"E
adesso, padre, cosa faccio?"… Maria ha gli occhi grandi, neri.
La pelle colore della sua terra, quella terra latinoamericana
lasciata insieme a tre figli, di 5, 4 e 2 anni - affidati alle
cure della nonna e del marito - per tentare di strapparli alla
miseria e offrirgli una dignitosa povertà. La dignità in cambio
della mamma… I figli in cambio della loro fame! Ora Maria ha paura,
non solo per quello che ha appena finito di dirmi, ma anche per
colpa mia. Guardandola, mi accorgo che è turbata dalla mia reazione:
si è accorta che anch'io non so più cosa fare e che, per la prima
volta, non so risponderle. A nulla le serviranno la mia rabbia
e la mia indignazione... a poco la mia partecipazione. Avevo conosciuto
Maria due anni fa, in avvento, mentre passavamo di casa in casa
per la benedizione natalizia. Lei era una delle tante "badanti"
che vennero ad aprirci le porte: non immaginavo potessero essere
così tante nel territorio della nostra parrocchia… Sono in prevalenza
donne latinoamericane o dell'est europeo, pagate per assistere
gli anziani, dal momento che oggi in moltissime famiglie - soprattutto
coi prezzi di Milano - entrambi i coniugi devono lavorare ed essere
disposti a turni "flessibili". In questi due anni Maria ha frequentato
gli incontri della comunità latinoamericana: prima per trovarvi
conforto e poi come scelta di servizio agli altri, soprattutto
agli ultimi arrivati. Ma ora è sconvolta: ha appena appreso i
particolari dell'ormai prossima "legge Bossi-Fini sull'immigrazione"
e ha anche saputo dai figli della "signora" che non possono metterla
in regola. Probabilmente è vero, perché i costi per regolarizzare
chi cura una persona non autosufficiente - da vegliare 24 ore
al giorno - sono molto alti …e ancora non si conoscono quelli
che verranno aggiunti dal decreto del ministro del lavoro! Perciò
Maria ha paura, perché sa che se verrà "presa" non le sarà solo
notificato l'ordine di espatrio "entro 15 giorni", previsto dalla
legge del '98, ma verrà immediatamente espulsa, a forza, dalla
polizia. Per chi non ha i documenti saranno invece predisposti
"campi di raccolta" in attesa della identificazione e dopo al
massimo 60 giorni il questore darà l'ordine di espatrio "entro
5 giorni": se ciò non avverrà, per qualsiasi motivo - anche indipendentemente
dalla propria volontà - passati altri 5 giorni si apriranno le
porte del carcere. Per questo Maria si è arresa e ha deciso di
rinunciare. Una scelta "saggia" per quanti non sanno cosa questo
significhi… ma io non posso fingere di ignorarlo: significa che
la paura di essere "braccata" nel nostro paese, per questa donna
è diventata più forte della paura di tornare a vedere le facce
affamate dei suoi bambini, con il rimorso di aver ceduto alla
paura. Significa dover tornare ammettendo un fallimento sentito
come proprio e incrociare gli sguardi increduli di quanti non
riusciranno a convincersi e a crederle che l'Italia faccia ormai
così paura da dovere scappare! Eppure Maria ha ragione: qui non
avrebbe comunque prospettive. Anche qualora la mettessero in regola,
starebbe tranquilla solo fino alla morte della signora (che evidentemente
non gode di ottima salute), poi le concederebbero appena sei mesi
(…in teoria, tre in pratica, perché la richiesta di rinnovo deve
essere presentata con tre mesi d'anticipo) per trovare i figli
di un'altra signora disposti ad assumerla "in regola"… Per loro,
per i figli, resta soltanto il disagio di trovare un'altra persona
più coraggiosa di Maria, che osi sfidare la legge e sia altrettanto
affidabile per la mamma… Nel frattempo è sopraggiunto Amin, l'amico
africano, che discretamente ha ascoltato le ultime battute del
discorso di Maria. Appena lei si allontana, Amin mi si rivolge
con un misto di stizza e rispetto: "ha ragione, anch'io me ne
vado!". "Stai scherzando? Tu sei regolare, sei qui da dieci anni
e per di più hai un lavoro a tempo indeterminato… e poi hai sempre
detto che a Milano ti sentivi come a casa tua!". "Hai ragione
padre, ma proprio per questo... Tu sai che non ero in Italia di
passaggio. Questa terra volevo davvero che diventasse la mia casa,
ma al paese ho il mio vecchio (in Italia non sarebbe considerato
"vecchio", ma là - data l'età-media - sì, n.d.r.) a cui ho sempre
promesso che l'avrei accudito quando non ce l'avrebbe più fatta
da solo. Ora ha bisogno di cure… pensavo di farlo venire a vivere
il tempo che gli resta con me e la mia famiglia, ma adesso non
potrò mantenere questa promessa. Sai la nuova legge? Al paese
ho due fratelli: uno ha famiglia ed è in miseria: quando posso
gli mando qualcosa. L'altro è così ubriaco che in certi momenti
non sa nemmeno come si chiama. Non possono prendersi cura di lui,
ma ci sono e tanto basta per negarmi il ricongiungimento famigliare.
