La persona umana, cuore della Pace



Vi lascio la Pace, vi do la mia Pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Ci dice Gesù nel Vangelo di Giovanni. La Pace di Cristo dunque non è la Pace del mondo. Un'affermazione forte, che - se ci pensiamo bene - non può non turbarci. La Pace non dovrebbe essere una e universale? Ma, certamente, Gesù sapeva quello che diceva… e quando parlava non lo faceva in maniera astratta, generica, come spesso facciamo noi per paura di urtare la suscettibilità di qualcuno… Gesù osservava attentamente la realtà; la gente che gli stava di fronte; la loro situazione… Gesù parlava dentro una storia. E la storia del suo tempo era quella di un mondo sotto il dominio romano. La Pace che conoscevano i suoi contemporanei era dunque quella imposta da Roma, per nulla diversa dalla Pace degli imperi di ogni tempo. Anche il Vangelo di Luca - fin dall'inizio - insinua la stessa contrapposizione: ci dice infatti che Gesù nacque al tempo di Augusto; e Augusto era l'imperatore romano, che avendo conquistato tutto il possibile, a modo suo, aveva posto fine alle guerre, chiuse le porte del tempio militare di Giano e fatta costruire, a Roma, l'Ara Pacis: l'altare della Pace. Ma i discepoli sapevano bene quale fosse il prezzo di questa Pace: lo leggevano ogni giorno sul volto dei loro bambini, dei vecchi, delle donne… nelle membra straziate, sulle croci, di quelle migliaia che di questa Pace ne avrebbero fatto volentieri a meno. Per questo Gesù aggiunge: "Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore". Sì, non c'è da temere, perché - oggi come allora - la Pace di Cristo è una Pace diversa, alternativa, contrapposta a quella del mondo che continua invece a fare vittime; vittime necessarie alla stabilità del sistema, all'ordine economico imperante. Il guaio è che quando si è assuefatti - ma non direttamente colpiti - da questo genere di cose si corre il rischio di non vederle più, di ritenerle normali, naturali. Per questo il papa ha voluto guidarci - quasi prendendoci per mano - a scoprire in cosa veramente consiste la Pace del mondo, oggi. Lo fa con una domanda sottesa: "Se anche l'attuale centinaio di conflitti nel mondo - di cui solo una settantina ufficialmente riconosciuto come "guerre" (e tra queste non compaiono l'Iraq e l'Afghanistan, considerate "interventi di liberazione", così da non essere soggetti al rispetto dei diritti umani imposti dalla Convenzione di Ginevra!) - dovessero per incanto dissolversi, potremmo davvero dire di avere raggiunto la Pace? Sarebbe sufficiente la mancanza di guerre, conflitti e attentati per proclamare la Pace? Evidentemente no… a giudicare dalle tragedie che sempre più segnano il nostro tempo e che il papa ci invita a considerare!

1. Anzitutto il papa ha indirizzato il suo messaggio non soltanto ai "Governanti e ai Responsabili delle Nazioni" - a quelli cioè che contano e possono decidere di fare o non fare la Pace e le guerre - ma anche ai bambini, soprattutto a quelli che con il loro dolore sono un atto di accusa permanente, di fronte a Dio, delle nostre responsabilità e complicità silenti. Bambini che rendono evidente la schizofrenia del mondo: tanto idolatrati e soffocati di cure in alcuni paesi, o meglio, in alcuni settori sociali privati del necessario, sfruttati e abusati negli altri: pensiamo alla piaga del lavoro minorile: impegnati non di rado a fare giocattoli, destinati ai loro coetanei di altri paesi; pensiamo allo sfruttamento, nella prostituzione o nel commercio di organi; pensiamo alla personalità devastata di migliaia di bambini soldato; ma pensiamo anche alle conseguenze delle spregiudicate operazioni di marketing di alcune rispettabilissime ditte del settore alimentare, che dopo anni di denunce in tutto il mondo, continuano indisturbate e "legalmente" a perpetrare i loro misfatti! Pensiamo al fatto che, ogni giorno, muoiono per fame, più di 18.000 bambini al di sotto dei 5 anni e altri 5.000 per malattie trasmesse dall'acqua non potabile, che sono costretti a bere. Pensiamo al fatto che, nel mondo i tassi di mortalità infantile sono in forte ripresa, dovuti non soltanto alle condizioni generali di vita, ma anche alla non disponibilità dei farmaci, la cui produzione e distribuzione non segue la logica del bisogno, ma quella del mercato. E questo vorremmo chiamare Pace?

