"Dividi
et impera". L'antico motto latino non ha mai perso la sua efficacia:
se gli oppositori - siano essi nemici, avversari politici o lo
stesso popolo - sono tra loro divisi è certamente più facile dominare
la situazione. Ma tale strategia potrebbe incontrare serie ed
impreviste difficoltà qualora nella controparte esistesse un buon
livello di coscientizzazione e, soprattutto, quando per garantirsi
il consenso, oltre all'obbedienza, si volesse controllare anche
le coscienze. Così, da sempre, fu integrata con la somministrazione
di una dose calcolata di paura, a cui le religioni hanno attribuito
il valore aggiunto del soprannaturale. E' noto infatti che nelle
grandi civiltà - da quella egizia al sacro romano impero e oltre…
- la religione abbia costituito uno strumento irrinunciabile di
potere, al punto che quando antiche credenze perdettero il loro
fascino - e quindi valenza di controllo sul popolo - illustri
imperatori non si fecero scrupoli a rinnegarle, per saltare sui
carri di nuove divinità, improvvisando spettacolari conversioni.
Quando poi in Europa la Chiesa assunse direttamente il potere,
lentamente, ma inesorabilmente coniugò la paura della perdizione
eterna a quelle molto più terrene ed atroci della tortura e delle
esecuzioni… e fu l'Inquisizione. E' in questa logica che si inquadrano
anche le guerre "religiose" di conquista (le cosiddette "crociate",
forse perché scaricammo sugli altri la croce che Gesù ci aveva
comandato di portare): "colpisci l'altro prima che l'altro colpisca
te!". La paura del diverso, sapientemente gestita, divenne una
fobia che generò dapprima l'alibi della necessità di combattere
per difendere la propria religione e cultura, quindi l'assenso
totale e indiscriminato alla carneficina di altri esseri umani,
che mai si sarebbero voluti riconoscere come fratelli. A nulla
valsero le parole e l'esempio di S. Francesco, che visitando il
sultano nel bel mezzo della guerra smascherò palesemente l'infondatezza
di ogni paura - "mamma li turchi!" - e indicò una via alternativa
verso la fratellanza universale. Coscienza, carità e ragione sembravano
definitivamente assopite in un coma senza risveglio… ma, dall'abisso
in cui erano sprofondati, i popoli europei seppero riemergere
e con la rivoluzione francese vollero scrivere la parola fine
a secoli di soprusi e violazioni alla dignità dell'uomo: la negazione
della sua libertà, l'umiliazione della sua intelligenza, la frustrazione
dei suoi sogni. Troppo tardi però: ormai anche i "laici" avevano
imparato la lezione e gli ideali rivoluzionari di libertà, uguaglianza
e fraternità vennero travolti dal "Terrore". La storia successiva
avrebbe registrato nuove e più gravi pagine di orrori, coperte
da menzognere paure. Se in Germania si costruirono lager in difesa
della "superiorità della razza", per esorcizzare la paura di ogni
possibile contaminazione - anzitutto quella giudaica - nell'Unione
Sovietica si riempirono i Gulag per paura che le libere idee dei
dissidenti potessero nuocere alla supremazia del partito… mentre
in occidente per paura del "pericolo rosso" si chiusero entrambi
gli occhi sulle mostruosità perpetrate dai regimi controllati
dalla CIA, sulla tragedia dei desaparecidos latinoamericani, su
tanti colpi di stato, con relativi genocidi, sulle guerre "locali"
dal Vietnam fino all'Afghanistan dei mujaheddin... In Italia i
cattolici andarono a votare ancora per molto tempo turandosi il
naso, per paura dei "comunisti che mangiano i bambini", ma ormai
era solo il canto del cigno di uno spauracchio che aveva il destino
