liberazione degli schiavi. La rilettura aggiunge
alcune cose favorevoli per i poveri: riconosce un trattamento
di uguaglianza alla moglie schiava (in Es solo lo schiavo recuperava
la libertà). Pure si esige un indennizzo per i sei anni
di lavoro, perché lo schiavo liberato possa iniziare nuovamente
la sua vita.
I
vv 1-3 sono una novità: la remissione dei debiti ogni 7
anni. Il problema dei debiti continuava ad essere un problema
serio specialmente per i più poveri. Poiché il pagamento
dei debiti non portasse alla schiavitù, Dio in persona
interviene in difesa dei poveri indebitati, esigendo il condono
dei loro debiti ogni 7 anni. Dio interviene direttamente nelle
relazioni economiche e pone un limite per evitare l'impoverimento
e la perdita di libertà delle persone. Un'altra volta la
vita umana appare più importante delle leggi sui contratti
e i debiti. Nel v 3 c'è un problema: il debito si condona
al fratello del proprio popolo, ma non allo straniero. Qui non
si tratta dell'emigrante povero (in ebraico "ger"),
che vive in mezzo al popolo, bensì dello straniero ("nokri"),
probabilmente i commercianti di altri popoli, dai quali si deve
esigere il pagamento dei debiti e dei tributi.
Lo
scopo di questa legislazione deuteronomica è che non ci
siano poveri in mezzo al popolo, per questo si deve ascoltare
la Parola di Dio e porla in pratica. Il condono dei debiti ogni
7 anni non deve, d'altro canto, indurre a non prestare denaro
ai poveri, data la vicinanza del 7° anno. Questo porterebbe
maggiore povertà e ciò che vuole il legislatore
è giustamente evitarla. Il testo commentato è parte
del codice deuteronomico (Dt 12,26), ispirato alla teologia dell'Esodo
ed elaborato durante il regno di Giosia (intorno all'anno 625
a.C.), sotto l'influsso di profeti come Sofonia, per ispirare
un nuovo inizio della storia di liberazione nel popolo di Giuda.
d)
Ger 34,8-18
Quando
Babilonia era sul punto di distruggere Gerusalemme (588 a.C.),
il re Sedecia, per pressione di Geremia, proclama un anno sabbatico:
la libertà di tutti gli schiavi. Ma quando giunge la notizia
che l'esercito egiziano sta venendo in aiuto di Gerusalemme, allora
tutti tornano a riprendersi di nuovo gli schiavi già liberati.
Questo dimostra la mancanza di disponibilità nei dirigenti
di Israele di dare compimento all'anno sabbatico. Lo compiono
solo quando c'è un pericolo e quando il profeta annuncia
la caduta di Gerusalemme. Passato il pericolo, riprendono i loro
schiavi già liberati. Gerusalemme finirà per essere
distrutta e i dirigenti deportati a Babilonia, giustamente, per
non aver compiuto l'anno sabbatico.
e)
Is 61,1-2: dopo l'Esilio: restaurazione dell'anno sabbatico
"Lo
Spirito di Jahweh il Signore è sopra di me
perché Jahweh mi ha unto
e mi ha inviato:
per annunciare buone notizie ai poveri,
per sanare gli smarriti di cuore,
per proclamare ai carcerati la liberazione
ai prigionieri la libertà,
per proclamare l'anno di grazia di Jahweh
giorno di vendetta del nostro Dio
per consolare tutti coloro che piangono
"
Terminato
l'Esilio (anno 538 a.C.), i reduci vogliono ricostruire il Tempio,
Gerusalemme e le istituzioni del passato. Il profeta (chiamato
Terzo Isaia, che probabilmente si tratta di una comunità
di profeti) si oppone a questo progetto prioritario di ricostruzione
istituzionale e propone piuttosto una ricostruzione della vita
del popolo di Dio. Ciò che urge non è ricostruire
il Tempio e le sue istituzioni, ma proclamare e rendere pubblico
un anno sabbatico, "un anno di grazia di Jahweh, giorno di
vendetta del nostro Dio". Questo anno sabbatico, fedele alla
tradizione, non significava ricostruire edifici, ma "annunciare
buone notizie ai poveri", cioè sanare gli smarriti
di cuore e proclamare liberazione e libertà (ciò
che secondo la tradizione di Es e Dt implicava liberazione degli
schiavi, condono dei debiti, recupero delle terre). Il profeta
discerne che lo Spirito sta sopra di lui (e sopra la comunità
dei profeti), perciò stesso egli è unto per compiere
questa missione. Lo Spirito si rivela nella costruzione della
vita del popolo, che è l'obiettivo dell'anno sabbatico
che ora si proclama. Questa azione dello Spirito di dar vita al
popolo di Dio già era stata annunciata in pieno esilio
dal profeta Ezechiele (visione delle ossa secche: 37,1-14).
f)
Lv 25,1-55: l'anno sabbatico e l'anno del Giubileo nella trazione
sacerdotale
Questo
è un altro testo posteriore all'Esilio, forse contemporaneo
di Isaia 61. Diamo qui solo la struttura del testo (meglio sarebbe
leggerlo, specialmente i vv 8-13):
Gli
anni santi: vv 1-22
a)
vv 1-7: l'anno sabbatico: riposo della terra (identico a Es 23,
10-11)
b) vv 8-22: l'anno del Giubileo (l'anno 50):
"Dichiareranno santo il 50° anno,
e proclameranno la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti.