2. Il papa affronta poi la questione dell'equa distribuzione delle risorse del pianeta. Da cristiani, ben sappiamo (Gn 1,29-30) che tutto viene dal Creatore, per il bene di tutti. L'equa distribuzione delle risorse dunque - per noi credenti - prima ancora che una essere una questione di giustizia, ideologia o politica, è essenzialmente una questione di fede. Ma nel suo ultimo rapporto - dell'ottobre scorso - la FAO ci informa che nel mondo sono ormai 854 milioni le persone che soffrono la fame. E se confrontiamo i dati con quelli precedenti, l'incremento è di 2 milioni all'anno! Il problema - è bene precisarlo - non è di disponibilità, ma di spreco: la terra, a tutt'oggi, produce molto più del necessario per il fabbisogno dell'intera umanità, ma viene sprecato dove non serve. Anche l'acqua è un dono prezioso di Dio. Francesco d'Assisi, nel Cantico delle creature, la definì: "multo utile et humile et pretiosa et casta". Oggi però, con una popolazione mondiale di poco superiore ai 6 miliardi di individui, già più di 1 miliardo di persone non ha accesso all'acqua potabile. Entro il 2025 gli esclusi saranno più di 3 miliardi, ma già oggi, a causa di malattie trasmesse dall'acqua, muoiono ogni anno all'incirca 3 milioni e 400 persone. E che dire del diritto alla salute, dal momento che l'accesso ai farmaci, ormai, non è più impedito soltanto dai loro costi proibitivi e dalla logica del mercato - per cui si produce soltanto ciò che "rende, perché vende" - ma anche dai Trattati Commerciali stipulati dai nostri civilissimi stati? Tra i tanti possibili esempi, pensiamo a quello salvadoregno: dal 1° marzo scorso, con la l'entrata in vigore del Trattato di Libero Commercio, il Salvador si è impegnato con gli Stati Uniti a mettere fuori legge tutti i farmaci generici, ad esclusivo beneficio delle case farmaceutiche. In pochi mesi, non solo le case, ma anche gli ospedali si sono svuotati di farmaci… non è difficile immaginare con quali risultati! Ma a questo punto il papa punta il dito su un'altra questione davvero critica: quella che si suole definire uno "sfruttamento di genere": la condizione della donna, ancora precaria in ogni angolo del mondo, all'inizio del terzo millennio… E lo fa con parole interessanti, perché non si limita a stigmatizzare mali antichi, come lo sfruttamento lavorativo, sessuale, la discriminazione negli alimenti, nell'educazione, nella salute… Il papa punta il dito anche sulla "non sufficiente considerazione della condizione femminile". Non basta cioè non sfruttare, non abusare… bisogna valorizzare… permettere che si realizzi in pienezza e partecipi pienamente - secondo quanto gli è proprio - al destino dell'umanità. Certo per dirlo bisogna essere credibili. Sarebbe troppo facile per noi, come spesso avviene in questi casi, pensare ai soliti paesi orientali o puntare il dito contro leggi e usanze che nemmeno conosciamo. Quello che dovremmo piuttosto chiederci è: qual è la reale condizione della donna dentro le nostre società, occidentali e sedicenti cristiane? Davvero gode di pari opportunità, nel mondo del lavoro, della famiglia… nell'ambito della sua sfera personale? E quale è la posizione veramente riconosciutale nella nostra Chiesa? Se non altro, perché il monito di Cristo a togliere la trave dal proprio occhio, prima di pensare alla pagliuzza degli altri, vale anche per noi! E quanto davvero sarebbe stata diversa la Storia millenaria della Chiesa; la riflessione teologica e - di conseguenza - l'idea stessa che ci siamo fatti di Dio, se alla donna avessimo riconosciuto i diritti ed il ruolo che fin dall'inizio le aveva conferito il Creatore e poi il Signore!

