Ora è tempo di proclamare un Giubileo
Giubileo e Liberazione dai poveri dell'America Latina

Pablo Richard



Per Mons. Juan José Gerardi Conedera
Vescovo del Guatemala,
Martire della memoria storica e dell'utopia del suo popolo


Introduzione

Questo articolo è composto da tre parti. La prima cerca di ricostruire il più fedelmente possibile la tradizione del Giubileo nella Bibbia, nell'Antico e nel Nuovo Testamento. Abbiamo letto i testi più importanti sul Giubileo, con lo spirito con il quale furono scritti, vale a dire, dai poveri e con una prospettiva liberatrice. La seconda parte è un riassunto interpretativo della Lettera Apostolica Tertio Millennio Adveniente di Giovanni Paolo II sulla preparazione del Giubileo dell'anno 2000. Ne ricaviamo l'orientazione positiva che il Papa attribuisce a questo tempo di preparazione. Finalmente, facciamo una riflessione teologica sul senso del Giubileo nella situazione attuale del Terzo Mondo.

I - La tradizione del Giubileo nella Bibbia
(Testi chiave, presentati per tema ed in ordine cronologico)

A. Antico Testamento

1. Sul Sabato

a) Es 34,21: ordine di osservare il sabato:

"Sei giorni lavorerai, ma nel settimo riposerai;
riposerai in tempo di semina e di raccolto"

E' la formulazione più antica (inizi della monarchia, secoli X o IX a.C.). Si ordina di riposare il sabato precisamente nei periodi di maggior lavoro nel campo: la semina ed il raccolto. Il sabato è una interruzione reale del lavoro. Dio può ordinare questo riposo, poiché la terra gli appartiene.

b) Es 23,12 : si aggiunge una motivazione sociale:

"Sei giorni farai il tuo lavoro, ed il settimo riposerai,
perché si riposino il tuo bue ed il tuo asino,
ed abbia a riprendere fiato il figlio della tua serva ed il forestiero".

Questa rilettura del testo anteriore è possibilmente del secolo VIII, quando si da una forte corrente profetica in favore del povero. Si rivolge a qualcuno che possiede bue ed asino, e pure schiavi per il lavoro. La legge del sabato cerca di porre un freno all'accumulo illimitato dei mezzi di produzione.


c) Es 20,8-11: il quarto comandamento del Decalogo

"Ricorda il giorno di sabato per santificarlo.
Sei giorni lavorerai e farai tutti i tuoi lavori,
ma il settimo giorno è il giorno di riposo per Jahweh, tuo Dio.
Non farai nessun lavoro, ne tu ne tuo figlio, ne tua figlia,
ne il tuo servo, ne la tua serva, ne il tuo bestiame,
ne il forestiero che abita nella tua città.
Poiché in sei giorni Jahweh ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto quanto contiene, e il settimo riposo; per questo Jahweh benedisse il giorno di sabato e lo consacrò".

Qui il riposo è santo, non perché si fa in esso qualcosa di rituale o di sacro, ma semplicemente perché non si fa niente. L'ordine riguarda ora tutta la famiglia patriarcale, che include figli, bestiame, schiavi, e migranti compresi. La motivazione qui è la teologia della creazione e del riposo di Jahweh. L'essere umano partecipa del riposo di Jahweh, poiché creato a immagine di Dio, deve assumere la sua responsabilità nella continuazione dell'opera della creazione. Dio riposa perché ha lavorato, l'essere umano pure deve riposare perché sta lavorando come Dio lavorò.

d) Dt 5,12-15: abbiamo qui una rilettura deuteronomista dello stesso decalogo. E' uguale al testo anteriore, ma aggiunge una nuova motivazione:

" Santificherai il giorno di sabato… perché possano riposare come te, il tuo servo e la tua serva. Ricorda che fosti schiavo nel paese d'Egitto e che Jahweh tuo Dio ti liberò da li con mano forte e braccio teso; per questo Jahweh tuo Dio ti ha comandato di santificare il giorno di sabato".

Qui si insiste sul riposo degli schiavi e delle schiave, che devono riposare come riposa il capo della casa e tutta la sua famiglia. La motivazione ora non è quella della teologia della creazione ma dell'Esodo.

I due testi citati sul sabato ( Es 20 e Dt 5) sono inclusi nel Decalogo. Questa breve codificazione cerca di riassumere l'aspetto più importante di tutta la legislazione anteriore: sono le dieci cose più importanti per essere fedeli a Jahweh.

e) Gn 2,1-3: l'esigenza del Sabato diventa specialmente importante durante l'esilio, quando gli israeliti rivendicavano un giorno libero per poter ricostruire la coscienza e la fede degli esiliati, abbruttiti dal lavoro coatto. Il sabato era importante per ricostruirsi come persona e poter ricostruire l'identità del Popolo di Dio. Durante l'esilio viene scritto il racconto sacerdotale della creazione ( Gn 1,1-2,4a), dove si evidenzia il riposo di Jahweh, per legittimare il riposo degli schiavi ebrei in esilio. Era il riposo del sabato che permetteva di lavorare in modo umano come Jahweh. Il sabato ha pertanto un significato al tempo stesso liberatore, sociale e religioso.

f) Tradizione sacerdotale: Es 31,13-18 / 35,1-3 / Lv 23,3

Dopo l'esilio il sabato si trasformò poco a poco in una imposizione legalista e oppressiva.
I sacerdoti trasformarono il significato liberatore del sabato e lo usarono come potere sacro. In assenza della monarchia sono loro ora che assumono il potere. Il sabato ora non è più considerato santo come riposo, con tutto il suo significato teologico, sociale e liberatore, ma è santo per le azioni cultuali compiute nel tempio e nelle case. Si proibisce di lavorare per poter celebrare il culto, giungendo per fino ad imporre il sabato con la pena di morte. Contro questa perversione della tradizione del sabato reagisce Gesù: "il sabato è stato istituito per l'uomo e non l'uomo per il sabato" (Mc 2,23-28, cfr. Mt 12,1-8 / Lc 6,1-5).

2: Sull'anno sabbatico e l'anno del Giubileo

a) Es 23, 10-11: riposo della terra:

"Sei anni seminerai la tua terra e raccoglierai il suo prodotto;
al settimo la lascerai riposare e non la coltiverai,
perché ne mangino i poveri del tuo popolo,
e quello che resta lo mangino gli animali del campo.
Farai lo stesso con la tua vigna ed il tuo oliveto".