Sarà per voi un Giubileo: ciascuno riavrà la sua
proprietà
e ognuno tornerà alla sua famiglia" (v 10).
Conseguenze
della santità di questi anni: vv 23-55
a)
riscatto delle proprietà: vv 23-34
la terra: vv 23-28
la casa: vv 29-34
b) riscatto degli schiavi: vv35-55
l'anno
giubilare era l'anno culmine dopo sette anni sabbatici: 7x7 =
49.
L'anno seguente, l'anno 50, era Giubileo, chiamato così
poiché si suonava il Yobel, corno di ariete che serviva
da tromba. Questo anno era un anno di liberazione e di profonde
trasformazioni strutturali. Tre azioni principali si esigevano
in questo anno 50: riposo della terra, recupero delle terre e
dei beni alienati per i debiti e liberazione degli schiavi. La
liberazione degli schiavi era prima dell'esilio ogni sette anni,
ora ogni cinquant'anni. Questo è un regresso, per questo
si istituisce la funzione del Goel o liberatore, che avrebbe potuto
riscattare gli schiavi e i possedimenti prima dell'anno cinquanta.
In ogni caso la legislazione del levitico non annulla la tradizione
anteriore molto più radicale dell'anno sabbatico. Si potrebbe
pensare che il recupero delle terre e dei beni avvenisse in favore
dei rientrati dall'esilio, contro i poveri della terra che non
furono in esilio. Il modo di fare liberatore del testo e lo spirito
della tradizione anteriore ci fanno pensare che il Giubileo fosse
in favore dei poveri della terra che avevano perduto le terre
e i beni per i debiti non pagati.
Il
recupero della libertà e dei possedimenti si chiama riscatto:
se un fratello si impoverisce e vende la terre, la casa o la propria
vita, un "Goel" (riscattatore o liberatore) può
riscattare ciò che si è perso. Se non ha risorse,
deve aspettare l'anno giubilare e allora si avrà riscatto
senza Goel né denaro. Intenzione dell'anno sabbatico e
giubilare è ristabilire la vita e l'uguaglianza distrutte
da problemi di debiti o dall'ingiustizie. Queste leggi nn si trovano
presso gli altri popoli dell'epoca. Sono proprie di Israele. Gli
storici pensano che l'anno sabbatico e giubilare non fu mai attuato.
Fu piuttosto una rivendicazione profetica che una realtà.
In ogni caso, appartiene all'essenza della fede del popolo di
Dio. I testi rivelano che la terra, la vita e la libertà
sono di Dio; nessun essere umano può disporre di questi
beni a suo piacimento.
g)
Nem 5,1-13
Al
tempo di Neemia (anno 445 a.C.) c'è un clamore popolare
contro l'oppressione del popolo da parte dei suoi stessi fratelli
giudei. Neemia convoca un assemblea e riprende i nobili. Si decide
allora, per fare giustizia, una liberazione degli schiavi e un
perdono generale dei debiti. In questo consiste giustamente l'anno
del Giubileo, che ora non aspetta cinquant'anni, bensì
che si proclama quando lo esige il clamore dei poveri.
Riflessione
finale sulla tradizione del Giubileo nel A.T.
La
tradizione del giorno di sabato, dell'anno sabbatico, e dell'anno
giubilare, è una tradizione antica, che cerca di proteggere
la vita del clan dall'eccessivo sfruttamento, dalla concentrazione
della terra e dall'accumulo della ricchezza, e che pone un limite
preciso ad ogni schiavitù per debiti. La tradizione sabbatica
e giubilare esige una rottura storica che permette alla terra
e alle persone di recuperare la loro libertà. Nella teologia
di questa tradizione, la terra e le persone sono di Dio e nessuno
può appropriarsene in forma illimitata o ingiusta.
La
tradizione del Giubileo si oppone direttamente al modo di produzione
tributario, dominante nell'antichità. Nel sistema tributario,
la terra e la gente erano proprietà del Re. Le tribù
dovevano pagare alla casa del Re un triplice tributo: in alimenti,
in servi e in soldati. Al tempo dei giudici (1200-1030 a.C.) si
superò totalmente questo sistema tributario e si costruì
un nuovo modello di produzione senza re, senza casa del re (senza
burocrazia reale: ministri e sacerdoti) e senza esercito, il che
significò abolizione radicale del tributo. Al tempo della
monarchia, quando si giunse nuovamente al sistema tributario (con
Davide, Salomone e i successori), l'istituzione dell'anno sabbatico
fu quella che permise al popolo di resistere e mantenere la coscienza
critica di fronte al sistema monarchico tributario. Il Giubileo
mantiene viva l'utopia delle origini contro il sistema tributario,
ricostruito dalla monarchia davidica. I profeti pre-esilici lottarono
per mantenere viva la tradizione dell'anno sabbatico, ma senza
esito. La distruzione di Samaria, e posteriormente quella di Gerusalemme
e del tempio, sarà la conseguenza di queste disobbedienze
dei Re di Giuda e di Israele alla tradizione dell'anno sabbatico
e giubilare. Dopo l'esilio c'è una volontà profetica
di restaurare il popolo di Dio a partire da queste tradizioni
(come abbiamo visto in Is 61 e Nem 5).