Così se non posso farlo venire da me, devo andare io da lui… Però
non è giusto che mi rubino anni di contributi…" (la nuova legge
prevede infatti per chi non arriva a 65 anni, e se ne va, che
perda i contributi versati, n.d.r.). Ormai sento che la mia indignazione
sta raggiungendo i livelli di guardia: ma è ancora un paese civile
questo? E lasciamo pure perdere l'aspetto cristiano… Sto per rispondergli
ma mi mordo la lingua per non sparare la scemata del secolo: avrei
voluto dirgli che anche il futuro dei suoi figli è importante,
che là non sa cosa troveranno… Ma contrapporre il bene dei figli
a quello per i genitori sarebbe un bel risultato del nostro "progresso"
e di questa "civiltà" che qualcuno si ostina a ritenere "superiore"!
Intanto per un Amin (mussulmano) che, forse senza saperlo, onora
il 4° comandamento, c'è un governo - il nostro - che non si fa
scrupolo di violare il 7°. "Normale - obietterà qualcuno - lo
stato è laico e aconfessionale!": giusto ma non erano proprio
costoro che in campagna elettorale si erano autoproclamati paladini
dei diritti della famiglia? E allora?… Esistono forse famiglie
di serie A e famiglie di serie B?… Resto solo, anche Amin se ne
è andato. Salgo in casa e per rilassarmi un po' accendo la televisione.
Gioca l'Italia: almeno Trapattoni è una brava persona, un uomo
che non ha rinunciato ai propri principi nemmeno in un mondo dove
tutto è spettacolo (lo conosco perché è di Cusano Milanino, la
mia precedente parrocchia). Ma la sfortuna mi assiste e accendo
proprio nel momento in cui suonano - e cantano - l'inno di Mameli:
così ripiombo nei miei pensieri. D'accordo, sarò eccessivamente
sensibile a certe cose, ma non sopporto più l'enfasi retorica
e nazionalistica con cui in questi ultimi tempi vengono esaltati
l'Inno nazionale (…Fratelli di che? se ormai la fraternità non
sappiamo dove stia di casa!) ed il Tricolore, mentre il simbolo
per eccellenza dello Stato, la "nostra" Costituzione, viene continuamente
ignorata. L'articolo 11 recita: "l'Italia ripudia la guerra"…
e di fatti negli ultimi dieci anni non ce ne siamo persa una!
Quanto poi allo spirito e ai principi sanciti dal testo costituzionale
sulla condizione dello straniero in Italia, è più interessante
andare a leggerli direttamente... Nel frattempo anche la partita
è finita ed è andata male: siamo fuori dai mondiali! Scende la
sera e finalmente mi rifugio in chiesa dove trovo un po' di pace.
Mi sento a casa in questa Chiesa: non solo nell'edificio di piazza
Bernini, ma anche in questa Chiesa italiana che a diversi livelli
- Caritas, singoli vescovi, CEI - sta trovando il coraggio di
prendere posizione. Ho tra le mani l'intervista che Mons. Nogaro,
vescovo di Caserta, ha concesso a Mimmo De Cillis, il 2 giugno
scorso: "Monsignor Nogaro, come valuta il decreto legge Bossi-Fini
sull'immigrazione? "E' difficile esprimersi in questo momento.