segnato. Il secondo dopoguerra vide però il mondo diviso in due
blocchi e la guerra fredda si giocò tutta sulla logica della "deterrenza":
la paura che l'altro incuteva, con il suo arsenale nucleare, poteva
essere contrastata solo mediante una paura simmetrica e contraria
da esercitare su di lui. Anche Dio non riuscì a cavarsela… necessariamente
schierato - suo malgrado - dalla parte dei buoni, dei giusti,
del mondo occidentale e credente che ancora si difendeva (facendo
sempre migliaia di vittime innocenti) dalla paura degli infedeli,
che erano tornati nella loro versione peggiore: quella atea e
materialista! Sembrò allora che, per i secoli futuri, il solo
linguaggio possibile sarebbe stato quello delle testate nucleari…
ma venne un uomo di nome Giovanni e Iddio si prese una grande
rivincita. Smascherò l'ipocrisia della difesa armata e cancellò
il proprio nome da dove lo avevano indebitamente posto. Sette
secoli dopo Francesco, Giovanni XXIII indicò nuovamente agli uomini
la possibilità di una sola via, alternativa, verso una pace autentica
e duratura, perché fondata sulla fraternità universale. E nell'enciclica
Pacem in Terris, pubblicata due mesi prima della la sua morte
(considerata a ragione il suo testamento) il papa indicò i passi
concreti e irrinunciabili da percorrere su questo cammino: il
rispetto, il dialogo, la fiducia e la giustizia. Fu bello, fu
un sogno, ma durò poco… ed il "progresso" dell'umanità tornò ad
essere calcolato sulla creazione di nuove diavolerie militari
piuttosto che sui progressi della medicina e lo sviluppo alimentare.
Anzi, la paura diventò un bene di consumo, alquanto redditizio,
sul mercato "libero e globale": non più solamente narcotico da
iniettare nelle masse per ottenere il consenso totale e indiscriminato
della coscienza popolare, ma anche "prima voce" nei bilanci degli
stati; capace di condizionarne l'intera economia, grazie ai costi
dell'industria bellica e dell'indotto che sempre trascina. Il
controllo dell'opinione pubblica assunse così una nuova valenza,
economica, dal momento che ormai la vendita delle armi rappresenta
fino ad oggi il 30% del commercio mondiale ed è necessario combattere
almeno un conflitto ogni dieci anni per svuotare gli arsenali
e garantire lavoro al settore ed evitare così una crisi economica
di proporzioni mondiali. Perciò oggigiorno anche la paura aumenta
smisuratamente di "valore": perché la gente è disposta ad affrontare
enormi sacrifici - sottraendo ingenti risorse ai capitoli della
spesa sociale per finanziare nuovi investimenti bellici - solo
per liberarsi da una paura sempre più oppressiva e immanente.
La "strategia della paura" è così definitivamente uscita da una
lunghissima fase naïf per assurgere a dignità di "scienza" vera
e propria. Sociologi, strateghi del pensiero, maghi della comunicazione,
sono stati impegnati, negli ultimi decenni, per incrementare il
terrore del nemico, modellandolo sempre più sulla misura dei destinatari.
Ricordo una interessante mostra fotografica, allestita dai padri
comboniani una decina d'anni fa, sui "falsi" della comunicazione.
Astuzie e trucchetti finalizzati a suscitare emozioni e reazioni,
e a… disinformare. Tra le altre, erano documentate le foto di
Saddam Hussein, apparse sui giornali occidentali ai tempi della
guerra del Golfo, con i baffetti "ri-tagliati" alla Hitler, al
posto degli originali baffoni mediorientali e le foto che documentavano
lo scempio dell'inquinamento ambientale causato dal dittatore
iracheno sulle rive del Kuwait, raffiguranti poveri volatili "incatramati".
