"Quando
sente il suono dello shofar o del jobel,
l'Eterno lascia il trono di giustizia
e va a sedersi sii quello della misericordia.
Egli ha pietà del suo popolo e cambia il suo giudizio"
(Libro del Talmud)
Poiché
il Giubileo implica un tempo di rivalutazione e giudizio, è
bene vedere quali elementi il Giubileo giudichi e met-ta in discussione,
nella nostra vita personale e nella realtà delle Chiese.
Poiché il nucleo della fede è la mistica o la spiritualità,
certamente è in questo ambito di spiritualità che
la proposta del Giubileo può aiutare di più a rinnovarci.
a
- Riscattare il tempo
Ci
sono persone che non vedono un senso nel festeggiare anni-versari
o date speciali. Alcuni scherzano dicendo che non voglio-no festeggiare
il fatto di essere più vecchi. Il modo biblico di trattare
con il tempo è diverso. Come abbiamo già visto,
il popolo di Dio è chiamato a "riscattare il tempo".
Il tem-po non è solo contato o calcolato come giorni che
passano. Come dice Qoelet: "Per ogni cosa c'è il suo
momento, il suo tempo, per ogni faccenda sotto il sole. C'è
un tempo per nascere e un tempo per morire. (...). C'è
un tempo per amare e un tempo per odiare" (Qo 3,1.8). Celebrare
il Giubileo è accogliere un tempo speciale nella nostra
vita. È fare di quell'anno o di quel momento commemorativo
un tempo per ricordare, un tempo per correggersi e un tempo per
ri-cominciare il cammino. Parliamo brevemente su ciascuno di que-sti
tre elementi della spiritualità del Giubileo.
b
- Giubileo, un tempo per ricordare
Chi
completa 50 anni di vita o di matrimonio, o di qualcosa di im-portante,
ha come primo obbligo quello di ricordare il tempo che è
passato. Non per nostalgia, o perché sia legato al passato.
Ma per recuperare "il fervore dei primi tempi", "la
gioia del primo amore". Anche per il popolo che celebra il
Giubileo il primo elemento è che sia un tempo per ravvivare
la memoria. Forse vi chiederete se è proprio necessaria
un'istituzione o una ce-lebrazione per aiutare le persone a ricordare.
Il fatto è che, secon-do la Bibbia, anche Dio vuole essere
ricordato: "Sulle tue mura, Gerusalemme, ha posto sentinelle.
Per tutto il giorno e tutta la not-te non taceranno mai, per ravvivare
la memoria del Signore' (Is 62,6). Oggi esiste una malattia della
quale non si sa quasi nulla. Né l'origine né l'evoluzione.
Un male terribile che fa paura a tutti. La malattia senza cura
sicura e alcuna speranza di trovare una cu-ra nei prossimi anni.
La malattia si chiama Morbo di Alzheimer no-me del neurologo che
la riconobbe nel 1907. Alcune delle più fa-mose stelle
del cinema, come David Niven e Rita Hayworth, mori-rono per questo
male. Questo male attacca la memoria. La perso-na perde il ricordo
del passato e anche la coscienza della propria identità.
Si trova condannata al silenzio, senza passato né futuro.
Chiunque può contrarre questa malattia, e anche un popolo
o una comunità possono ammalarsi e addirittura morire per
mancanza di memoria storica. Una comunità o un popolo che
abbia penso la co-gnizione della sua storia o delle sue ragioni
è un popolo condan-nato alla schiavitù o alla distruzione,
come coloro che non hanno più possibilità di parlare
e di esistere al mondo. Il rabbino Baal Scèm Tov, fondatore
dell'hassidismo, insegnava: "La dimenticanza porta alla schiavitù
e all'esilio, mentre la memo-ria porta alla liberazione".
Ciò che caratterizza il popolo giudeo è proprio
il fatto di essere proiettato verso il futuro a causa del suo
passato. L'esistenza giu-daica si fonda sul passato, sulla memoria.
