Un
ramo di mandorlo è fiorito anche per il povero Guatemala,
proprio nel momento in cui sembravano piuttosto riapparire gli
spettri del passato. Nonostante la presidenza del parlamento sia
tuttora nelle mani del generale José Efraín Ríos
Mont, uno dei dittatori più sanguinari che abbia dominato
negli anni ottanta sul paese centroamericano, e l'esercito sia
tornato ad esercitare una forte pressione sul governo, lo scorso
8 giugno il "Tribunal Tercero de Sentencia" del Guatemala
ha chiuso il caso dell'omicidio di Mons. Juan Gerardi Conedera,
con alcune condanne esemplari. Tre membri dell'esercito, il colonello
Byron Lima Estrada, suo figlio, il capitano Byron Lima Oliva e
lo specialista dello Stato Maggiore presidenziale José
Obdulio Villanueva sono stati condannati a trent'anni di reclusione,
non commutabili né riducibili. Anche il sacerdote Mario
Orantes, segretario di Mons. Gerardi dovrà scontare vent'anni
di reclusione, per complicità nel crimine, che fu consumato
nell'atrio della casa parrocchiale di San Sebastián, dove
il vescovo viveva. Era la sera del 26 aprile 1998, quarantotto
ore dopo che nella Cattedrale di Città del Guatemala, Mons.
Gerardi aveva solennemente presentato il rapporto "Guatemala
nunca más", un enorme opera di recupero della memoria
storica di 36 anni di guerra civile, con l'identificazione di
190.000 vittime delle circa 200.000 che il paese pagò in
quegli anni, e la denuncia di molti carnefici eccellenti. Non
si è trattato dunque di un semplice caso di omicidio, ma
piuttosto del processo politico ad una classe ancora al potere,
in uno dei paesi latinoamericani più tristemente noti quanto
a impunità. Cosa che non ha mancato di dimostrare il difficilissimo
iter processuale, nel corso del quale alcuni giudici si sono dimessi
e molti, tra giudici, testimoni, leader della società civile,
hanno dovuto prendere la via dell'esilio per sfuggire a minacce
e intimidazioni. Per questo la sentenza, tanto sognata quanto
inattesa, non solo ha reso giustizia, ma ha risollevato molte
speranze sul futuro del Guatemala e sul destino dei suoi figli.
Helen Mack, leader nella difesa dei diritti umani, ha dichiarato:
"Il tribunale ha dettato una sentenza con molto coraggio;
ciò dà speranza a tutti noi che abbiamo sofferto
la violazione dei nostri diritti". Le ha fatto eco Aura Elena
Farfán, direttrice dell'Unione dei Familiari dei Detenuti
"Desaparecidos" del Guatemala: "il fatto è
trascendentale per la storia del Guatemala, perché per
la prima volta si condannano militari implicati in gravi violazioni
dei diritti umani". E ha aggiunto che la decisione del tribunale
si trasforma in una speranza per le organizzazioni dei diritti
umani che promuovono processi contro quei militari accusati di
delitti di lesa umanità. Carolina Garciá, religiosa
della Confederazione dei Religiosi e Religiose del Guatemala,
ha dichiarato: "Il popolo del Guatemala vive oggi un momento
di grazia che il Signore ci dona perché la giustizia sia
possibile e l'impunità finalmente si spezzi nel nostro
paese". Mario Polanco, direttore del Gruppo di Appoggio Mutuo,
commentando la sentenza nella medesima direzione ha manifestato
anche la sua fiducia che altri casi di violazione dei diritti
umani possano essere risolti. Infine l'Alleanza Contro l'Impunità,
ha dichiarato che questa sentenza costituisce un precedente importante
per la giustizia guatemalteca, perché apre la possibilità
di nuovi giudizi contro i responsabili materiali e intellettuali
dei crimini perpetrati contro la popolazione del paese. Sono giudizi
giustamente euforici, che potrebbero però sembrare esagerati
e persino ingenui, viste le condizioni politico-sociali in cui
versa ancora il paese. Ma la storia sembra già dare loro
ragione: il 14 giugno la Missione dell'ONU in Guatemala, MINUGUA,
a seguito di una richiesta avanzata dall'Associazione per la Giustizia
e la Riconciliazione, ha incaricato formalmente la magistratura
guatemalteca di avviare un processo per genocidio contro lo stesso
generale Ríos Mont ed il generale Fernando Romeo Lucas
García, che lo aveva preceduto al comando del paese tra
il 1978 ed il 1982 e sarebbe ora rifugiato in Venezuela, colpito
dal morbo di Alzheimer. Jesus Peña, ispettore della MINUGUA,
ha recentemente dichiarato che le accuse mosse ai due generali
sono già state raccolte nel Dossier presentato dalla Commissione
di Chiarimento Storico, stabilita dall'Accordo di Pace. Ancora
una volta dunque il mandorlo non sembra fiorito per sbaglio: dopo
anni di interminabile notte, gli uomini e le donne del colore
della terra vedono spuntare l'alba di una fiorita primavera.
Alberto
Vitali
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