La
parola "Giubileo" viene dal latino "iubilaeus",
che fu presa direttamente dall'ebraico "Yobel". Yobel
significa originariamente ariete, poi indicò il corno dell'ariete
usato come tromba per annunciare l'anno del Giubileo, e finalmente
significò schiettamente giubilo o Giubileo. Esprime l'allegria
della terra, degli schiavi e degli sfruttati in generale, quando
si suonava il corno e si annunciava un anno sabbatico o giubilare.
Questo tocco del corno era, certamente, una disgrazia per gli
oppressori del popolo, che "perdevano" i loro schiavi
e tutte le loro proprietà stappate al popolo che non poteva
pagare i tributi e i debiti.
Il
sabato, l'anno sabbatico e l'anno giubilare, esprime il potere
di Dio e la sua volontà liberatrice, che interviene nella
nostra storia, nel tempo e nello spazio, i favore dei poveri,
degli indebitati, degli schiavi, degli schiacciati e dei falliti
per le strutture della dominazione. Questa tradizione biblica
del Giubileo anticipa la proclamazione del Regno di Dio, che sarà
un asse centrale del N.T. Anno sabbatico, Giubileo, e Regno di
Dio appartengono alla medesima tradizione e teologia e sono un
riferimento basilare per l'interpretazione di tutta la Storia
della Salvezza.
B:
nel Nuovo Testamento
a)
Luca 4,18-19 (dove si cita Is 61,1-2)
Facciamo
una traduzione letterale e strutturale del testo di Luca:
"Lo
Spirito del Signore sta sopra di me
perché mi ha unto per evangelizzare i poveri,
mi ha inviato per proclamare ai prigionieri libertà
e ai ciechi il recupero della vista
per inviare gli oppressi in libertà
per proclamare un anno di grazia del Signore".
Lo
Spirito del Signore sta sopra Gesù, proprio perché
è stato unto e inviato per compiere una missione. I verbi
"mi ha unto" e "mi ha inviato" stanno in parallelo.
Lo Spirito e l'unzione sono in funzione dell'invio. La finalità
"per" dell'unzione e dell'invio si esprime in quattro
frasi che iniziano con l'infinito:" evangelizzare, proclamare,
inviare e proclamare". Ogni frase è un azione. La
prima ("evangelizzare i poveri") è un annuncio
generico. La seconda frase è una proclamazione di due azioni:
proclamare libertà ai prigionieri e recuperare la vista
ai ciechi. La terza frase è già in se stessa un
azione :" inviare gli oppressi in libertà". Per
la seconda volta appare la parola libertà. Si invia (traduzione
letterale) in libertà "gli oppressi". Questo
termine ("tethraumeno") significa falliti, frustrati,
deboli, oppressi. La quarta frase è ancora generale: proclamazione
del "anno di grazia del Signore", che è chiaramente
l'anno del Giubileo. In Isaia si aggiungeva "giorno di vendetta
del nostro Dio", frase che Gesù (o Luca) omette. Eco
di questa citazione la incontriamo in Mt.11,2-6 e Lc.7,18-23.
Gesù
è il messaggero, unto e inviato da Dio, portatore dello
Spirito, che annuncia la venuta del Regno nella ricostruzione
della vita del popolo oppresso. Gesù, continuando la tradizione
del Giubileo, identifica il Regno di Dio con la vita del popolo.
I gruppi nazionalisti e teocratici identificavano il Regno di
Dio con la restaurazione del Regno di Davide: restaurazione della
monarchia contro l'impero romano. I sacerdoti lo identificavano
con la restaurazione del Tempio di Gerusalemme. I farisei lo identificavano
con la santità del popolo che si otteneva mediante il pieno
compimento della legge. Gesù rifiuta tutto ciò e
identifica il Regno di Dio con la vita del popolo. Gesù,
nella tradizione dell'anno sabbatico e giubilare, proclama l'inizio
della sua missione, un anno di grazia, un Giubileo straordinario.
Il Regno di Dio inizia con l'annuncio del Giubileo. Unisce cosi
Regno di Dio e Giubileo.
b)
Mt 6,9-15: il Padre nostro: la preghiera del Giubileo
Traduzione
schematica. Poniamo qui la traduzione biblica letterale. Nella
versione liturgica cattolica attuale si cambia "debiti"
con "offese" e "debitori" con "quelli
che ci offendono":
Padre
nostro che stai nei cieli
il tuo nome: che sia santificato (contro l'idolatria)
il tuo Regno: che venga a noi (per la vita)
la tua volontà: che si compia (contro la dominazione)
dà
a noi oggi il nostro pane di ogni giorno
perdona i nostri debiti,
dato che noi abbiamo già perdonato ai nostri debitori
non lasciarci cadere nella tentazione
liberaci dal male.
Nella
preghiera liturgica si aggiunge: Amen (accordo di tutta l'assemblea)
In
sintesi abbiamo sette elementi:
Gli
interessi di Dio: il suo Nome, il suo Regno e la sua volontà
Gli interessi della comunità: il nostro pane, i nostri
debiti
Le minacce: la tentazione e il male.
La
comunità che recita la preghiera del Padre nostro è
una comunità povera, che necessita del pane di ogni giorno
e che è oppressa dai debiti, però è una comunità
solidale con gli altri poveri debitori verso di lei. Nella Galilea
del tempo di Gesù, tutti stavano oppressi dai debiti economici.