E stato un popolo che ha affrontato molte invasioni, e fu dominato
da molti imperi; affrontò l'ellenismo, l'impero romano,
il regime dell'islam, la teocrazia del-la Chiesa medievale, fino
al Nazismo. Marek Halter ha scritto una storia del popolo giudeo;
si intitola "La memoria di Abramo". Questo titolo del
librO è ammirevole, e già rivela il senso della
storia del quale l'autore afferma: "Attraverso 19 secoli
e 8O generazioni, Abramo è mio antenato e la sua storia
è la mia storia". "Essere Giudeo è testimoniare"
(E. Wiesel). Come ci piacerebbe che i popoli afrolatini-indios
potessero dire la stessa cosa! Tuttavia una coscienza di questo
tipo non si costruisce spontaneamente. C'è un metodo, Un
cammino che conduce a questo: la celebrazio-ne. Ogni Sabato, ogni
festa e ogni anno sabbatico e di Giubileo hanno la funzione di
mantenere viva la memoria. Il ricordo, es-sendo collettivo, presuppone
il rito e la festa per alimentare il cuo-re e lo spirito. Ogni
commemorazione è in realtà una ri-memoria. Le preghiere
della festa dell'anno nuovo (Hosh Hashanah) si chia-mano zikronoth
(ricordi), perché ringraziano Dio per l'anno che è
passato, ricordando quello che Egli ha fatto per il suo popolo.
La radice Z-K-R si riferisce al ricordo. Solo nell'Antico Testamento
figura 258 volte. La maggior parte in testi di salmi e preghiere.
Per il fatto che Dio si ricorda di Abramo, Lot è risparmiato
dal ca-stigo di Sodoma e Gomorra (Gen 19,29). Dio si ricorda di
Rache-le che è sterile, ed essa resta incinta (Gen 30,22).
Ricordando la sua amicizia con i patriarchi Dio interviene in
Egitto per liberare gli Ebrei (Sal 405,8; 106,45; 111,5). Possiamo
dire che è il ricordo o la memoria di Dio che orienta le
decisioni e ispira il comportamento di Israele. Per questo "Credere
è ricordarsi". Nella preghiera e nella meditazione
della parola di Dio, la persona e la comunità si ricorda
delle azioni di Dio e, in un certo senso, "Ri-corda a Dio
la sua misericordia". I salmi ripetono con insistenza "Ricordati,
Signore!" (Cf Sal 25,6; 74,2; 89,5119,49). In questo cli-ma
di alleanza, anche i credenti si ricordano di Dio (Cf. Sal 42,7;
77,4; 78,34; 105,5; 106,7; 143,4). Questo punto così centrale
nella spiritualità giudaica è un fulcro importante
da riprendere per il nostro metodo di preghiera e me-ditazione.
Non dobbiamo ripetere lo stile degli israeliti, copiando testi
dalla parola di Dio nella frangia del vestito o negli stipiti
del-le porte, ma capire che questo ci aiuta a vivere questa memoria
permanente, e a non dimenticare che siamo consacrati/te. Ripete-re
che un fulcro del culto biblico sia il memoriale è importante
per-ché, a volte, nelle celebrazioni più legate
al cammino del popolo, percepisco che le persone, preoccupate
di celebrare la vita, di e-sprimere la realtà e fare un
culto molto attuale, non ricordano di accogliere questa dimensione
importante. Facciamo il memoriale del Signore ("Fate questo
in memoria di me"), attualizzandolo alla nostra cultura,
celebrandolo al modo di oggi e legandolo con la nostra vita. Allora
il fatto di fare ricordo non diminuisce l'attualità storica
del culto. La preghiera dei salmi ci può aiutare a legare
queste due dimensioni: ricordare e attualizzare. Il comandamento
del ricordo, in quanto rifiuta l'indifferenza e la banalizzazione
(ripetere per abitudine, in qualsiasi modo), ci inse-gna a valutare
il peso degli eventi presenti. Così la memoria co-struisce
un futuro. E ciò che accade in Israele può accadere
anche per tutti noi. Concretamente, celebrare questo Giubileo
sarà rivedere se stiamo riprendendo sul serio l'impegno
assunto con noi stessi, con gli al-tri (la coppia, la famiglia,
la comunità, la Chiesa, anche il partito, con la sua categoria
sociale e con la società politica) e con Dio. Ri-cordando
il giorno della nostra promessa e del nostro impegno, per rinnovarli.
c
- Il Giubileo, tempo per convertirsi.