E' il testo più antico sull'anno sabbatico. La terra è la prima ad usufruire del privilegio divino del riposo (eguale a Es 34,21 sul riposo della terra in giorno di sabato). Il verbo "lasciar riposare" letteralmente significa qui "lasciar libera". L'essere umano ha il diritto di lavorare la terra e raccogliere il suo prodotto, ma Dio difende anche il diritto della terra al suo riposo e alla libertà. I primi beneficiari di questa liberazione della terra sono i "poveri del tuo popolo" (gli hanawim). I secondi beneficiari sono gli animali del campo. Il riferimento alla vigna e all'oliveto, ha una sua intenzione profetica, poiché queste due colture erano esclusive dei più ricchi. Anche a questa attività agricola di "alta produttività e tecnologia", Dio impone un limite, per difendere gli interessi della terra e dei poveri.

In Lv 25,1-7 abbiamo una rilettura sacerdotale post-esilica di Es 23,19-11. L'anno sabbatico della terra è ripensato come un sabato santo in onore di Jahweh.

b) Es 21,1-11: liberazione di schiavi e schiave, che hanno perso la loro libertà per non aver pagato i loro debiti:

"Quando compri uno schiavo ebreo, servirà sei anni,
ed il settimo sarà libero senza pagare il riscatto" (v. 2)

Lo schiavo resta libero al 7° anno, quando compie 6 anni di schiavitù, anche se non è necessariamente l'anno sabbatico ufficiale. Lo schiavo non poteva aspettare. Il tempo della liberazione (che è il tempo di Jahweh) non segue il calendario ufficiale. Gli schiavi dei quali si parla in questo testo, erano quelli che avevano perduto la libertà a causa dei debiti. Non c'è in Israele un mercato (compra-vendita) degli schiavi. La liberazione degli schiavi al settimo anno era un'esigenza senza la necessità del saldo dei debiti che potevano restare non pagati. La vita umana si afferma al di sopra di ogni legge di contratti o debiti. Qualunque fosse il debito, nessuno poteva essere reso schiavo più di 6 anni. Era un limite non negoziabile allo sfruttamento.

I due testi citati appartengono al codice dell'Alleanza (Es 21,23), redatto possibilmente nel secolo 8°, che fu un secolo segnato dalla predicazione profetica in favore dei poveri, inclusa la "povera terra" pure sfruttata. Il testo sul riposo della terra forse è più antico del testo sulla liberazione degli schiavi. La legislazione (Codice dell'Alleanza) al servizio della vita è il prodotto dalla predicazione profetica di questo secolo (Amos, Osea, Isaia, Michea).

c) Dt 15,1-18: Ri-lettura dell'anno sabbatico

Struttura del testo (meglio è leggerlo integralmente):

a) vv 1-3: condono dei debiti ogni 7 anni
b) vv 4-6: se Israele ascolta la Parola di Dio non avrà poveri
c) vv 7-11: se ci sono poveri, bisogna prestare loro ciò che necessità a rimediare alla loro indigenza. La vicinanza dell'anno sabbatico, non deve essere motivo per non prestare
d) vv 12-18: sulla liberazione degli schiavi

I vv 12-18 sono una rilettura , un secolo più tardi, di Es 21,1-11 sulla liberazione degli schiavi. La rilettura aggiunge alcune cose favorevoli per i poveri: riconosce un trattamento di uguaglianza alla moglie schiava (in Es solo lo schiavo recuperava la libertà). Pure si esige un indennizzo per i sei anni di lavoro, perché lo schiavo liberato possa iniziare nuovamente la sua vita.

I vv 1-3 sono una novità: la remissione dei debiti ogni 7 anni. Il problema dei debiti continuava ad essere un problema serio specialmente per i più poveri. Poiché il pagamento dei debiti non portasse alla schiavitù, Dio in persona interviene in difesa dei poveri indebitati, esigendo il condono dei loro debiti ogni 7 anni. Dio interviene direttamente nelle relazioni economiche e pone un limite per evitare l'impoverimento e la perdita di libertà delle persone. Un'altra volta la vita umana appare più importante delle leggi sui contratti e i debiti. Nel v 3 c'è un problema: il debito si condona al fratello del proprio popolo, ma non allo straniero. Qui non si tratta dell'emigrante povero (in ebraico "ger"), che vive in mezzo al popolo, bensì dello straniero ("nokri"), probabilmente i commercianti di altri popoli, dai quali si deve esigere il pagamento dei debiti e dei tributi.

Lo scopo di questa legislazione deuteronomica è che non ci siano poveri in mezzo al popolo, per questo si deve ascoltare la Parola di Dio e porla in pratica. Il condono dei debiti ogni 7 anni non deve, d'altro canto, indurre a non prestare denaro ai poveri, data la vicinanza del 7° anno. Questo porterebbe maggiore povertà e ciò che vuole il legislatore è giustamente evitarla. Il testo commentato è parte del codice deuteronomico (Dt 12,26), ispirato alla teologia dell'Esodo ed elaborato durante il regno di Giosia (intorno all'anno 625 a.C.), sotto l'influsso di profeti come Sofonia, per ispirare un nuovo inizio della storia di liberazione nel popolo di Giuda.

d) Ger 34,8-18

Quando Babilonia era sul punto di distruggere Gerusalemme (588 a.C.), il re Sedecia, per pressione di Geremia, proclama un anno sabbatico: la libertà di tutti gli schiavi. Ma quando giunge la notizia che l'esercito egiziano sta venendo in aiuto di Gerusalemme, allora tutti tornano a riprendersi di nuovo gli schiavi già liberati. Questo dimostra la mancanza di disponibilità nei dirigenti di Israele di dare compimento all'anno sabbatico. Lo compiono solo quando c'è un pericolo e quando il profeta annuncia la caduta di Gerusalemme. Passato il pericolo, riprendono i loro schiavi già liberati. Gerusalemme finirà per essere distrutta e i dirigenti deportati a Babilonia, giustamente, per non aver compiuto l'anno sabbatico.

e) Is 61,1-2: dopo l'Esilio: restaurazione dell'anno sabbatico

"Lo Spirito di Jahweh il Signore è sopra di me
perché Jahweh mi ha unto
e mi ha inviato:
per annunciare buone notizie ai poveri,
per sanare gli smarriti di cuore,
per proclamare ai carcerati la liberazione
ai prigionieri la libertà,
per proclamare l'anno di grazia di Jahweh
giorno di vendetta del nostro Dio
per consolare tutti coloro che piangono…"