Le imposte a Roma, al re Erode e al tempio di Gerusalemme erano
impagabili. Molti perdevano la loro casa, la loro terra e persino
la libertà, a causa dei debiti. Il perdono dei debiti era
pertanto una realtà significativamente liberatrice nella
comunità contadina della Galilea. La richiesta del perdono
dai debiti appartiene alla tradizione dell'anno sabbatico e del
Giubileo. Per questo il Padre nostro è per eccellenza l'orazione
del Giubileo.
La
preghiera del Padre nostro usa la medesima terminologia e teologia
della parabola del servo senza pietà (Mt 18,23-35). In
questa parabola abbiamo un re che perdonò diecimila talenti
ad un servo, ma questo, ciò nonostante, non perdonò
a un altro servo la miserabile somma di cento denari. Questa parabola
si trova nel discorso di Matteo sulla Chiesa. Alla luce di questa
parabola ecclesiologica, e alla luce di tutta la tradizione sabbatica
e giubilare, dobbiamo interpretare la richiesta del Padre nostro
"perdona i nostri debiti" come una petizione a Dio perché
proclami un anno sabbatico, anno nel quale si perdonino tutti
i debiti. I debiti che qui si chiede che si perdonino non sono
debiti con Dio (i peccati) ma debiti che la comunità ha
verso altre persone. Si tratta di debiti economici reali. Quella
che prega è una comunità oppressa dai suoi debiti
(come anche oppressa dalla mancanza di pane, dalle tentazioni
e dal male in generale). Quello che sta chiedendo è il
perdono dei debiti, non dei peccati. La seconda parte della medesima
frase:" già che noi abbiamo perdonato ai nostri debitori
" (traduzione letterale del verbo aoristo in greco che indica
un azione passata) esprime la storia anteriore della comunità,
che ha già compiuto l'esigenza dell'anno sabbatico di perdonare
i debiti che aveva con gli altri. La comunità può
chiedere a Dio che proclami un anno sabbatico, poiché ha
già compiuto le esigenze dell'anno sabbatico di perdonare
i debiti. Nella traduzione corrente:" perdona i nostri debiti
come noi perdoniamo ai nostri debitori", si starebbe dicendo
che noi siamo il modello di come dovrebbe comportarsi Dio, il
che è assurdo. Nella traduzione che abbiamo dato, colui
che prega non si propone come modello, ma manifesta semplicemente
la sua condotta anteriore di aver già dato compimento alle
esigenze dell'anno sabbatico. Potremmo parafrasare il testo così
:"dato che già abbiamo dato compimento all'anno sabbatico
e abbiamo perdonato i debiti che gli altri avevano con noi, proclama
ora un anno sabbatico perché si perdonino i nostri debiti,
quelli che abbiamo con altre persone". La richiesta a Dio
che proclami un anno sabbatico perché si perdonino i nostri
debiti, corrisponde alla richiesta anteriore :" sia fatta
la tua volontà così in terra come in cielo ".
La volontà di Dio già si manifestò nell'esigenza
dell'anno sabbatico, ora chiediamo che questa volontà già
rivelata da Dio, si compia sulla terra. Nel parallelismo antitetico
con la parabola del servo senza pietà, potremmo dire che
colui che prega il Padre nostro è il servo buono che deve
diecimila talenti al re e lo supplica che gli venga perdonato
il debito dato che lui a già perdonato all'altro servo
che gli doveva la miserabile somma di cento denari. Come già
lui perdonò al suo fratello, il re perdoni ora a lui il
suo debito.
I liturgisti interpretarono male il Padre nostro e lo tradussero
in modo diverso dall'originale greco, non comprendendo la tradizione
dell'anno sabbatico sulla liberazione della terra (debito ecologico),
sulla liberazione degli schiavi (debito sociale) e sul perdono
dei debiti (debito economico), come appare chiaramente nei testi
di Es 23,1-11; Es 21,1-11 e Dt 15,1-3 che abbiamo già commentato.
Nel
vangelo di Luca la preghiera del Padre nostro è diversa.
Il versetto in questione dice letteralmente:" perdona i nostri
peccati, come noi perdoniamo tutti coloro che ci sono debitori
" (Lc 11,4). Se lo confrontiamo con il testo di Matteo, notiamo
tre differenze: nella prima parte della frase Luca mette "peccati"
(hamartias) dove Matteo mette "debiti" (ofeilémata).
Oltre ad un cambio di parola, c'è un cambio di relazione:
il peccato è un offesa a Dio, mentre il debito lo è
ad un altro essere umano. In terzo luogo, il verbo "noi perdoniamo"
sta al presente in Luca, mentre in Matteo è all'aoristo
"noi abbiamo già perdonato". Nei due testi, in
ogni caso, nella seconda parte della frase si tratta di debiti
e si usa la medesima radice: Matteo utilizza il sostantivo al
plurale: "deudores" (ofeiletais) e Luca il participio
singolare: "quelli che ci devono" (ofeilonti). In Matteo
colui che prega è una persona oppressa dai debiti, in Luca
è una persona oppressa dai suoi peccati. Ciò che
è curioso è che in ambo i casi colui che prega fa
costatare che egli ha già perdonato (Matteo) o perdona
(Luca) i debiti che ha con gli altri esseri umani. Si tratta di
debiti economici reali. Ci sarà realmente una differenza
sostanziale tra le due versioni del Padre nostro? Se le interpretiamo
alla luce della tradizione dell'anno sabbatico, credo che la differenza
sia solo di sfumatura. L'orante angosciato dai debiti in Matteo
non differisce molto dall'orante angosciato dai peccati in Luca.