Se il Giubileo è il tempo del giudizio di Dio (Jobel=tromba),
cele-brare un Giubileo è sottomettersi interiormente a
questo giudizio e lasciarsi criticare e correggere dalla Parola
di Dio. Secondo il Quarto Vangelo, durante la cena, lavando i
piedi dei di-scepoli, Gesù disse: "Voi siete già
mondi, per la Parola che vi ho annunziato" (Gv 15,3). Nell'attuale
Giubileo, è importante che questa proposta peniten-ziale
non si limiti agli aspetti interiori e morali di ciascuna persona.
L'appello di Dio alla conversione riguarda il cuore di ogni uomo
e donna, ma è rivolto alla comunità e in vista della
trasformazione della società e della riunificazione dell'armonia
cosmica che l'es-sere umano, in balia dei suoi istinti egoisti,
minaccia. L'appello di Dio sovverte leggi economiche e sociali
dell'attuale sistema domi-nante la società, e rivela all'umanità
che tutto l'universo è parola di amore, uscita dalla sapienza
divina. Oggi viviamo un'epoca nella quale risorge ogni tipo di
misticismo. Certamente questa è una ricchezza, e dobbiamo
dialogare e impa-rare da tutte queste correnti di spiritualità.
Tuttavia, per chi impara dalla Bibbia un cammino spirituale, il
criterio fondamentale per va-lutare se una mistica è reale
e positiva, è la sua base etica e il suo rapporto con la
giustizia del Regno, cioè una giustizia di liberazio-ne
e di vita per l'essere umano, per la terra e per tutto l'universo.
Come abbiamo visto, difficilmente i potenti di questo mondo ac-coglieranno
la proposta del Giubileo come cammino per sé e per la società.
Se però i piccoli lo accoglieranno, si libereranno dalla
legittimazione che viene data alla legge. In ogni società
la legge deve essere rispettata, ma è necessario che sia
giusta. Un atteggia-mento può essere totalmente giusto
ma illegale. In questo caso quale è l'atteggiamento delle
persone che hanno fame e sete di giu-stizia? Il metodo di Gesù
e dei profeti fu quello di mettere in di-scussione la legge e
lottare per la giustizia. Per Gesù stesso la persona che
gli piace e si unisce a Dio "non è chi dice: Signore,
Signore! Entra nel Regno di Dio chi pratica la vo-lontà
di Dio" (cfr. Mt 7,21). Nell'Antico Testamento, i profeti
annunciarono la conversione che ha come base il cambiamento del
cuore, cioè dell'intimo essere u-mano e non solo delle
strutture esterne. Chiedevano: "Circoncide-te il cuore e
non indurite la mente di fronte a Dio" (cfr. Dt 10,16). La
dimensione interiore e quella sociale devono rimanere intima-mente
legate. Ogni credente è chiamato a lavorare per trasforma-re
questo mondo, preoccupandosi, allo stesso tempo, di converti-re
il proprio cuore e trasformarsi "attraverso il rinnovo della
men-talità" (cfr. Rm 12,2). È Dio che cambia
il nostro cuore di pietra in un cuore di carne dandoci il suo
Spirito, Madre di tenerezza e com-passione (cfr. Ez 36). Quando
a 48 anni entrai in monastero, mi stupivo sempre quando ogni sera
cominciavamo l'ufficio della compieta cantando: "Con-vertiti
a noi, o Dio, nostro Salvatore" (Sal 80,14). Mi intimoriva
il fatto di chiedere a Dio di convertirsi. Pensavo che chi doveva
con-vertirsi fosse la comunità o il credente. Oggi capisco
meglio la pa-rola del salmo. Secondo la spiritualità biblica,
non siamo solo noi che ci convertiamo. Anche Dio si converte a
noi. Anzi, siamo chia-mati a convertirci a Dio perché è
Lui che, per primo, con il suo amore materno, si volta verso di