3. Infine il papa ci invita a considerare quali potranno essere le conseguenze ambientali e sociali di questa folle "corsa alle risorse disponibili". Il bisogno sempre maggiore di energia sta' infatti distruggendo il pianeta: così se la deforestazione e la costruzione di centinaia di dighe stanno sempre più cancellando economie millenarie e migliaia di villaggi, creando milioni di profughi, senza lavoro e senza casa; l'estrazione di metalli pregiati e utili all'industria sta' sventrando montagne e inquinando irreparabilmente - con cianuro e mercurio - centinaia di fiumi e di falde. Le stesse guerre non vengono più combattute solamente per garantirsi i giacimenti petroliferi o di gas; ma sempre più per l'acqua. Dal 2000 sono già stati registrati 31 conflitti, tra guerre, rivolte e atti terroristici, a causa dell'acqua.

E tutto questo - è evidente - ha dei costi, economici oltre che umani. Costi che sottraggono fondi ad una vera economia di Pace e a qualsiasi possibile equa ridistribuzione delle ricchezze. Così, negli ultimi anni, nel nostro paese la spesa "militare" equivale ormai ai costi dell'intera "finanziaria" (vale a dire alla somma di quanto spendiamo per tutto il resto: scuola, sanità, servizi…). Quest'anno supererà ampiamente i 21 miliardi di euro, collocandoci così al 7° posto mondiale, come spesa militare. Mentre già vantiamo il 4° come produttori ed il 2° come commercianti di armi leggere. E' chiaro che ne và del benessere e della sicurezza di tutti: basti pensare che sul suolo italiano sono "custodite" 90 bombe atomiche statunitensi, e - mentre a Taranto si sta realizzando un nuovo porto per sommergibili nucleari - per il JSF 35, il nuovo aereo da guerra che verrà assemblato all'aeroporto militare di Cameri (Novara), l'Italia ha già investito 1 miliardo e 28 milioni di dollari. Non c'è che dire: siamo tra i big del settore… se pensiamo che l'88% della produzione e del commercio mondiale delle armi è in mano ai 5 paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Ma se pensiamo anche che soltanto nel primo anno di guerra in Iraq, tra Stati Uniti e Unione Europea abbiamo speso 750 (500+250) miliardi di dollari, mentre per garantire cibo e salute alle popolazioni più povere del mondo ne sarebbero bastati soltanto 13… come non sentire sempre più profetiche e incombenti le parole di Paolo VI, nell'Enciclica "Populorum progressio", di cui proprio quest'anno celebreremo il 40° anniversario? "Quando tanti popoli hanno fame, quando tante famiglie soffrono la miseria, quando tanti uomini vivono immersi nell'ignoranza, quando restano da costruire tante scuole, tanti ospedali, tante abitazioni degne di questo nome, ogni sperpero pubblico o privato, ogni spesa fatta per ostentazione nazionale o personale, ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile. Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i responsabili ascoltarci prima che sia troppo tardi… Diversamente, ostinandosi nella loro avarizia, non potranno che suscitare il giudizio di Dio e la collera dei poveri, con conseguenze imprevedibili (49. 53)".

Alberto Vitali

(riflessioni tenuta a Sondrio, in occasione della Marcia della Pace organizzata da Pax Christi Sondrio e dalla Caritas locale , il 6 gennaio 2007)



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