La seconda parte della frase in Luca "come noi perdoniamo
a tutti quelli che ci sono debitori" ci spinge a non spiritualizzare
la prima parte della frase: "perdona i nostri peccati":
Il peccato in Luca potrebbe bene essere il non accettare la tradizione
dell'anno sabbatico e del regno di Dio, quello che oggi chiamiamo
"peccato sociale". L'orante in Luca starebbe chiedendo
a Dio che lo liberi da questo peccato, posto che è disposto
a perdonare i peccati degli altri.
c)
Atti degli Apostoli
Pentecoste:
il giorno 50 dopo la Resurrezione (2,1-41)
Il
giorno 50 (numero del Giubileo nella tradizione biblica) lo Spirito
irrompe nella comunità apostolica. L'uragano e il fuoco
sono segni della presenza trasformatrice dello Spirito. Le persone
che ascoltano gli apostoli, "venute da tutte le nazioni che
sono sotto il cielo" intendono l'annuncio della Parola di
Dio ciascuno nella sua propria lingua e cultura. Pietro interpreta
i fatti di pentecoste con il testo di Gioele 3,1-5: "succederà
negli ultimi giorni
" . Pentecoste è l'ultimo
giorno: l'ultimo giorno della settimana, dell'anno sabbatico (l'ultimo
dopo sei anni), dell'anno giubilare (l'ultimo dopo 49 anni), ma
anche l'ultimo giorno, il giorno escatologico, il giorno dello
Spirito, giorno di conversione e liberazione. In questo giorno
lo Spirito si effonde su ogni carne, i figli e le figlie profetizzano,
i giovani hanno visioni e gli anziani sogni. Lo Spirito si effonde
sugli schiavi e sulle schiave (vv. 17-21). E' il "grande
giorno del Signore" (v.20), cioè, il giorno del Giubileo.
Terminato il discorso di Pietro emerge la domanda sperata: "cosa
dobbiamo fare fratelli?". La risposta di Pietro è:
"convertitevi e ciascuno si faccia battezzare nel nome di
Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati (perdono
dei debiti), e riceverete lo Spirito Santo" (vv.37-38). Poi
aggiunge che la promessa dello Spirito è universale:"
per voi e per i vostri figli, e per tutti quelli che sono lontani,
per quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro" (v.39).
Tutto il testo riflette la tradizione profetica e liberatrice
dell'anno sabbatico e dell'anno giubilare.
La
comunità cristiana in Gerusalemme vive le esigenze di questo
Giubileo dello Spirito:
(2,42-47, specificato in 4,32-35 e 5,12-16).
Possiamo
sintetizzare la vita della comunità cristiana nei seguenti
punti:
1.
erano assidui all'insegnamento degli apostoli (è la "didaché")
2. erano assidui alla comunione (è la "koinonia")
questa koinonia ha un aspetto soggettivo:
"avevano un cuor solo e un anima sola"
e un aspetto oggettivo, che possiamo riassumere così:
ciascuno dava secondo le sue possibilità
ciascuno riceveva secondo le sue necessità
non c'erano poveri tra loro (conseguenza delle due opzioni precedenti.
Risponde a ciò che chiede il testo giubilare di Dt 15,1-18)
3. frazione del pane e preghiera nelle case (è chiaramente
l'Eucaristia)
4. compivano molti prodigi e segni (pratica spirituale potente
e liberatrice).
Rinnovo
della Pentecoste: nella comunità cristiana, riunita in
Gerusalemme nel mezzo della persecuzione (At 4,23-31) e nella
casa del centurione Cornelio in Cesarea, per aprire il cammino
della missione ai gentili e provocare la conversione di Pietro
e della Chiesa (10,44-48 e 11,1-18).
II.
La Carta apostolica Tertio Millenio Adveniente
Il
papa Giovanni Paolo II pubblicò nel 1999 una carta apostolica
intitolata "Tertio Millennio Adveniente" (TMA), come
preparazione del Giubileo dell'anno 2000. Ai numeri 9-16 si fa
un riassunto della tradizione del Giubileo nella bibbia. Il Giubileo
era "un tempo dedicato in modo particolare a Dio", nel
quale si lasciava riposare la terra, si liberavano gli schiavi,
si perdonavano i debiti; era "la emancipazione di tutti gli
abitanti che necessitavano di liberazione" (n° 12). "La
giustizia secondo la legge di Israele, consisteva soprattutto
nella difesa dei deboli". "L'anno giubilare doveva così
servire al ristabilimento di questa giustizia sociale. In oltre,
nella tradizione dell'anno giubilare trova una delle sue radici
la dottrina sociale della Chiesa" (n°13). E' interessante
questa relazione che il papa individua tra la teologia del Giubileo
e la dottrina sociale della Chiesa. Nella pratica di questa dottrina
la Chiesa vive permanentemente lo spirito del Giubileo.
Preparazione
del Giubileo dell'anno 2000
(1)
Il Concilio Vaticano II: " il Concilio Vaticano II costituisce
un avvenimento provvidenziale, grazie al quale la Chiesa a iniziato
la preparazione prossima del Giubileo del secondo millennio"
(N°18).