Volatili che però… non vivono in quella regione! Erano in verità
le foto di un altro disastro, causato dall'affondamento di una
petroliera al largo delle coste del Canada, qualche mese prima…
Ma questo sarebbe il meno! Quando invece lumi della scienza, cattedratici
universitari, vengono impiegati per studiare le strategie di annientamento
psicologico - da accompagnare a quello fisico - come è successo
in Guatemala, Cile, Argentina… o quando i media sono strategicamente
utilizzati per "condirci la notizia" e farci digerire un massacro
dopo l'altro, in nome della "sicurezza internazionale", allora
la storia cambia!… Cambia la gravità dei fatti, non certo la loro
novità!… Che dire allora degli albori di questo terzo millennio
cristiano, di questa nuova era della globalizzazione?… "Non c'è
niente di nuovo sotto il sole!" sentenzierebbe Qohelet (1,9),
l'antico saggio biblico. Anzi dovremmo dire che "il passato ritorna"
con sempre più forza. Dopo l'undici settembre 2001, ad una classe
politica internazionale impreparata e incapace ad affrontare la
nuova emergenza… o meglio, indisposta ad affrontarla nella sola
maniera possibile, per non rinunciare a privilegi indebitamente
acquisiti, sembra che la sola arma rimasta sia ancora e sempre
quella della paura. Una paura che ci viene ormai somministrata
quotidianamente, quasi che l'umanità oggigiorno implorasse dal
grande fratello: "dacci oggi la nostra paura quotidiana!". E'
pazzesco, ma assolutamente logico, comprensibile. Mentre da più
parti si sottolinea come il terrorismo non possa essere sconfitto
con le armi tradizionali, ma solo "bruciandogli l'erba sotto i
piedi", cioè l'ingiustizia strutturale del sistema - che produce
815 milioni di affamati e più ancora di disperati… che crea quel
bacino di oppressione, rabbia ed esasperazione in cui il terrorismo
può pescare a piene mani… - i potenti della terra anziché accettare
finalmente l'idea di una distribuzione equa delle risorse e garantire
una vera ed universale giustizia, preferiscono ancora gareggiare
nella corsa agli armamenti. Dovendo però fare i conti con i loro
popoli, che non hanno avuto risposte agli innumerevoli interrogativi
lasciati aperti dagli attentati di New York e di Washington; che
hanno visto - questo sì - bombardare vecchi, bambini, donne e
civili in Afghanistan… ma nemmeno l'ombra di Bin Laden o del mullah
Omar; volendo peraltro continuare a perseguire i propri interessi
militari, economici e politici in altre parti del mondo, senza
poterli giustificare col benché minimo risultato delle campagne
precedenti; non trovano niente di meglio che alzare ogni giorno
il livello della paura! Così, dopo il colpo dei terroristi, il
mondo è da mesi sotto lo stillicidio incrociato dei colpi dei
terrorizzatori, che sparano le loro scemenze al di là e al di
qua dell'oceano. Se negli Stati Uniti d'America, l'amministrazione
Bush non ha mancato di annunciare, a scadenze quasi regolari,
catastrofiche quanto generiche stragi, il governo del nostro paese,
volendo superare in fantasia i propri maestri, si è cimentato
anche nei particolari. Nell'ordine infatti, in Italia, sarebbero
caduti nel mirino dei terroristi: dapprima Bush e gli altri leader
del G8 a Genova nel luglio dello scorso anno, poi la basilica
di S. Pietro e i monumenti di Firenze e Venezia; la metropolitana
e le condotte dell'acqua a Roma… per non parlare della basilica
di S. Petronio a Bologna, "minacciata" a causa di un dipinto quattrocentesco:
la notizia fu, per due giorni, su tutti i telegiornali, finché
il pubblico ministero, Massimo Meroni, smentì categoricamente:
"La storia dell'attentato alla basilica di S. Petronio è una bufala:
non c'è niente di vero". Infine (per ora) il ministro della Difesa
informa che ci sarà un attentato terroristico, grave, terribile,
probabilmente batteriologico. Non sa però dove, né esattamente
quando, ma è certo che ci sarà… se lo dice lui! Forse si aspettano
che li ringraziamo per queste informazioni tempestive, assolutamente
inusuali quanto inutili (perché da che esistono i servizi segreti,
loro compito è indagare nel più assoluto riserbo per prevenire
attentati e ogni forma di destabilizzazione dello stato, non certo
per battere sul tempo i rotocalchi nel terrorizzare persone impotenti)?