Terminato l'Esilio (anno 538 a.C.), i reduci vogliono ricostruire il Tempio, Gerusalemme e le istituzioni del passato. Il profeta (chiamato Terzo Isaia, che probabilmente si tratta di una comunità di profeti) si oppone a questo progetto prioritario di ricostruzione istituzionale e propone piuttosto una ricostruzione della vita del popolo di Dio. Ciò che urge non è ricostruire il Tempio e le sue istituzioni, ma proclamare e rendere pubblico un anno sabbatico, "un anno di grazia di Jahweh, giorno di vendetta del nostro Dio". Questo anno sabbatico, fedele alla tradizione, non significava ricostruire edifici, ma "annunciare buone notizie ai poveri", cioè sanare gli smarriti di cuore e proclamare liberazione e libertà (ciò che secondo la tradizione di Es e Dt implicava liberazione degli schiavi, condono dei debiti, recupero delle terre). Il profeta discerne che lo Spirito sta sopra di lui (e sopra la comunità dei profeti), perciò stesso egli è unto per compiere questa missione. Lo Spirito si rivela nella costruzione della vita del popolo, che è l'obiettivo dell'anno sabbatico che ora si proclama. Questa azione dello Spirito di dar vita al popolo di Dio già era stata annunciata in pieno esilio dal profeta Ezechiele (visione delle ossa secche: 37,1-14).

f) Lv 25,1-55: l'anno sabbatico e l'anno del Giubileo nella trazione sacerdotale

Questo è un altro testo posteriore all'Esilio, forse contemporaneo di Isaia 61. Diamo qui solo la struttura del testo (meglio sarebbe leggerlo, specialmente i vv 8-13):

Gli anni santi: vv 1-22

a) vv 1-7: l'anno sabbatico: riposo della terra (identico a Es 23, 10-11)
b) vv 8-22: l'anno del Giubileo (l'anno 50):
"Dichiareranno santo il 50° anno,
e proclameranno la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti.
Sarà per voi un Giubileo: ciascuno riavrà la sua proprietà
e ognuno tornerà alla sua famiglia" (v 10).

Conseguenze della santità di questi anni: vv 23-55

a) riscatto delle proprietà: vv 23-34
la terra: vv 23-28
la casa: vv 29-34
b) riscatto degli schiavi: vv35-55

l'anno giubilare era l'anno culmine dopo sette anni sabbatici: 7x7 = 49.
L'anno seguente, l'anno 50, era Giubileo, chiamato così poiché si suonava il Yobel, corno di ariete che serviva da tromba. Questo anno era un anno di liberazione e di profonde trasformazioni strutturali. Tre azioni principali si esigevano in questo anno 50: riposo della terra, recupero delle terre e dei beni alienati per i debiti e liberazione degli schiavi. La liberazione degli schiavi era prima dell'esilio ogni sette anni, ora ogni cinquant'anni. Questo è un regresso, per questo si istituisce la funzione del Goel o liberatore, che avrebbe potuto riscattare gli schiavi e i possedimenti prima dell'anno cinquanta. In ogni caso la legislazione del levitico non annulla la tradizione anteriore molto più radicale dell'anno sabbatico. Si potrebbe pensare che il recupero delle terre e dei beni avvenisse in favore dei rientrati dall'esilio, contro i poveri della terra che non furono in esilio. Il modo di fare liberatore del testo e lo spirito della tradizione anteriore ci fanno pensare che il Giubileo fosse in favore dei poveri della terra che avevano perduto le terre e i beni per i debiti non pagati.

Il recupero della libertà e dei possedimenti si chiama riscatto: se un fratello si impoverisce e vende la terre, la casa o la propria vita, un "Goel" (riscattatore o liberatore) può riscattare ciò che si è perso. Se non ha risorse, deve aspettare l'anno giubilare e allora si avrà riscatto senza Goel né denaro. Intenzione dell'anno sabbatico e giubilare è ristabilire la vita e l'uguaglianza distrutte da problemi di debiti o dall'ingiustizie. Queste leggi nn si trovano presso gli altri popoli dell'epoca. Sono proprie di Israele. Gli storici pensano che l'anno sabbatico e giubilare non fu mai attuato. Fu piuttosto una rivendicazione profetica che una realtà. In ogni caso, appartiene all'essenza della fede del popolo di Dio. I testi rivelano che la terra, la vita e la libertà sono di Dio; nessun essere umano può disporre di questi beni a suo piacimento.

g) Nem 5,1-13

Al tempo di Neemia (anno 445 a.C.) c'è un clamore popolare contro l'oppressione del popolo da parte dei suoi stessi fratelli giudei. Neemia convoca un assemblea e riprende i nobili. Si decide allora, per fare giustizia, una liberazione degli schiavi e un perdono generale dei debiti. In questo consiste giustamente l'anno del Giubileo, che ora non aspetta cinquant'anni, bensì che si proclama quando lo esige il clamore dei poveri.

Riflessione finale sulla tradizione del Giubileo nel A.T.

La tradizione del giorno di sabato, dell'anno sabbatico, e dell'anno giubilare, è una tradizione antica, che cerca di proteggere la vita del clan dall'eccessivo sfruttamento, dalla concentrazione della terra e dall'accumulo della ricchezza, e che pone un limite preciso ad ogni schiavitù per debiti. La tradizione sabbatica e giubilare esige una rottura storica che permette alla terra e alle persone di recuperare la loro libertà. Nella teologia di questa tradizione, la terra e le persone sono di Dio e nessuno può appropriarsene in forma illimitata o ingiusta.