"In effetti, la miglior preparazione alla scadenza bimillenaria
deve manifestarsi nel rinnovato impegno della prassi, il più
fedele possibile, agli insegnamenti del Vaticano II alla vita
di ciascuno e di tutta la Chiesa. Con il Vaticano II si è
inaugurato nel senso più ampio del termine, l'immediata
preparazione del grande Giubileo del 2000" (N°20).
(2)
La Nuova Evangelizzazione: Della preparazione del Giubileo fanno
parte anche tutti i Sinodi, tanto generali, come continentali,
regionali, nazionali e diocesani, nei quali il tema di fondo è
stato "la nuova evangelizzazione, le qui basi furono gettate
dalla Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi di Paolo IV,
pubblicata nel 1975" (N°21). Questo documento ha orientato
tutto lo sforzo evangelizzatore della Chiesa in questa fine di
secolo e ci ha preparato così per il Giubileo.
(3)
Riconoscimento del peccato nella Chiesa: "è giusto
che, mentre giunge al termine il secondo millennio cristiano,
la Chiesa assuma con una coscienza più viva il peccato
di tutti i suoi figli, ricordando tutte le circostanze nelle quali,
nel corso della storia, si sono allontanati dallo spirito di Cristo
e dal suo vangelo, offrendo al mondo, invece della testimonianza
di una vita ispirata ai valori della fede, lo spettacolo di modi
di pensare e di agire che erano vere forme di anti-testimonianza
e di scandalo" (N°33). Si menzionano specialmente i peccati
contro l'unità della Chiesa in tutto questo millennio (N°34),
i peccati di intolleranza e persino di violenza nel servizio alla
verità (N°35), i peccati contro i diritti umani e per
corresponsabilità dei cristiano in gravi forme di ingiustizia
ed emarginazione sociale (N°36).
(4)
Mantenere viva la memoria dei martiri: "al termine del secondo
millennio la Chiesa è tornata nuovamente ad essere Chiesa
di martiri. Le persecuzioni dei credenti - sacerdoti, religiosi
e laici - hanno portato ad una grande semina di martiri in varie
parti del mondo
è una testimonianza da non dimenticare
nel nostro secolo sono tornati i martiri
nella misura del
possibile non devono perdersi nella Chiesa le loro testimonianze
è necessario che le chiese locali facciano tutto il possibile
per non perdere il ricordo di coloro che hanno sofferto il martirio,
raccogliendo per questo la documentazione necessaria" (N°37).
I
quattro punti che propone Giovanni Paolo II come preparazione
del Giubileo sono straordinariamente azzeccati: Vaticano II, Nuova
Evangelizzazione, Riconoscimento del peccato nella Chiesa e i
Martiri. Oggi giorno nella Chiesa, tanto nella sua istituzione
(curia centrale e apparato istituzionale), come nei movimenti
ecclesiali più dominanti e trionfanti, la macro tendenza
è chiaramente contraria a queste quattro proposte del papa:
il Concilio Vaticano II sta dimenticato e tradito, stessa cosa
possiamo dire dell'Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi
di Paolo VI, nessuno si arrischia ad affrontare con spirito storico
o critico i peccati della Chiesa e dei cristiani in questo secondo
millennio, i martiri sui quali tanto insiste il papa, gridano
in forma chiaroveggente qual è il progetto di Dio per la
Chiesa del ventunesimo secolo. Perché questa indifferenza
di fronte alla Carta Apostolica Tertio Millennio Adveniente?
Preparazione
immediata del Giubileo dell'anno 2000 secondo la TMA
Lo
jobel si tocca tre volte: nell'anno 97, 98 e 99. In ciascuno dei
tre anni la Tertio Millenio Adveniente propone una rottura, per
riscattare una forza specifica che ci permetta di ricostruire
il progetto di Dio per la società e la Chiesa.
1997:
anno dedicato a Gesù Cristo (TMA n° 40-43)
Testo
di riferimento: il vangelo di Marco.
Il cammino proposto: la Parola di Dio (LOGOS)
" Per conoscere la vera identità di Cristo è
necessario che i Cristiani, soprattutto durante quest'anno, si
riferiscano con rinnovato interesse alla Sacra Scrittura, nella
liturgia tanto piena del linguaggio di Dio, nella lettura spirituale,
oppure con altre istituzioni o con altri mezzi che allo stesso
scopo si organizzano oggi da tutte le parti" (n°40)
1998:
anno dedicato allo Spirito Santo (TMA n° 44-48)
Testo
di riferimento: vangelo di Luca e Atti degli Apostoli
Cammino proposto: la vita nello Spirito (PNEUMA)
La spiritualità e l'evangelizzazione
La presenza e azione dello Spirito nei carismi e nei ministeri
La dimensione escatologica e i segni di speranza
1999:
anno dedicato al Padre (TMA n°49-54)
Testo
di riferimento: il quarto vangelo e le lettere di Giovanni
Cammino proposto: Dio Padre - Dio amore (AGAPE)
La miglior traduzione di Agape è oggi Solidarietà
"l'opzione preferenziale della Chiesa per i poveri e gli
emarginati" (n°51)
"i cristiani dovranno farsi voce di tutti i poveri del mondo,
proponendo il Giubileo come un tempo opportuno per pensare tra
le altre cose ad una notevole riduzione, se non ad un totale condono,
del debito internazionale, che grava sul destino di molte nazioni"
(n°51)
"la vigilia del 2000 sarà una grande occasione
per il dialogo interreligioso
in questo dialogo dovranno
avere un luogo preminente gli ebrei e i mussulmani" (n°53)
I
tre cammini proposti dal papa nella Tertio Millenio Adveniente
per orientarci al Giubileo del 2000 sono esattamente le tre dimensioni
della vita del popolo di Dio, che oggi sta rinnovando tutta la
Chiesa: la Parola di Dio, la Spiritualità e la Solidarietà.
