Una spiritualità biblica del Giubileo

Marcelo Barros



"Quando sente il suono dello shofar o del jobel,
l'Eterno lascia il trono di giustizia
e va a sedersi sii quello della misericordia.
Egli ha pietà del suo popolo e cambia il suo giudizio"
(Libro del Talmud)

Poiché il Giubileo implica un tempo di rivalutazione e giudizio, è bene vedere quali elementi il Giubileo giudichi e met-ta in discussione, nella nostra vita personale e nella realtà delle Chiese. Poiché il nucleo della fede è la mistica o la spiritualità, certamente è in questo ambito di spiritualità che la proposta del Giubileo può aiutare di più a rinnovarci.

a - Riscattare il tempo

Ci sono persone che non vedono un senso nel festeggiare anni-versari o date speciali. Alcuni scherzano dicendo che non voglio-no festeggiare il fatto di essere più vecchi. Il modo biblico di trattare con il tempo è diverso. Come abbiamo già visto, il popolo di Dio è chiamato a "riscattare il tempo". Il tem-po non è solo contato o calcolato come giorni che passano. Come dice Qoelet: "Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo, per ogni faccenda sotto il sole. C'è un tempo per nascere e un tempo per morire. (...). C'è un tempo per amare e un tempo per odiare" (Qo 3,1.8). Celebrare il Giubileo è accogliere un tempo speciale nella nostra vita. È fare di quell'anno o di quel momento commemorativo un tempo per ricordare, un tempo per correggersi e un tempo per ri-cominciare il cammino. Parliamo brevemente su ciascuno di que-sti tre elementi della spiritualità del Giubileo.