La tradizione del Giubileo si oppone direttamente al modo di produzione tributario, dominante nell'antichità. Nel sistema tributario, la terra e la gente erano proprietà del Re. Le tribù dovevano pagare alla casa del Re un triplice tributo: in alimenti, in servi e in soldati. Al tempo dei giudici (1200-1030 a.C.) si superò totalmente questo sistema tributario e si costruì un nuovo modello di produzione senza re, senza casa del re (senza burocrazia reale: ministri e sacerdoti) e senza esercito, il che significò abolizione radicale del tributo. Al tempo della monarchia, quando si giunse nuovamente al sistema tributario (con Davide, Salomone e i successori), l'istituzione dell'anno sabbatico fu quella che permise al popolo di resistere e mantenere la coscienza critica di fronte al sistema monarchico tributario. Il Giubileo mantiene viva l'utopia delle origini contro il sistema tributario, ricostruito dalla monarchia davidica. I profeti pre-esilici lottarono per mantenere viva la tradizione dell'anno sabbatico, ma senza esito. La distruzione di Samaria, e posteriormente quella di Gerusalemme e del tempio, sarà la conseguenza di queste disobbedienze dei Re di Giuda e di Israele alla tradizione dell'anno sabbatico e giubilare. Dopo l'esilio c'è una volontà profetica di restaurare il popolo di Dio a partire da queste tradizioni (come abbiamo visto in Is 61 e Nem 5).

La parola "Giubileo" viene dal latino "iubilaeus", che fu presa direttamente dall'ebraico "Yobel". Yobel significa originariamente ariete, poi indicò il corno dell'ariete usato come tromba per annunciare l'anno del Giubileo, e finalmente significò schiettamente giubilo o Giubileo. Esprime l'allegria della terra, degli schiavi e degli sfruttati in generale, quando si suonava il corno e si annunciava un anno sabbatico o giubilare. Questo tocco del corno era, certamente, una disgrazia per gli oppressori del popolo, che "perdevano" i loro schiavi e tutte le loro proprietà stappate al popolo che non poteva pagare i tributi e i debiti.

Il sabato, l'anno sabbatico e l'anno giubilare, esprime il potere di Dio e la sua volontà liberatrice, che interviene nella nostra storia, nel tempo e nello spazio, i favore dei poveri, degli indebitati, degli schiavi, degli schiacciati e dei falliti per le strutture della dominazione. Questa tradizione biblica del Giubileo anticipa la proclamazione del Regno di Dio, che sarà un asse centrale del N.T. Anno sabbatico, Giubileo, e Regno di Dio appartengono alla medesima tradizione e teologia e sono un riferimento basilare per l'interpretazione di tutta la Storia della Salvezza.

B: nel Nuovo Testamento

a) Luca 4,18-19 (dove si cita Is 61,1-2)

Facciamo una traduzione letterale e strutturale del testo di Luca:

"Lo Spirito del Signore sta sopra di me
perché mi ha unto per evangelizzare i poveri,
mi ha inviato per proclamare ai prigionieri libertà
e ai ciechi il recupero della vista
per inviare gli oppressi in libertà
per proclamare un anno di grazia del Signore".

Lo Spirito del Signore sta sopra Gesù, proprio perché è stato unto e inviato per compiere una missione. I verbi "mi ha unto" e "mi ha inviato" stanno in parallelo. Lo Spirito e l'unzione sono in funzione dell'invio. La finalità "per" dell'unzione e dell'invio si esprime in quattro frasi che iniziano con l'infinito:" evangelizzare, proclamare, inviare e proclamare". Ogni frase è un azione. La prima ("evangelizzare i poveri") è un annuncio generico. La seconda frase è una proclamazione di due azioni: proclamare libertà ai prigionieri e recuperare la vista ai ciechi. La terza frase è già in se stessa un azione :" inviare gli oppressi in libertà". Per la seconda volta appare la parola libertà. Si invia (traduzione letterale) in libertà "gli oppressi". Questo termine ("tethraumeno") significa falliti, frustrati, deboli, oppressi. La quarta frase è ancora generale: proclamazione del "anno di grazia del Signore", che è chiaramente l'anno del Giubileo. In Isaia si aggiungeva "giorno di vendetta del nostro Dio", frase che Gesù (o Luca) omette. Eco di questa citazione la incontriamo in Mt.11,2-6 e Lc.7,18-23.

Gesù è il messaggero, unto e inviato da Dio, portatore dello Spirito, che annuncia la venuta del Regno nella ricostruzione della vita del popolo oppresso. Gesù, continuando la tradizione del Giubileo, identifica il Regno di Dio con la vita del popolo. I gruppi nazionalisti e teocratici identificavano il Regno di Dio con la restaurazione del Regno di Davide: restaurazione della monarchia contro l'impero romano. I sacerdoti lo identificavano con la restaurazione del Tempio di Gerusalemme. I farisei lo identificavano con la santità del popolo che si otteneva mediante il pieno compimento della legge. Gesù rifiuta tutto ciò e identifica il Regno di Dio con la vita del popolo. Gesù, nella tradizione dell'anno sabbatico e giubilare, proclama l'inizio della sua missione, un anno di grazia, un Giubileo straordinario. Il Regno di Dio inizia con l'annuncio del Giubileo. Unisce cosi Regno di Dio e Giubileo.

b) Mt 6,9-15: il Padre nostro: la preghiera del Giubileo

Traduzione schematica. Poniamo qui la traduzione biblica letterale. Nella versione liturgica cattolica attuale si cambia "debiti" con "offese" e "debitori" con "quelli che ci offendono":

Padre nostro che stai nei cieli
il tuo nome: che sia santificato (contro l'idolatria)
il tuo Regno: che venga a noi (per la vita)
la tua volontà: che si compia (contro la dominazione)

dà a noi oggi il nostro pane di ogni giorno
perdona i nostri debiti,
dato che noi abbiamo già perdonato ai nostri debitori
non lasciarci cadere nella tentazione
liberaci dal male.

Nella preghiera liturgica si aggiunge: Amen (accordo di tutta l'assemblea)

In sintesi abbiamo sette elementi:

Gli interessi di Dio: il suo Nome, il suo Regno e la sua volontà
Gli interessi della comunità: il nostro pane, i nostri debiti
Le minacce: la tentazione e il male.

La comunità che recita la preghiera del Padre nostro è una comunità povera, che necessita del pane di ogni giorno e che è oppressa dai debiti, però è una comunità solidale con gli altri poveri debitori verso di lei. Nella Galilea del tempo di Gesù, tutti stavano oppressi dai debiti economici. Le imposte a Roma, al re Erode e al tempio di Gerusalemme erano impagabili. Molti perdevano la loro casa, la loro terra e persino la libertà, a causa dei debiti. Il perdono dei debiti era pertanto una realtà significativamente liberatrice nella comunità contadina della Galilea. La richiesta del perdono dai debiti appartiene alla tradizione dell'anno sabbatico e del Giubileo. Per questo il Padre nostro è per eccellenza l'orazione del Giubileo.