Questa vita della Chiesa è il vissuto, nel cuore della
comunità ecclesiale, della vita stessa del Dio Uno e Trino,
che è Logos (Parola), Pneuma (Spirito) e Agape (Solidarietà).
Il movimento biblico seguendo la costituzione Dei Verbum del Vaticano
II, ha oggi uno sviluppo sovrabbondante nella Chiesa, specialmente
nelle Comunità Ecclesiali di Base e nei movimenti simili.
La spiritualità, come vita nello Spirito, si sviluppa giustamente
li dove lo Spirito è stato negato nel passato: nel corpo,
nei poveri, nelle culture e razze disprezzate, nei giovani e nei
bambini, nelle donne. La forza dello Spirito si spiega bene anche
nei carismi e ministeri del Popolo di Dio. I portatori privilegiati
dello Spirito sono i martiri, i Santi, i teologi, i fondatori,
i riformatori, tutti quelli che annunciano buone notizie ai poveri
e annunciano un anno di grazia di Jahweh (Is 61,1-2 e Lc 4,18-19).
III
- La celebrazione del Giubileo da una prospettiva liberatrice
A
- Ritornando alla radice biblica del Giubileo
Necessità
di una rottura storica
Ogni
settimana: il sabato,
ogni sette anni: l'anno sabbatico,
ogni cinquant'anni: l'anno giubilare,
ogni mille anni
e ogni volta che è necessario:
- per ascoltare il grido degli oppressi e rompere le catene,
- per proclamare liberazione e iniziare di nuovo,
- per pensare e riflettere,
- per ricordare il progetto di Dio,
- per costruire la coscienza critica,
- per pensare al futuro, per costruire alternative,
- per ricostruire la speranza e l'utopia.
Ci
sono due modi di pensare il tempo:
- il tempo ufficiale: giorni, settimane, mesi e anni. Sono scritti
nel calendario stabilito.
- il tempo giubilare: il tempo della liberazione della terra,
del povero, dello schiavo. Non lo si trova nel calendario, ma
quando si ascolta il grido e il clamore, quando suona lo yobel,
quando il povero ci viene incontro. Il tempo giubilare è
quotidiano, in ogni momento. Lo spirito del Giubileo deve essere
vissuto tutti i giorni. Il ciclo giubilare ufficiale di sabati,
anno sabbatico e anno giubilare è il riconoscimento e la
garanzia pubblica del tempo esigito dal grido della terra e del
povero.
Gli
elementi fondamentali del progetto di Dio:
- il carattere assoluto e sacro della terra e della vita umana:
appartiene a Dio
- il destino universale della terra e dei beni materiali: sono
di tutti e tutte
- supremazia del bene comune sugli interessi individuali
- la vita della terra e della comunità sta al disopra della
legge
la legge sta al sevizio della comunità e non la comunità
al servizio della legge
la vita della comunità è sacra, le leggi sono per
assicurare questa vita
- articolare Shabat con Shalom (riposo con pace, liberazione e
riconciliazione, giustizia e vita)
Necessita
oggi giorno un messaggero, un liberatore, un goel, che annunci
la necessità di liberare la terra e le persone e che realizzi
questa liberazione nella storia, secondo il tempo giubilare di
Dio. Discernere oggi sopra chi sta lo Spirito di Dio, chi è
l'unto e l'inviato, per proclamare oggi la buona novella ai poveri
per sanare gli smarriti di cuore per proclamare liberazione e
libertà, un anno di grazia da parte di Dio, alla maniera
di Isaia e Gesù.
B
- Carattere e novità della tradizione del Giubileo
La
tradizione del Giubileo non ha tanto che vedere con la definizione
o spiegazione di un progetto, bensì con la forza che si
ha per poterlo realizzare. Già siamo chiari sul progetto
di società e di Chiesa che vogliamo. Ciò che manca
è la forza e la volontà per realizzarlo. Ci manca
di toccare lo "yobel" il corno, che convoca tutte le
forze per realizzare il progetto di Dio. Non basta pensare o scrivere,
è urgente convocare e mobilitare in funzione del Giubileo.
Il Giubileo più che una teologia è un grido: un
grido di "soccorso". Un "ora basta". Un "mai
più". E' la teologia soggiacente ad alcuni rapporti
ultimi sulla violenza in alcuni paesi, per esempio il rapporto
"Guatemala Nunca Mas", pubblicato dall'ufficio dei diritti
umani dell'Arcivescovado del Guatemala. Il sottotitolo è
importante: "rapporto progetto interdiocesano di recupero
della memoria storica". In questi rapporti traspare lo spirito
del Giubileo. Il Giubileo è una teologia scritta più
dai martiri che dai teologi. Mons. Juan José Gerardi ratificò
con il suo martirio, tre giorni dopo dalla pubblicazione, il rapporto
della Chiesa del Guatemala. Il Giubileo è una teologia
con energia, con spirito, con forza, con potere. Non è
una teologia per essere letta, bensì annunciata, proclamata,
gridata a gran voce.