b - Giubileo, un tempo per ricordare

Chi completa 50 anni di vita o di matrimonio, o di qualcosa di im-portante, ha come primo obbligo quello di ricordare il tempo che è passato. Non per nostalgia, o perché sia legato al passato. Ma per recuperare "il fervore dei primi tempi", "la gioia del primo amore". Anche per il popolo che celebra il Giubileo il primo elemento è che sia un tempo per ravvivare la memoria. Forse vi chiederete se è proprio necessaria un'istituzione o una ce-lebrazione per aiutare le persone a ricordare. Il fatto è che, secon-do la Bibbia, anche Dio vuole essere ricordato: "Sulle tue mura, Gerusalemme, ha posto sentinelle. Per tutto il giorno e tutta la not-te non taceranno mai, per ravvivare la memoria del Signore' (Is 62,6). Oggi esiste una malattia della quale non si sa quasi nulla. Né l'origine né l'evoluzione. Un male terribile che fa paura a tutti. La malattia senza cura sicura e alcuna speranza di trovare una cu-ra nei prossimi anni. La malattia si chiama Morbo di Alzheimer no-me del neurologo che la riconobbe nel 1907. Alcune delle più fa-mose stelle del cinema, come David Niven e Rita Hayworth, mori-rono per questo male. Questo male attacca la memoria. La perso-na perde il ricordo del passato e anche la coscienza della propria identità. Si trova condannata al silenzio, senza passato né futuro. Chiunque può contrarre questa malattia, e anche un popolo o una comunità possono ammalarsi e addirittura morire per mancanza di memoria storica. Una comunità o un popolo che abbia penso la co-gnizione della sua storia o delle sue ragioni è un popolo condan-nato alla schiavitù o alla distruzione, come coloro che non hanno più possibilità di parlare e di esistere al mondo. Il rabbino Baal Scèm Tov, fondatore dell'hassidismo, insegnava: "La dimenticanza porta alla schiavitù e all'esilio, mentre la memo-ria porta alla liberazione". Ciò che caratterizza il popolo giudeo è proprio il fatto di essere proiettato verso il futuro a causa del suo passato. L'esistenza giu-daica si fonda sul passato, sulla memoria. E stato un popolo che ha affrontato molte invasioni, e fu dominato da molti imperi; affrontò l'ellenismo, l'impero romano, il regime dell'islam, la teocrazia del-la Chiesa medievale, fino al Nazismo. Marek Halter ha scritto una storia del popolo giudeo; si intitola "La memoria di Abramo". Questo titolo del librO è ammirevole, e già rivela il senso della storia del quale l'autore afferma: "Attraverso 19 secoli e 8O generazioni, Abramo è mio antenato e la sua storia è la mia storia". "Essere Giudeo è testimoniare" (E. Wiesel). Come ci piacerebbe che i popoli afrolatini-indios potessero dire la stessa cosa! Tuttavia una coscienza di questo tipo non si costruisce spontaneamente. C'è un metodo, Un cammino che conduce a questo: la celebrazio-ne. Ogni Sabato, ogni festa e ogni anno sabbatico e di Giubileo hanno la funzione di mantenere viva la memoria. Il ricordo, es-sendo collettivo, presuppone