La preghiera del Padre nostro usa la medesima terminologia e teologia della parabola del servo senza pietà (Mt 18,23-35). In questa parabola abbiamo un re che perdonò diecimila talenti ad un servo, ma questo, ciò nonostante, non perdonò a un altro servo la miserabile somma di cento denari. Questa parabola si trova nel discorso di Matteo sulla Chiesa. Alla luce di questa parabola ecclesiologica, e alla luce di tutta la tradizione sabbatica e giubilare, dobbiamo interpretare la richiesta del Padre nostro "perdona i nostri debiti" come una petizione a Dio perché proclami un anno sabbatico, anno nel quale si perdonino tutti i debiti. I debiti che qui si chiede che si perdonino non sono debiti con Dio (i peccati) ma debiti che la comunità ha verso altre persone. Si tratta di debiti economici reali. Quella che prega è una comunità oppressa dai suoi debiti (come anche oppressa dalla mancanza di pane, dalle tentazioni e dal male in generale). Quello che sta chiedendo è il perdono dei debiti, non dei peccati. La seconda parte della medesima frase:" già che noi abbiamo perdonato ai nostri debitori " (traduzione letterale del verbo aoristo in greco che indica un azione passata) esprime la storia anteriore della comunità, che ha già compiuto l'esigenza dell'anno sabbatico di perdonare i debiti che aveva con gli altri. La comunità può chiedere a Dio che proclami un anno sabbatico, poiché ha già compiuto le esigenze dell'anno sabbatico di perdonare i debiti. Nella traduzione corrente:" perdona i nostri debiti come noi perdoniamo ai nostri debitori", si starebbe dicendo che noi siamo il modello di come dovrebbe comportarsi Dio, il che è assurdo. Nella traduzione che abbiamo dato, colui che prega non si propone come modello, ma manifesta semplicemente la sua condotta anteriore di aver già dato compimento alle esigenze dell'anno sabbatico. Potremmo parafrasare il testo così :"dato che già abbiamo dato compimento all'anno sabbatico e abbiamo perdonato i debiti che gli altri avevano con noi, proclama ora un anno sabbatico perché si perdonino i nostri debiti, quelli che abbiamo con altre persone". La richiesta a Dio che proclami un anno sabbatico perché si perdonino i nostri debiti, corrisponde alla richiesta anteriore :" sia fatta la tua volontà così in terra come in cielo ". La volontà di Dio già si manifestò nell'esigenza dell'anno sabbatico, ora chiediamo che questa volontà già rivelata da Dio, si compia sulla terra. Nel parallelismo antitetico con la parabola del servo senza pietà, potremmo dire che colui che prega il Padre nostro è il servo buono che deve diecimila talenti al re e lo supplica che gli venga perdonato il debito dato che lui a già perdonato all'altro servo che gli doveva la miserabile somma di cento denari. Come già lui perdonò al suo fratello, il re perdoni ora a lui il suo debito.
I liturgisti interpretarono male il Padre nostro e lo tradussero in modo diverso dall'originale greco, non comprendendo la tradizione dell'anno sabbatico sulla liberazione della terra (debito ecologico), sulla liberazione degli schiavi (debito sociale) e sul perdono dei debiti (debito economico), come appare chiaramente nei testi di Es 23,1-11; Es 21,1-11 e Dt 15,1-3 che abbiamo già commentato.

Nel vangelo di Luca la preghiera del Padre nostro è diversa. Il versetto in questione dice letteralmente:" perdona i nostri peccati, come noi perdoniamo tutti coloro che ci sono debitori " (Lc 11,4). Se lo confrontiamo con il testo di Matteo, notiamo tre differenze: nella prima parte della frase Luca mette "peccati" (hamartias) dove Matteo mette "debiti" (ofeilémata). Oltre ad un cambio di parola, c'è un cambio di relazione: il peccato è un offesa a Dio, mentre il debito lo è ad un altro essere umano. In terzo luogo, il verbo "noi perdoniamo" sta al presente in Luca, mentre in Matteo è all'aoristo "noi abbiamo già perdonato". Nei due testi, in ogni caso, nella seconda parte della frase si tratta di debiti e si usa la medesima radice: Matteo utilizza il sostantivo al plurale: "deudores" (ofeiletais) e Luca il participio singolare: "quelli che ci devono" (ofeilonti). In Matteo colui che prega è una persona oppressa dai debiti, in Luca è una persona oppressa dai suoi peccati. Ciò che è curioso è che in ambo i casi colui che prega fa costatare che egli ha già perdonato (Matteo) o perdona (Luca) i debiti che ha con gli altri esseri umani. Si tratta di debiti economici reali. Ci sarà realmente una differenza sostanziale tra le due versioni del Padre nostro? Se le interpretiamo alla luce della tradizione dell'anno sabbatico, credo che la differenza sia solo di sfumatura. L'orante angosciato dai debiti in Matteo non differisce molto dall'orante angosciato dai peccati in Luca. La seconda parte della frase in Luca "come noi perdoniamo a tutti quelli che ci sono debitori" ci spinge a non spiritualizzare la prima parte della frase: "perdona i nostri peccati": Il peccato in Luca potrebbe bene essere il non accettare la tradizione dell'anno sabbatico e del regno di Dio, quello che oggi chiamiamo "peccato sociale". L'orante in Luca starebbe chiedendo a Dio che lo liberi da questo peccato, posto che è disposto a perdonare i peccati degli altri.

c) Atti degli Apostoli

Pentecoste: il giorno 50 dopo la Resurrezione (2,1-41)

Il giorno 50 (numero del Giubileo nella tradizione biblica) lo Spirito irrompe nella comunità apostolica. L'uragano e il fuoco sono segni della presenza trasformatrice dello Spirito. Le persone che ascoltano gli apostoli, "venute da tutte le nazioni che sono sotto il cielo" intendono l'annuncio della Parola di Dio ciascuno nella sua propria lingua e cultura. Pietro interpreta i fatti di pentecoste con il testo di Gioele 3,1-5: "succederà negli ultimi giorni…" . Pentecoste è l'ultimo giorno: l'ultimo giorno della settimana, dell'anno sabbatico (l'ultimo dopo sei anni), dell'anno giubilare (l'ultimo dopo 49 anni), ma anche l'ultimo giorno, il giorno escatologico, il giorno dello Spirito, giorno di conversione e liberazione. In questo giorno lo Spirito si effonde su ogni carne, i figli e le figlie profetizzano, i giovani hanno visioni e gli anziani sogni. Lo Spirito si effonde sugli schiavi e sulle schiave (vv. 17-21). E' il "grande giorno del Signore" (v.20), cioè, il giorno del Giubileo. Terminato il discorso di Pietro emerge la domanda sperata: "cosa dobbiamo fare fratelli?". La risposta di Pietro è: "convertitevi e ciascuno si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati (perdono dei debiti), e riceverete lo Spirito Santo" (vv.37-38). Poi aggiunge che la promessa dello Spirito è universale:" per voi e per i vostri figli, e per tutti quelli che sono lontani, per quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro" (v.39).
Tutto il testo riflette la tradizione profetica e liberatrice dell'anno sabbatico e dell'anno giubilare.