Il
manifesto del Foro Internazionale delle Alternative ha questo
stile dei testi del Giubileo. Dicono cosi alcuni dei suoi titoli:
E'
tempo di ripristinare il corso della storia
E' tempo di porre l'economia a servizio dei popoli
E' tempo di abbattere il muro tra Nord e Sud
E' tempo di affrontare la crisi della civiltà
E' tempo di rifiutare il potere del denaro
E' tempo di mondializzare le lotte sociali
E' tempo di risvegliare le speranze dei popoli
E' giunto il tempo delle convergenze
Il tempo dell'azione è già iniziato
Cosi
il profeta Isaia annuncerebbe oggi il tempo del Giubileo. Chi
parla in questo modo può dire in tutta verità: "lo
Spirito del Signore sta sopra di me, per questo mi ha inviato
ad annunciare una lieta notizia ai poveri".
C
- Urgenza e necessità di proclamare un anno sabbatico o
Giubileo
Ogni
giorno cresce il numero di persone e istituzioni, che con serietà
e responsabilità, avvertono i pericoli e le tendenze mortali
del sistema attuale di economia del libero mercato. Organismi
internazionali, Chiese e Università pubblicano rapporti
spaventosi sugli effetti dell'attuale modello di sviluppo. Già
nel 1992 il PNUD (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo)
pubblicava il suo rapporto sullo Sviluppo Umano, dove richiamava
l'attenzione al fatto che il 20% più ricco dell'umanità
concentrava l'82,7% delle entrate totali del mondo e consumava
circa il 70% delle risorse naturali di tutta la terra. Se un altro
20% dell'umanità consumasse quello che consuma questo 20%
più ricco, la terra scoppierebbe in poco tempo. C'è
consenso, tra coloro che ancora hanno coscienza umana e cristiana,
su due mancanze strutturali del sistema attuale: l'esclusione
e la distruzione della natura. E' chiaro che il modello attuale
di sviluppo non è per tutti. Alcuni lo denunciano con orrore
e altri lo costatano con cinismo. Un 60% dell'umanità sarebbe
destinata irreversibilmente all'esclusione. Dallo sfruttamento
siamo passati all'esclusione, e facilmente passeremo presto alla
liquidazione, poiché gli esclusi sono considerati esuberi
e ripudiati. E' pure chiara la contraddizione tra il modello attuale
di sviluppo e la natura. Il grido dei poveri si unisce al grido
della terra.
Non
dobbiamo in questo articolo continuare ad analizzare e denunciare
la situazione attuale. Esiste una letteratura immensa e terrificante
su questo tema. Ciò che dobbiamo fare ora è di ascoltare
il grido dei poveri e il grido della terra per la vita. Urge ascoltare
questo clamore degli esclusi, che è un clamore "chiaro,
crescente, impetuoso e, all'occasione, minacciante" (cfr.
Puebla 87-90). E' questo grido e clamore che rende necessario
e urgente proclamare un Giubileo per l'anno 2000. Un Giubileo
mondiale che vada contro l'efficienza e l'accelerazione del sistema
che significa una rottura storia e reale che interrompa il "progresso"
e lo "sviluppo" che ci viene offerto. Si tratta giustamente
di questo: "sei giorni lavorerai, ma il settimo riposerai;
riposerai nel tempo della semina e del raccolto". Il riposo
sabbatico crea un tempo nuovo, che rende possibile una nuova coscienza,
una nuova razionalità, un nuovo modo di sentire, pensare
e valutare, per generare una resistenza etica e spirituale, dove
la vita umana e del cosmo sia considerata definitivamente come
un assoluto, al di sopra di tutte le leggi e le istituzioni. Il
Giubileo deve essere un appello a questa rottura e resistenza,
per ri-orientare la storia verso una società dove ci stiano
tutti e tutte. La Chiesa, specialmente deve riprendere con forza
l'universalismo umano e cosmico, dove tutti gli esseri umani siano
riconosciuti come figli e figlie di Dio, con diritto a una vita
piena e felice, in armonia con la creazione. Dobbiamo proclamare
un'altra volta i grido di San Ireneo di Lione che verso la fine
del secondo secolo sintetizzava fedelmente tutta la tradizione
cristiana quando diceva: "Gloria Dei vivens homo, Gloria
autem hominis visio Dei" (la Gloria di Dio è l'uomo
vivente e la gloria dell'uomo è la visione di Dio).
Dobbiamo
rileggere i testi biblici che abbiamo commentato sopra e interpretarli
in funzione di questo Giubileo dell'anno 2000. Che significa oggi
il riposo della terra, la liberazione degli schiavi e il perdono
di tutti i debiti? Nella Chiesa stessa dobbiamo riprendere i quattro
compiti proposti dal papa nella Tertio Millenio Adveniente: rivivere
il Concilio Vaticano II e la Nuova Evangelizzazione (secondo la
Evangeli Nuntiandi), riconoscere criticamente il peccato della
Chiesa e mantenere viva la memoria dei martiri. C'è molto
da fare, manca solo di iniziare. E' una lotta da formiche contro
i dinosauri, ma il futuro è già stato deciso in
favore delle formiche. Tutto ciò che facciamo per ricostruire
la speranza e la vita è importante, poiché vale
più accendere una luce che maledire le tenebre.
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