il rito e la festa per alimentare il cuo-re e lo spirito. Ogni commemorazione è in realtà una ri-memoria. Le preghiere della festa dell'anno nuovo (Hosh Hashanah) si chia-mano zikronoth (ricordi), perché ringraziano Dio per l'anno che è passato, ricordando quello che Egli ha fatto per il suo popolo. La radice Z-K-R si riferisce al ricordo. Solo nell'Antico Testamento figura 258 volte. La maggior parte in testi di salmi e preghiere. Per il fatto che Dio si ricorda di Abramo, Lot è risparmiato dal ca-stigo di Sodoma e Gomorra (Gen 19,29). Dio si ricorda di Rache-le che è sterile, ed essa resta incinta (Gen 30,22). Ricordando la sua amicizia con i patriarchi Dio interviene in Egitto per liberare gli Ebrei (Sal 405,8; 106,45; 111,5). Possiamo dire che è il ricordo o la memoria di Dio che orienta le decisioni e ispira il comportamento di Israele. Per questo "Credere è ricordarsi". Nella preghiera e nella meditazione della parola di Dio, la persona e la comunità si ricorda delle azioni di Dio e, in un certo senso, "Ri-corda a Dio la sua misericordia". I salmi ripetono con insistenza "Ricordati, Signore!" (Cf Sal 25,6; 74,2; 89,5119,49). In questo cli-ma di alleanza, anche i credenti si ricordano di Dio (Cf. Sal 42,7; 77,4; 78,34; 105,5; 106,7; 143,4). Questo punto così centrale nella spiritualità giudaica è un fulcro importante da riprendere per il nostro metodo di preghiera e me-ditazione. Non dobbiamo ripetere lo stile degli israeliti, copiando testi dalla parola di Dio nella frangia del vestito o negli stipiti del-le porte, ma capire che questo ci aiuta a vivere questa memoria permanente, e a non dimenticare che siamo consacrati/te. Ripete-re che un fulcro del culto biblico sia il memoriale è importante per-ché, a volte, nelle celebrazioni più legate al cammino del popolo, percepisco che le persone, preoccupate di celebrare la vita, di e-sprimere la realtà e fare un culto molto attuale, non ricordano di accogliere questa dimensione importante. Facciamo il memoriale del Signore ("Fate questo in memoria di me"), attualizzandolo alla nostra cultura, celebrandolo al modo di oggi e legandolo con la nostra vita. Allora il fatto di fare ricordo non diminuisce l'attualità storica del culto. La preghiera dei salmi ci può aiutare a legare queste due dimensioni: ricordare e attualizzare. Il comandamento del ricordo, in quanto rifiuta l'indifferenza e la banalizzazione (ripetere per abitudine, in qualsiasi modo), ci inse-gna a valutare il peso degli eventi presenti. Così la memoria co-struisce un futuro. E ciò che accade in Israele può accadere anche per tutti noi. Concretamente, celebrare questo Giubileo sarà rivedere se stiamo riprendendo sul serio l'impegno assunto con noi stessi, con gli al-tri (la coppia, la famiglia, la comunità, la Chiesa, anche il partito, con la sua categoria sociale e con la società politica) e con Dio. Ri-cordando il giorno della nostra promessa e del nostro impegno, per rinnovarli.