La comunità cristiana in Gerusalemme vive le esigenze di questo Giubileo dello Spirito:
(2,42-47, specificato in 4,32-35 e 5,12-16).

Possiamo sintetizzare la vita della comunità cristiana nei seguenti punti:

1. erano assidui all'insegnamento degli apostoli (è la "didaché")
2. erano assidui alla comunione (è la "koinonia")
questa koinonia ha un aspetto soggettivo:
"avevano un cuor solo e un anima sola"
e un aspetto oggettivo, che possiamo riassumere così:
ciascuno dava secondo le sue possibilità
ciascuno riceveva secondo le sue necessità
non c'erano poveri tra loro (conseguenza delle due opzioni precedenti.
Risponde a ciò che chiede il testo giubilare di Dt 15,1-18)
3. frazione del pane e preghiera nelle case (è chiaramente l'Eucaristia)
4. compivano molti prodigi e segni (pratica spirituale potente e liberatrice).

Rinnovo della Pentecoste: nella comunità cristiana, riunita in Gerusalemme nel mezzo della persecuzione (At 4,23-31) e nella casa del centurione Cornelio in Cesarea, per aprire il cammino della missione ai gentili e provocare la conversione di Pietro e della Chiesa (10,44-48 e 11,1-18).

II. La Carta apostolica Tertio Millenio Adveniente

Il papa Giovanni Paolo II pubblicò nel 1999 una carta apostolica intitolata "Tertio Millennio Adveniente" (TMA), come preparazione del Giubileo dell'anno 2000. Ai numeri 9-16 si fa un riassunto della tradizione del Giubileo nella bibbia. Il Giubileo era "un tempo dedicato in modo particolare a Dio", nel quale si lasciava riposare la terra, si liberavano gli schiavi, si perdonavano i debiti; era "la emancipazione di tutti gli abitanti che necessitavano di liberazione" (n° 12). "La giustizia secondo la legge di Israele, consisteva soprattutto nella difesa dei deboli". "L'anno giubilare doveva così servire al ristabilimento di questa giustizia sociale. In oltre, nella tradizione dell'anno giubilare trova una delle sue radici la dottrina sociale della Chiesa" (n°13). E' interessante questa relazione che il papa individua tra la teologia del Giubileo e la dottrina sociale della Chiesa. Nella pratica di questa dottrina la Chiesa vive permanentemente lo spirito del Giubileo.

Preparazione del Giubileo dell'anno 2000

(1) Il Concilio Vaticano II: " il Concilio Vaticano II costituisce un avvenimento provvidenziale, grazie al quale la Chiesa a iniziato la preparazione prossima del Giubileo del secondo millennio" (N°18).
"In effetti, la miglior preparazione alla scadenza bimillenaria deve manifestarsi nel rinnovato impegno della prassi, il più fedele possibile, agli insegnamenti del Vaticano II alla vita di ciascuno e di tutta la Chiesa. Con il Vaticano II si è inaugurato nel senso più ampio del termine, l'immediata preparazione del grande Giubileo del 2000" (N°20).

(2) La Nuova Evangelizzazione: Della preparazione del Giubileo fanno parte anche tutti i Sinodi, tanto generali, come continentali, regionali, nazionali e diocesani, nei quali il tema di fondo è stato "la nuova evangelizzazione, le qui basi furono gettate dalla Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi di Paolo IV, pubblicata nel 1975" (N°21). Questo documento ha orientato tutto lo sforzo evangelizzatore della Chiesa in questa fine di secolo e ci ha preparato così per il Giubileo.

(3) Riconoscimento del peccato nella Chiesa: "è giusto che, mentre giunge al termine il secondo millennio cristiano, la Chiesa assuma con una coscienza più viva il peccato di tutti i suoi figli, ricordando tutte le circostanze nelle quali, nel corso della storia, si sono allontanati dallo spirito di Cristo e dal suo vangelo, offrendo al mondo, invece della testimonianza di una vita ispirata ai valori della fede, lo spettacolo di modi di pensare e di agire che erano vere forme di anti-testimonianza e di scandalo" (N°33). Si menzionano specialmente i peccati contro l'unità della Chiesa in tutto questo millennio (N°34), i peccati di intolleranza e persino di violenza nel servizio alla verità (N°35), i peccati contro i diritti umani e per corresponsabilità dei cristiano in gravi forme di ingiustizia ed emarginazione sociale (N°36).

(4) Mantenere viva la memoria dei martiri: "al termine del secondo millennio la Chiesa è tornata nuovamente ad essere Chiesa di martiri. Le persecuzioni dei credenti - sacerdoti, religiosi e laici - hanno portato ad una grande semina di martiri in varie parti del mondo… è una testimonianza da non dimenticare… nel nostro secolo sono tornati i martiri… nella misura del possibile non devono perdersi nella Chiesa le loro testimonianze… è necessario che le chiese locali facciano tutto il possibile per non perdere il ricordo di coloro che hanno sofferto il martirio, raccogliendo per questo la documentazione necessaria" (N°37).