La legge è in via di approvazione, magari ci saranno modifiche,
non so quale sarà il prodotto finito. Ma ho sempre combattuto
questa legge nel suo impianto complessivo. Già la legge Turco-Napolitano
aveva una impostazione restrittiva, ma quella attuale è addirittura
repressiva. Sono totalmente deluso: non mi aspettavo che si potesse
arrivare a questo grado di severità. Ho fatto tutti i passi necessari
per gridare che questa è una legge-capestro, oppressiva e brutale,
che priva l'uomo dei suoi diritti basilari. E' inconcepibile che
questo accada in Italia: non posso credere che un governo, in
un paese civile e umano, possa giungere a un tale grado di disprezzo
dell'umanità, trattando un uomo con tanta brutalità e cieca violenza,
privandolo della sua dignità. L'uomo è la sede di tutti i diritti:
invece l'immigrato è considerato un uomo di serie B e ridotto
alla stregua di merce". Quali punti contesta con maggiore forza?
"Tutta la legge è disumana e calpesta i diritti essenziali degli
immigrati. Da un lato rende i lavoratori regolari instabili, riducendo
la loro possibilità di integrazione. Agli "irregolari" riserva
poi l'espulsione senza appello o possibilità di ricorso. Nessuno
può esser trattato in modo così tremendo: in un paese democratico
ogni uomo deve avere la possibilità di spiegare le sue ragioni.
Al clandestino si dà una reclusione immediata, senza il riconoscimento
di diritti o di tutela legale. La "clandestinità" diviene reato
in sé, e compiono un reato anche quei soggetti che appoggiano
i clandestini, come tantissime associazioni di volontariato, cattoliche
e non, che assistono gli immigrati". Come commenta la parte del
testo che regola i ricongiungimenti famigliari e l'asilo politico?
"Su questi temi il dettato di legge è sconcertante: permettere
che una famiglia si ricongiunga diventa davvero impossibile, perché
l'immigrato dovrebbe disporre di una riserva di capitale molto
elevata. Ma vivere unito alla propria famiglia è un diritto indispensabile
dell'uomo! L'Italia, inoltre, diventerebbe un paese che nega il
diritto di asilo politico, proprio di ogni stato democratico,
permesso in tutta Europa. In tal modo si distrugge ogni speranza
per immigrati che fuggono da regimi dittatoriali, dove si reprimono
i diritti umani". Cosa pensa della modifica che ha introdotto
l'obbligo da parte dell'immigrato di lasciare le impronte digitali?
"E' una modifica veramente indegna. Nessun uomo può essere "catalogato",
nessuno può vivere sotto una spada di Damocle, senza poter esercitare
il pensiero e l'azione in modo libero. E' davvero inconcepibile
che si possa colpire in modo così crudele l'identità stessa di
un essere umano". Pensa che le sue forti perplessità siano condivise
da tutta la Chiesa italiana? "Credo che la Chiesa italiana, in
larghi segmenti, condivida questa posizione di critica sostanziale
alla legge. Da più parti si sono avute proteste forti e chiare.
Oggi abbiamo anche il pieno conforto della chiesa istituzionale:
la conferenza episcopale italiana ha inviato una richiesta al
governo chiedendo una modifica solida e radicale. Il governo ha
risposto che farà il possibile per ascoltare le obiezioni poste
da parti della chiesa come Caritas e Migrantes, che lavorano con
gli immigrati. Ma, come uomo di vangelo, dico che le modifiche
non servono: questa legge dev'essere semplicemente cestinata".