O forse ci credono così pecoroni da ritenerli sinceri al punto
di non volerci nascondere niente?… Né l'una né l'altra, anzi ci
convincono sempre di più che non abbiano per nulla rinunciato
all'antica e pur sempre valida strategia della paura. Per questo
è importante non reagire d'istinto, ma chiedendo alla ragione
un supplemento di lucidità. Intendiamoci, non si tratta di essere
temerari. Permangono non pochi motivi di preoccupazione tra quelli
già citati e altri che passano del tutto inosservati. Io per esempio
non riesco ad evitare un certo brivido quando sento alla televisione
che nessuno dei principali responsabili della politica mondiale
è mancato, a Pratica di mare, al Vertice strategico-militare "Russia-NATO",
mentre il presidente degli USA ed il premier britannico hanno
snobbato senza pudore il Vertice della FAO. Ciò significa che
non ci sarà nessuna inversione di rotta nella politica mondiale,
che non hanno imparato (o meglio non vogliono imparare) niente
dalla storia; che lo stato di insicurezza e precarietà persisterà,
ma soprattutto che dovremo attendere ancora a lungo per conoscere
un'era di giustizia e di pace. Inorridisco anche quando sento
affermare dal nostro presidente del consiglio che "un uomo affamato
oggi potrebbe essere un terrorista domani": fino a quando ci toccheranno
leader dal profilo etico così basso che anche quando alludono
a qualcosa di giusto devono sempre tradire un altro interesse?…
Ciò nonostante, nulla giustifica una reazione scomposta, irragionevole
e violenta. Se la paura affonda le radici nell'ambito più riposto,
oscuro, della nostra persona - l'inconscio - e quindi, in qualche
modo, sembra superare le nostre possibilità, non è però invincibile
ed il cristiano sa riconoscere in essa una forte componente di
peccato. Sì di peccato, perché la paura è frutto del peccato e
si alimenta di esso. Fin dall'Antico Testamento Dio ha invitato
l'uomo e la donna a fondare in Lui la propria fiducia per vincere
ogni paura. Questa, al contrario, nasce - nel giardino dell'Eden
(Gn 3) - dal "non fidarsi", di Dio e del fratello. E se è vero
che tutti qualche volta abbiamo sperimentato l'amarezza di essere
stati traditi nella fiducia accordata a qualcuno, è altrettanto
vero che, pensandoci bene, non abbiamo altre possibilità. L'alternativa
sarebbe quella di consumarci nel sospetto, nelle minacce, nella
violenza, che sono una morte anticipata e peggiore. Ne vale veramente
la pena? La via tracciata dal Cristo è piuttosto quella dura,
ma feconda, del porgere l'altra guancia (Mt 5,39), cioè del non
opporsi alla cultura della violenza con altra violenza. E' quella
che passa dal dialogo e dalla giustizia, dall'avere il coraggio
di fare il primo passo, oltre la paura, per fissare lo sguardo
negli occhi dell'altro e "rischiare" di offrirgli la mano. A ben
pensarci queste non sono prerogative cristiane e spesso nella
storia le hanno vissute con più eroismo persone non credenti e
sconosciute. Certo il nostro presunto "realismo" è sempre in agguato
per farsi beffe di tanta "ingenuità"; ma cosa c'era di tale sapienza
"mondana" nella predicazione di Gesù, nell'utopia di Francesco,
nel volto sorridente di Giovanni XXIII, nel passo tremolante ma
retto del Mahatma Gandhi…? Forse che gli altri… i vari imperatori
e vassalli di ieri e di oggi, uomini di successo della new economy
e macellai della new war, con le mani imbrattate di sangue innocente
- e certi di una impunità universalmente garantita - facciano
qualche cosa di meglio per l'umanità? E' segno di responsabilità
e coraggio lo spingerci, a forza, in questa spirale imprevedibile
di violenza o piuttosto sintomo di grande vigliaccheria?… Se molti
ancora vorrebbero nascondersi dietro il fragile alibi di don Abbondio:
"il coraggio, uno non se lo può dare!" (PS XXV), invitiamoli piuttosto
a guardare al di là delle nostre incapacità e miserie - molto
più in là della logica del grande fratello - verso il Padre comune
che sta nei cieli, per chiedergli in tutta sincerità e disponibilità:
"…e non lasciarci cadere nella tentazione della violenza, ma liberaci
dalla paura!".
Alberto
Vitali
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