c - Il Giubileo, tempo per convertirsi.
Se il Giubileo è il tempo del giudizio di Dio (Jobel=tromba), cele-brare un Giubileo è sottomettersi interiormente a questo giudizio e lasciarsi criticare e correggere dalla Parola di Dio. Secondo il Quarto Vangelo, durante la cena, lavando i piedi dei di-scepoli, Gesù disse: "Voi siete già mondi, per la Parola che vi ho annunziato" (Gv 15,3). Nell'attuale Giubileo, è importante che questa proposta peniten-ziale non si limiti agli aspetti interiori e morali di ciascuna persona. L'appello di Dio alla conversione riguarda il cuore di ogni uomo e donna, ma è rivolto alla comunità e in vista della trasformazione della società e della riunificazione dell'armonia cosmica che l'es-sere umano, in balia dei suoi istinti egoisti, minaccia. L'appello di Dio sovverte leggi economiche e sociali dell'attuale sistema domi-nante la società, e rivela all'umanità che tutto l'universo è parola di amore, uscita dalla sapienza divina. Oggi viviamo un'epoca nella quale risorge ogni tipo di misticismo. Certamente questa è una ricchezza, e dobbiamo dialogare e impa-rare da tutte queste correnti di spiritualità. Tuttavia, per chi impara dalla Bibbia un cammino spirituale, il criterio fondamentale per va-lutare se una mistica è reale e positiva, è la sua base etica e il suo rapporto con la giustizia del Regno, cioè una giustizia di liberazio-ne e di vita per l'essere umano, per la terra e per tutto l'universo. Come abbiamo visto, difficilmente i potenti di questo mondo ac-coglieranno la proposta del Giubileo come cammino per sé e per la società. Se però i piccoli lo accoglieranno, si libereranno dalla legittimazione che viene data alla legge. In ogni società la legge deve essere rispettata, ma è necessario che sia giusta. Un atteggia-mento può essere totalmente giusto ma illegale. In questo caso quale è l'atteggiamento delle persone che hanno fame e sete di giu-stizia? Il metodo di Gesù e dei profeti fu quello di mettere in di-scussione la legge e lottare per la giustizia. Per Gesù stesso la persona che gli piace e si unisce a Dio "non è chi dice: Signore, Signore! Entra nel Regno di Dio chi pratica la vo-lontà di Dio" (cfr. Mt 7,21). Nell'Antico Testamento, i profeti annunciarono la conversione che ha come base il cambiamento del cuore, cioè dell'intimo essere u-mano e non solo delle strutture esterne. Chiedevano: "Circoncide-te il cuore e non indurite la mente di fronte a Dio" (cfr. Dt 10,16). La dimensione interiore e quella sociale devono rimanere intima-mente legate. Ogni credente è chiamato a lavorare per trasforma-re questo mondo, preoccupandosi, allo stesso tempo, di converti-re il proprio cuore e trasformarsi "attraverso il rinnovo della men-talità" (cfr. Rm 12,2). È Dio che cambia il nostro cuore di pietra in un cuore di carne dandoci il suo Spirito, Madre di tenerezza e com-passione (cfr. Ez 36). Quando a 48 anni entrai in monastero, mi stupivo sempre quando ogni sera cominciavamo l'ufficio della compieta cantando: "Con-vertiti a noi, o Dio, nostro Salvatore" (Sal 80,14). Mi intimoriva il fatto di chiedere a Dio di convertirsi. Pensavo che chi doveva con-vertirsi fosse la comunità o il credente. Oggi capisco meglio la pa-rola del salmo. Secondo la spiritualità biblica, non siamo solo noi che ci convertiamo. Anche Dio si converte a noi. Anzi, siamo chia-mati a convertirci a Dio perché è Lui che, per primo, con il suo amore materno, si volta verso di noi, si converte a noi. In un certo senso, il testo rabbinico che ho citato all'inizio di questo capitolo allude a questa "conversione" di Dio: "Quando sente il suono del shofar o il jobel (la tromba del Giubileo), l'Eterno lascia il trono della giustizia e va a sedersi su quello della misericordia. Egli ha pietà del suo popolo e cambia il suo giudizio". La spiritualità giudaica, a contatto con le culture in mezzo alle qua-li il popolo di Israele dovette convivere, assunse questa polarizza-zione tra giustizia e misericordia tanto estranea alla mentalità bi-blica. Nei testi biblici più antichi, la giustizia di Dio è esattamente espressione della sua misericordia, o del suo amore materno (com-passione). In qualche modo, il Giubileo (il suono della tromba) serve per ricordare la misericordia di Dio per il suo popolo. Secondo un rabbino del III secolo, Abramo avrebbe detto a Dio: "Maestro dell'universo, quando mi desti l'ordine di prendere il mio figlio unico, soffocai la mia tenerezza per compiere la tua volontà. Oh mio Dio, ora ti prego che ogni volta che i discendenti di Isac-co si renderanno colpevoli di trasgressioni, ti degni, per effetto del-la tua grazia, di ricordare questo sacrificio e ti riempia di pietà". Concretamente, quindi, il Giubileo è riunificare nell'esperienza giornaliera della vita una preoccupazione di giustizia nei confron-ti dell'umanità, della terra, dell'universo e di noi stessi, in un atteg-giamento interiore di continuo cambiamento etico della mente e del cuore. Molte volte, queste due dimensioni o livelli di vita spiri-tuale (sociale e interiore) nella nostra vita sono in disaccordo e in lotta quotidiana non perché vogliamo che sia così, ma per la man-canza di un metodo che ci aiuti. Il Giubileo ci propone una cele-brazione che ricorda la proposta iniziale della nostra vita (rifare l'opzione iniziale). Chiede di condonare i debiti di riconciliarci con le persone dalle quali ci siamo separati/e e di intensificare l'impegno di solidarietà con i poveri e gli esclusi del mondo. Sia al mondo che ad ogni discepolo/a, la parola di Gesù risuona oggi, ripetendo: "Convertitevi perché il Regno di Dio è venuto". Il tempo del Giubileo è un segno dell'anticipazione del Regno di Dio.