I quattro punti che propone Giovanni Paolo II come preparazione del Giubileo sono straordinariamente azzeccati: Vaticano II, Nuova Evangelizzazione, Riconoscimento del peccato nella Chiesa e i Martiri. Oggi giorno nella Chiesa, tanto nella sua istituzione (curia centrale e apparato istituzionale), come nei movimenti ecclesiali più dominanti e trionfanti, la macro tendenza è chiaramente contraria a queste quattro proposte del papa: il Concilio Vaticano II sta dimenticato e tradito, stessa cosa possiamo dire dell'Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi di Paolo VI, nessuno si arrischia ad affrontare con spirito storico o critico i peccati della Chiesa e dei cristiani in questo secondo millennio, i martiri sui quali tanto insiste il papa, gridano in forma chiaroveggente qual è il progetto di Dio per la Chiesa del ventunesimo secolo. Perché questa indifferenza di fronte alla Carta Apostolica Tertio Millennio Adveniente?

Preparazione immediata del Giubileo dell'anno 2000 secondo la TMA

Lo jobel si tocca tre volte: nell'anno 97, 98 e 99. In ciascuno dei tre anni la Tertio Millenio Adveniente propone una rottura, per riscattare una forza specifica che ci permetta di ricostruire il progetto di Dio per la società e la Chiesa.

1997: anno dedicato a Gesù Cristo (TMA n° 40-43)

Testo di riferimento: il vangelo di Marco.
Il cammino proposto: la Parola di Dio (LOGOS)
" Per conoscere la vera identità di Cristo è necessario che i Cristiani, soprattutto durante quest'anno, si riferiscano con rinnovato interesse alla Sacra Scrittura, nella liturgia tanto piena del linguaggio di Dio, nella lettura spirituale, oppure con altre istituzioni o con altri mezzi che allo stesso scopo si organizzano oggi da tutte le parti" (n°40)

1998: anno dedicato allo Spirito Santo (TMA n° 44-48)

Testo di riferimento: vangelo di Luca e Atti degli Apostoli
Cammino proposto: la vita nello Spirito (PNEUMA)
La spiritualità e l'evangelizzazione
La presenza e azione dello Spirito nei carismi e nei ministeri
La dimensione escatologica e i segni di speranza

1999: anno dedicato al Padre (TMA n°49-54)

Testo di riferimento: il quarto vangelo e le lettere di Giovanni
Cammino proposto: Dio Padre - Dio amore (AGAPE)
La miglior traduzione di Agape è oggi Solidarietà
"l'opzione preferenziale della Chiesa per i poveri e gli emarginati" (n°51)
"i cristiani dovranno farsi voce di tutti i poveri del mondo, proponendo il Giubileo come un tempo opportuno per pensare tra le altre cose ad una notevole riduzione, se non ad un totale condono, del debito internazionale, che grava sul destino di molte nazioni" (n°51)
"la vigilia del 2000 sarà una grande occasione… per il dialogo interreligioso… in questo dialogo dovranno avere un luogo preminente gli ebrei e i mussulmani" (n°53)

I tre cammini proposti dal papa nella Tertio Millenio Adveniente per orientarci al Giubileo del 2000 sono esattamente le tre dimensioni della vita del popolo di Dio, che oggi sta rinnovando tutta la Chiesa: la Parola di Dio, la Spiritualità e la Solidarietà. Questa vita della Chiesa è il vissuto, nel cuore della comunità ecclesiale, della vita stessa del Dio Uno e Trino, che è Logos (Parola), Pneuma (Spirito) e Agape (Solidarietà). Il movimento biblico seguendo la costituzione Dei Verbum del Vaticano II, ha oggi uno sviluppo sovrabbondante nella Chiesa, specialmente nelle Comunità Ecclesiali di Base e nei movimenti simili. La spiritualità, come vita nello Spirito, si sviluppa giustamente li dove lo Spirito è stato negato nel passato: nel corpo, nei poveri, nelle culture e razze disprezzate, nei giovani e nei bambini, nelle donne. La forza dello Spirito si spiega bene anche nei carismi e ministeri del Popolo di Dio. I portatori privilegiati dello Spirito sono i martiri, i Santi, i teologi, i fondatori, i riformatori, tutti quelli che annunciano buone notizie ai poveri e annunciano un anno di grazia di Jahweh (Is 61,1-2 e Lc 4,18-19).

III - La celebrazione del Giubileo da una prospettiva liberatrice

A - Ritornando alla radice biblica del Giubileo

Necessità di una rottura storica

Ogni settimana: il sabato,
ogni sette anni: l'anno sabbatico,
ogni cinquant'anni: l'anno giubilare,
ogni mille anni… e ogni volta che è necessario:
- per ascoltare il grido degli oppressi e rompere le catene,
- per proclamare liberazione e iniziare di nuovo,
- per pensare e riflettere,
- per ricordare il progetto di Dio,
- per costruire la coscienza critica,
- per pensare al futuro, per costruire alternative,
- per ricostruire la speranza e l'utopia.

Ci sono due modi di pensare il tempo:
- il tempo ufficiale: giorni, settimane, mesi e anni. Sono scritti nel calendario stabilito.
- il tempo giubilare: il tempo della liberazione della terra, del povero, dello schiavo. Non lo si trova nel calendario, ma quando si ascolta il grido e il clamore, quando suona lo yobel, quando il povero ci viene incontro. Il tempo giubilare è quotidiano, in ogni momento. Lo spirito del Giubileo deve essere vissuto tutti i giorni. Il ciclo giubilare ufficiale di sabati, anno sabbatico e anno giubilare è il riconoscimento e la garanzia pubblica del tempo esigito dal grido della terra e del povero.

Gli elementi fondamentali del progetto di Dio:
- il carattere assoluto e sacro della terra e della vita umana: appartiene a Dio
- il destino universale della terra e dei beni materiali: sono di tutti e tutte
- supremazia del bene comune sugli interessi individuali
- la vita della terra e della comunità sta al disopra della legge
la legge sta al sevizio della comunità e non la comunità al servizio della legge
la vita della comunità è sacra, le leggi sono per assicurare questa vita
- articolare Shabat con Shalom (riposo con pace, liberazione e riconciliazione, giustizia e vita)

Necessita oggi giorno un messaggero, un liberatore, un goel, che annunci la necessità di liberare la terra e le persone e che realizzi questa liberazione nella storia, secondo il tempo giubilare di Dio. Discernere oggi sopra chi sta lo Spirito di Dio, chi è l'unto e l'inviato, per proclamare oggi la buona novella ai poveri per sanare gli smarriti di cuore per proclamare liberazione e libertà, un anno di grazia da parte di Dio, alla maniera di Isaia e Gesù.