noi, si converte a noi. In un certo senso, il testo rabbinico
che ho citato all'inizio di questo capitolo allude a questa "conversione"
di Dio: "Quando sente il suono del shofar o il jobel (la
tromba del Giubileo), l'Eterno lascia il trono della giustizia
e va a sedersi su quello della misericordia. Egli ha pietà
del suo popolo e cambia il suo giudizio". La spiritualità
giudaica, a contatto con le culture in mezzo alle qua-li il popolo
di Israele dovette convivere, assunse questa polarizza-zione tra
giustizia e misericordia tanto estranea alla mentalità
bi-blica. Nei testi biblici più antichi, la giustizia di
Dio è esattamente espressione della sua misericordia, o
del suo amore materno (com-passione). In qualche modo, il Giubileo
(il suono della tromba) serve per ricordare la misericordia di
Dio per il suo popolo. Secondo un rabbino del III secolo, Abramo
avrebbe detto a Dio: "Maestro dell'universo, quando mi desti
l'ordine di prendere il mio figlio unico, soffocai la mia tenerezza
per compiere la tua volontà. Oh mio Dio, ora ti prego che
ogni volta che i discendenti di Isac-co si renderanno colpevoli
di trasgressioni, ti degni, per effetto del-la tua grazia, di
ricordare questo sacrificio e ti riempia di pietà".
Concretamente, quindi, il Giubileo è riunificare nell'esperienza
giornaliera della vita una preoccupazione di giustizia nei confron-ti
dell'umanità, della terra, dell'universo e di noi stessi,
in un atteg-giamento interiore di continuo cambiamento etico della
mente e del cuore. Molte volte, queste due dimensioni o livelli
di vita spiri-tuale (sociale e interiore) nella nostra vita sono
in disaccordo e in lotta quotidiana non perché vogliamo
che sia così, ma per la man-canza di un metodo che ci aiuti.
Il Giubileo ci propone una cele-brazione che ricorda la proposta
iniziale della nostra vita (rifare l'opzione iniziale). Chiede
di condonare i debiti di riconciliarci con le persone dalle quali
ci siamo separati/e e di intensificare l'impegno di solidarietà
con i poveri e gli esclusi del mondo. Sia al mondo che ad ogni
discepolo/a, la parola di Gesù risuona oggi, ripetendo:
"Convertitevi perché il Regno di Dio è venuto".
Il tempo del Giubileo è un segno dell'anticipazione del
Regno di Dio.
d
- Giubileo, tempo per ricominciare
Se il Giubileo ci fa chiedere perdono è perché accettiamo
di con-vertirci e di cambiare atteggiamento. Si può parlare
di perdono, solo se c'è un cambiamento di cammino: un nuovo
inizio. Anche sul piano politico, l'amnistia è vera e giusta
se c'è una riparazione delle ingiustizie commesse e un
cambiamento effettivo da iniziare. Quando, nella sinagoga di Nazareth,
Gesù finì di citare il testo di I-saia proponendo
un anno di Giubileo straordinario, concluse: "Oggi si è
adempiuta questa parola di Dio che voi avete udito con i vostri
orecchi" (Lc 4,21). Come ho già accennato, la Parola
non fu solo il testo letterale di I-saia, ma fu riletta a partire
dall'ottica personale e della missione salvatrice di Gesù.
Celebrare il Giubileo non è solo ripetere una legge e ritornare
al cammino iniziale. Questo confermerebbe quanto dice la Sapienza:
"Niente c'è nuovo sotto il sole". È necessario
accogliere il tempo nuovo con le sue esigenze pro-prie e le sue
caratteristiche. Il nostro Dio è quello che dice: "Fac-cio
nuove tutte le cose" (Ap 21,7). Vivere una spiritualità
del Giubileo è aprirsi alla creatività dello Spirito.