d - Giubileo, tempo per ricominciare
Se il Giubileo ci fa chiedere perdono è perché accettiamo di con-vertirci e di cambiare atteggiamento. Si può parlare di perdono, solo se c'è un cambiamento di cammino: un nuovo inizio. Anche sul piano politico, l'amnistia è vera e giusta se c'è una riparazione delle ingiustizie commesse e un cambiamento effettivo da iniziare. Quando, nella sinagoga di Nazareth, Gesù finì di citare il testo di I-saia proponendo un anno di Giubileo straordinario, concluse: "Oggi si è adempiuta questa parola di Dio che voi avete udito con i vostri orecchi" (Lc 4,21). Come ho già accennato, la Parola non fu solo il testo letterale di I-saia, ma fu riletta a partire dall'ottica personale e della missione salvatrice di Gesù. Celebrare il Giubileo non è solo ripetere una legge e ritornare al cammino iniziale. Questo confermerebbe quanto dice la Sapienza: "Niente c'è nuovo sotto il sole". È necessario accogliere il tempo nuovo con le sue esigenze pro-prie e le sue caratteristiche. Il nostro Dio è quello che dice: "Fac-cio nuove tutte le cose" (Ap 21,7). Vivere una spiritualità del Giubileo è aprirsi alla creatività dello Spirito. Paolo spiegava: "Se qualcuno è di Cristo, è una nuova crea-tura. Tutto si fa nuovo" (2 Cor 5,14). Un teologo americano propone: 'Credo che nel mondo in cui vi-viamo, una virtù primordiale per colui che vuole vivere un cam-mino spirituale sia la creatività. Propongo che ciascuna persona as-suma con se stesso l'impegno di restare creativa, di sostenere la creatività e di appoggiarsi reciprocamente nell'esercizio della creatività" Come vedete, è urgente che questa mistica del Giubileo e l'aper-tura alla creatività dello Spirito penetrino profondamente nella stessa Chiesa Cattolica perché anch'essa viva quello che propone agli altri. I Uno degli elementi fondamentali della creatività dello Spirito è la libertà che Egli ispira e provoca. "Dove c'è lo Spirito del Signore lì è libertà" (2 Cor 5,17). Nella Bibbia, la stessa origine del Giubileo fu motivata dalla ne-cessità di liberare chi non era libero. La libertà è il cuore stesso del Giubileo. Anche l'usanza romana del Giubileo, come è stato detto, ebbe inizio per la capacità creativa di un monaco che divenne papa e fu capace di creare un mezzo che liberasse i fedeli dagli obblighi cu-riali e stimolasse la relazione con Dio in un modo più libero e popolare. Poiché l'istituzione del Giubileo cattolico ebbe origine nella pietà popolare e come espressione di una spiritualità penitenziale di ca-rattere monastico, possiamo ora restituire a questo Giubileo la sua ispirazione più genuina. Il Giubileo ci invita a "metterci in cammino", approfondendo la mist-ica del pellegrino che ha alimentato così fortemente gli uomini e donne che fin dai tempi antichi hanno vissuto il cammino misti-co. La figura del pellegrino è l'immagine dell'essere umano che sperimenta la precarietà dell'esistere e vive l'insoddisfazione del cuore per il "qui e ora". Chi vive più profondamente la spiritualità cerca di fondarsi su una stabilità interiore fondamentale (San Benedetto ordina addirittura di fare un voto di stabilità), per non es-sere vittima delle proprie fantasie. Ma allo stesso tempo è sempre pellegrino, in cerca di un luogo e di un tempo diversi, che rivelino il nuovo senso della vita come accadde ai discepoli di Emmaus (Cfr. Lc 24,13-35). Proprio perché è un "tempo nuovo" che proclama un nuovo inizio della vita e del cammino, liberati dai debiti e dalle schiavitù contratte nel passato, il Giubileo contiene un messaggio di rinnova-mento interiore e sociale. Nel Medioevo Maestro Eckhart, uno dei maggiori mistici del cri-stianesimo occidentale, insegnava che "Il mistico dentro di noi è il bambino che esiste in noi". Infelicemente, le Chiese cristiane han-no sviluppato metodi e tecniche di spiritualità che rendono le persone troppo serie, artificialmente adulte e non ci aiutano ad esprimere quella giovialità che appare nei Vangeli come "infanzia spirituale". Solo i mistici e gli stregoni hanno stimolato questo caratte-re ludico della vita con Dio. Secondo Metildes de Magdeburg, una monaca Benedettina medievale, Dio dice ad ogni persona che lo cerca: "Sono tuo compagno, guiderò il bambino che c'è in te nei modi più meravigliosi, perché io ti ho scelto". Sembra quasi Mil-ton Nascimento che canta: "Dentro di me abita un bambino, un burattino. Quando dentro di me l'adulto vacilla, viene il bambino e mi prende per mano". Questo ci porta alla decisione di vedere come sta il nostro umore. Se celebrare il Giubileo è far festa, questo spirito implica, come in tutti i popoli e culture, "entrare nello spirito ludico", danzare con il vento, correre lungo la spiaggia, piantare tende nei deserti delle nostre città ed essere capaci di non prenderci troppo sul serio. Dio guida il bambino che è dentro di noi in modo meraviglioso.

(Da: "Giubileo per un tempo nuovo", pp. 36-44, Ed. Traccedizioni - Piombino (Li) 1998)


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