B - Carattere e novità della tradizione del Giubileo

La tradizione del Giubileo non ha tanto che vedere con la definizione o spiegazione di un progetto, bensì con la forza che si ha per poterlo realizzare. Già siamo chiari sul progetto di società e di Chiesa che vogliamo. Ciò che manca è la forza e la volontà per realizzarlo. Ci manca di toccare lo "yobel" il corno, che convoca tutte le forze per realizzare il progetto di Dio. Non basta pensare o scrivere, è urgente convocare e mobilitare in funzione del Giubileo. Il Giubileo più che una teologia è un grido: un grido di "soccorso". Un "ora basta". Un "mai più". E' la teologia soggiacente ad alcuni rapporti ultimi sulla violenza in alcuni paesi, per esempio il rapporto "Guatemala Nunca Mas", pubblicato dall'ufficio dei diritti umani dell'Arcivescovado del Guatemala. Il sottotitolo è importante: "rapporto progetto interdiocesano di recupero della memoria storica". In questi rapporti traspare lo spirito del Giubileo. Il Giubileo è una teologia scritta più dai martiri che dai teologi. Mons. Juan José Gerardi ratificò con il suo martirio, tre giorni dopo dalla pubblicazione, il rapporto della Chiesa del Guatemala. Il Giubileo è una teologia con energia, con spirito, con forza, con potere. Non è una teologia per essere letta, bensì annunciata, proclamata, gridata a gran voce.

Il manifesto del Foro Internazionale delle Alternative ha questo stile dei testi del Giubileo. Dicono cosi alcuni dei suoi titoli:

E' tempo di ripristinare il corso della storia
E' tempo di porre l'economia a servizio dei popoli
E' tempo di abbattere il muro tra Nord e Sud
E' tempo di affrontare la crisi della civiltà
E' tempo di rifiutare il potere del denaro
E' tempo di mondializzare le lotte sociali
E' tempo di risvegliare le speranze dei popoli
E' giunto il tempo delle convergenze
Il tempo dell'azione è già iniziato

Cosi il profeta Isaia annuncerebbe oggi il tempo del Giubileo. Chi parla in questo modo può dire in tutta verità: "lo Spirito del Signore sta sopra di me, per questo mi ha inviato ad annunciare una lieta notizia ai poveri".

C - Urgenza e necessità di proclamare un anno sabbatico o Giubileo

Ogni giorno cresce il numero di persone e istituzioni, che con serietà e responsabilità, avvertono i pericoli e le tendenze mortali del sistema attuale di economia del libero mercato. Organismi internazionali, Chiese e Università pubblicano rapporti spaventosi sugli effetti dell'attuale modello di sviluppo. Già nel 1992 il PNUD (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo) pubblicava il suo rapporto sullo Sviluppo Umano, dove richiamava l'attenzione al fatto che il 20% più ricco dell'umanità concentrava l'82,7% delle entrate totali del mondo e consumava circa il 70% delle risorse naturali di tutta la terra. Se un altro 20% dell'umanità consumasse quello che consuma questo 20% più ricco, la terra scoppierebbe in poco tempo. C'è consenso, tra coloro che ancora hanno coscienza umana e cristiana, su due mancanze strutturali del sistema attuale: l'esclusione e la distruzione della natura. E' chiaro che il modello attuale di sviluppo non è per tutti. Alcuni lo denunciano con orrore e altri lo costatano con cinismo. Un 60% dell'umanità sarebbe destinata irreversibilmente all'esclusione. Dallo sfruttamento siamo passati all'esclusione, e facilmente passeremo presto alla liquidazione, poiché gli esclusi sono considerati esuberi e ripudiati. E' pure chiara la contraddizione tra il modello attuale di sviluppo e la natura. Il grido dei poveri si unisce al grido della terra.

Non dobbiamo in questo articolo continuare ad analizzare e denunciare la situazione attuale. Esiste una letteratura immensa e terrificante su questo tema. Ciò che dobbiamo fare ora è di ascoltare il grido dei poveri e il grido della terra per la vita. Urge ascoltare questo clamore degli esclusi, che è un clamore "chiaro, crescente, impetuoso e, all'occasione, minacciante" (cfr. Puebla 87-90). E' questo grido e clamore che rende necessario e urgente proclamare un Giubileo per l'anno 2000. Un Giubileo mondiale che vada contro l'efficienza e l'accelerazione del sistema che significa una rottura storia e reale che interrompa il "progresso" e lo "sviluppo" che ci viene offerto. Si tratta giustamente di questo: "sei giorni lavorerai, ma il settimo riposerai; riposerai nel tempo della semina e del raccolto". Il riposo sabbatico crea un tempo nuovo, che rende possibile una nuova coscienza, una nuova razionalità, un nuovo modo di sentire, pensare e valutare, per generare una resistenza etica e spirituale, dove la vita umana e del cosmo sia considerata definitivamente come un assoluto, al di sopra di tutte le leggi e le istituzioni. Il Giubileo deve essere un appello a questa rottura e resistenza, per ri-orientare la storia verso una società dove ci stiano tutti e tutte. La Chiesa, specialmente deve riprendere con forza l'universalismo umano e cosmico, dove tutti gli esseri umani siano riconosciuti come figli e figlie di Dio, con diritto a una vita piena e felice, in armonia con la creazione. Dobbiamo proclamare un'altra volta i grido di San Ireneo di Lione che verso la fine del secondo secolo sintetizzava fedelmente tutta la tradizione cristiana quando diceva: "Gloria Dei vivens homo, Gloria autem hominis visio Dei" (la Gloria di Dio è l'uomo vivente e la gloria dell'uomo è la visione di Dio).

Dobbiamo rileggere i testi biblici che abbiamo commentato sopra e interpretarli in funzione di questo Giubileo dell'anno 2000. Che significa oggi il riposo della terra, la liberazione degli schiavi e il perdono di tutti i debiti? Nella Chiesa stessa dobbiamo riprendere i quattro compiti proposti dal papa nella Tertio Millenio Adveniente: rivivere il Concilio Vaticano II e la Nuova Evangelizzazione (secondo la Evangeli Nuntiandi), riconoscere criticamente il peccato della Chiesa e mantenere viva la memoria dei martiri. C'è molto da fare, manca solo di iniziare. E' una lotta da formiche contro i dinosauri, ma il futuro è già stato deciso in favore delle formiche. Tutto ciò che facciamo per ricostruire la speranza e la vita è importante, poiché vale più accendere una luce che maledire le tenebre.


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