Paolo spiegava: "Se qualcuno è di Cristo, è
una nuova crea-tura. Tutto si fa nuovo" (2 Cor 5,14). Un
teologo americano propone: 'Credo che nel mondo in cui vi-viamo,
una virtù primordiale per colui che vuole vivere un cam-mino
spirituale sia la creatività. Propongo che ciascuna persona
as-suma con se stesso l'impegno di restare creativa, di sostenere
la creatività e di appoggiarsi reciprocamente nell'esercizio
della creatività" Come vedete, è urgente che
questa mistica del Giubileo e l'aper-tura alla creatività
dello Spirito penetrino profondamente nella stessa Chiesa Cattolica
perché anch'essa viva quello che propone agli altri. I
Uno degli elementi fondamentali della creatività dello
Spirito è la libertà che Egli ispira e provoca.
"Dove c'è lo Spirito del Signore lì è
libertà" (2 Cor 5,17). Nella Bibbia, la stessa origine
del Giubileo fu motivata dalla ne-cessità di liberare chi
non era libero. La libertà è il cuore stesso del
Giubileo. Anche l'usanza romana del Giubileo, come è stato
detto, ebbe inizio per la capacità creativa di un monaco
che divenne papa e fu capace di creare un mezzo che liberasse
i fedeli dagli obblighi cu-riali e stimolasse la relazione con
Dio in un modo più libero e popolare. Poiché l'istituzione
del Giubileo cattolico ebbe origine nella pietà popolare
e come espressione di una spiritualità penitenziale di
ca-rattere monastico, possiamo ora restituire a questo Giubileo
la sua ispirazione più genuina. Il Giubileo ci invita a
"metterci in cammino", approfondendo la mist-ica del
pellegrino che ha alimentato così fortemente gli uomini
e donne che fin dai tempi antichi hanno vissuto il cammino misti-co.
La figura del pellegrino è l'immagine dell'essere umano
che sperimenta la precarietà dell'esistere e vive l'insoddisfazione
del cuore per il "qui e ora". Chi vive più profondamente
la spiritualità cerca di fondarsi su una stabilità
interiore fondamentale (San Benedetto ordina addirittura di fare
un voto di stabilità), per non es-sere vittima delle proprie
fantasie. Ma allo stesso tempo è sempre pellegrino, in
cerca di un luogo e di un tempo diversi, che rivelino il nuovo
senso della vita come accadde ai discepoli di Emmaus (Cfr. Lc
24,13-35). Proprio perché è un "tempo nuovo"
che proclama un nuovo inizio della vita e del cammino, liberati
dai debiti e dalle schiavitù contratte nel passato, il
Giubileo contiene un messaggio di rinnova-mento interiore e sociale.
Nel Medioevo Maestro Eckhart, uno dei maggiori mistici del cri-stianesimo
occidentale, insegnava che "Il mistico dentro di noi è
il bambino che esiste in noi". Infelicemente, le Chiese cristiane
han-no sviluppato metodi e tecniche di spiritualità che
rendono le persone troppo serie, artificialmente adulte e non
ci aiutano ad esprimere quella giovialità che appare nei
Vangeli come "infanzia spirituale". Solo i mistici e
gli stregoni hanno stimolato questo caratte-re ludico della vita
con Dio. Secondo Metildes de Magdeburg, una monaca Benedettina
medievale, Dio dice ad ogni persona che lo cerca: "Sono tuo
compagno, guiderò il bambino che c'è in te nei modi
più meravigliosi, perché io ti ho scelto".
Sembra quasi Mil-ton Nascimento che canta: "Dentro di me
abita un bambino, un burattino. Quando dentro di me l'adulto vacilla,
viene il bambino e mi prende per mano". Questo ci porta alla
decisione di vedere come sta il nostro umore. Se celebrare il
Giubileo è far festa, questo spirito implica, come in tutti
i popoli e culture, "entrare nello spirito ludico",
danzare con il vento, correre lungo la spiaggia, piantare tende
nei deserti delle nostre città ed essere capaci di non
prenderci troppo sul serio. Dio guida il bambino che è
dentro di noi in modo meraviglioso.
(Da:
"Giubileo per un tempo nuovo", pp. 36-44, Ed. Traccedizioni
- Piombino (Li) 1998)
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