Cosa chiede al parlamento italiano che nei prossimi giorni discuterà
di questa legge e la voterà? "Al parlamento chiedo che questo
testo non venga approvato, e che sia rielaborato nella sua globalità,
secondo un filosofia del tutto diversa. Chiedo anche al centro-sinistra
di formulare pronunciamenti perentori, che ribadiscano la necessità
di tutelare i diritti degli immigrati, in quanto prima di tutto
"persone", titolari di diritti inalienabili. In questo momento
tutti i cittadini con un barlume di coscienza civile, cattolici
e non, devono sollevarsi. Se questa legge venisse approvata, significa
che il nostro paese non ha capito nulla del valore della vita
e dell'umanità. Un fatto davvero allucinante. Prego e spero che
questo non accada". E ho tra le mani anche il testo di un altro
vescovo, scritto 1700 anni fa: un'omelia di S. Ambrogio. "Non
si devono affatto approvare coloro che scacciano dalla città gli
estranei, li allontanano proprio nel tempo in cui dovrebbero aiutarli,
li estromettono dalla vita della città, negano loro i beni prodotti
dal suolo per tutti, spezzano rapporti comuni ormai consolidati.
Con quelli che avevano prima comuni diritti, non vogliono più
dividere i sussidi necessari. Le fiere non cacciano le fiere,
e l'uomo allontana l'uomo. Le bestie ritengono comune a tutti
il vitto offerto dalla terra. Esse aiutano gli individui della
propria specie, e l'uomo li combatte; egli che non dovrebbe considerare
estraneo a sé tutto ciò che in qualche modo è umano…". Sono parole
che mi rincuorano, anche se non risolvono affatto il problema.
Se non altro sono in buona compagnia e condivido con qualcuno
la mia delusione per uno stato che anni fa sognavo diverso. Ma
soprattutto scopro la dimensione più profonda della "opzione dei
poveri": quella di non poter far niente per garantirgli giustizia,
se non condividere la loro impotenza. E - salito sull'altare -
offro il loro grido di angoscia insieme al sacrificio eucaristico,
certo che Dio ha sempre prestato ascolto al grido dei suoi poveri:
dal tempo della schiavitù in Egitto, contro il faraone, all'epoca
dei profeti, contro i re d'Israele e Giuda. Dal tempo dell'esilio,
contro i "colonizzatori" assiri e babilonesi, agli anni di Gesù
e della comunità primitiva, contro i romani ed i sommi sacerdoti.
Così sarà anche oggi!…Mi volto alla sinistra dell'altare e incrocio
lo sguardo di un'altra Maria, anche lei immigrata dopo una rocambolesca
fuga, questa volta però "verso" l'Egitto e riprendo un po' di
speranza: se è migliorato l'Egitto potrà migliorare anche l'Italia.
Speriamo solo che impieghi meno tempo! A lei, Maria di Nazareth,
è andata bene due volte: non solo perché è riuscita a salvare
suo figlio dal tiranno di turno, ma anche perché in Egitto ha
incontrato governanti più umani di quelli che questa nuova Maria,
latinoamericana, ha trovato qui in Italia. A lei l'affido! E osando
un poco di più, le chiedo di chiudere le finestre del cielo rivolte
ad occidente: che Dio non si lasci tentare nelle sue "viscere
di misericordia" e venga meno alla promessa-minaccia di rifiutare
la preghiera di quanti opprimono i poveri: "Quando venite a presentarvi
a me, chi richiede da voi che veniate a calpestare i miei atri?
Smettete di presentare offerte inutili… Quando stendete le mani,
io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere,
io non ascolto… Cessate di fare il male, imparate a fare il bene,
ricercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia
all'orfano, difendete la causa della vedova"" (Isaia 1,11-17 passim).
Forse davvero resteremo impotenti di fronte a queste ingiustizie;
forse la sola "vendetta" possibile sarà la preghiera; forse non
avremo altra solidarietà da esprimere ai nostri fratelli immigrati
che quella di piangere con loro la fine di una speranza e alzare
per loro la voce del dissenso e della protesta… Ma dovremo urlare
forte: ché si senta chiaro sulla terra e nel cielo, perché nel
giorno supremo - quando compariremo soli e nudi di fronte all'Eterno
e Lui rivolgerà a ciascuno di noi singolarmente l'evangelica domanda:
"ero straniero, mi avete ospitato?" (Mt 25,35) - allora, al nostro
fianco, non ci saranno né Fini né Bossi a perorare la nostra causa
e a tentare per noi un'improbabile ultima difesa di fronte al
giudizio di Dio!
Alberto
Vitali
|