Aveva
stupito tutti lo scorso 21 luglio, quando invitato a Genova al
vertice dei "grandi", il presidente salvadoregno Francisco
Flores dichiarò solennemente: "In Salvador abbiamo
vinto la povertà!". Ora è Mons. Bolaños,
salesiano e vescovo di Zacatecoluca, a sobbalzare sulla sedia
che mi sta di fronte: "Ma davvero ha detto così? Qui
la situazione della gente peggiora di giorno in giorno
".
Ha ragione il vescovo, ma, a suo modo, non ha nemmeno tutti i
torti il presidente: in Salvador la povertà va progressivamente
scomparendo, trasformandosi in miseria. Nel nostro immaginario
collettivo e occidentale siamo soliti associare l'America Latina
alle dittature, alla violenza degli squadroni della morte, ai
desaparecidos o alla resistenza delle diverse guerriglie popolari,
mentre riserviamo l'esclusiva della fame, quella nera che uccide,
all'Africa sub-sahariana. Così è un Salvador inedito
quello che ci si presenta. Potremmo essere tentati di dare la
colpa al Mitch, al terremoto o alla siccità che ora sta
flagellando la regione, ma le malattie croniche dei bimbi, che
a dieci anni ne dimostrano quattro, sono lì a ricordarci
che il grande male è altro e viene prima. Così decidiamo
di andare a fondo e alterniamo le visite nei diversi pueblos con
interviste alle più disparate organizzazioni e categorie
sociali. La prima scoperta, tanto sconcertante quanto prevedibile,
è che il terremoto non è stato una calamità
per tutti. Per la classe dominante infatti si è rivelato
un'autentica benedizione. Diversi scandali stanno scoppiando in
questi giorni per la distribuzione "poco trasparente"
degli aiuti internazionali, da parte del governo; mentre passano
in assoluta sordina gli abusi "legali". Ad una popolazione
che chiedeva pochi colon per restaurare le proprie casette, il
governo ha distribuito lamiere per costruire baracche (autentici
microonde, da cui sto scrivendo), costate allo stato tre volte
più del loro valore, giacché i fornitori sono gli
stessi imprenditori che stanno al potere. E mentre i giornali
- di esclusiva proprietà della destra - sbandierano la
distribuzione gratuita delle sementi, per rimediare, almeno in
parte, alla perdita di due raccolti, i campesinos piangono perché
non hanno i soldi necessari per coprire i costi che segretamente
il governo ha fissato. Anche la costruzione di nuove strade (rigorosamente
in cemento perché non si sono trovati politici che vendano
catrame, ma solo imprenditori edili) diventerà una maledizione
per questa gente: aumenterà infatti il valore dei terreni
e di conseguenza le tasse e il costo dell'energia elettrica. Cosa
c'entri quest'ultima non chiedetemelo: non l'ho capito neanch'io!
Ma come dice la gente: questo è il paese delle meraviglie!
E qui viene il bello: poco prima di andare a Genova, i leader
economico-liberisti di questo paese si sono rubati perfino il
concime! Un intero bastimento, mandato dal Giappone perché
i contadini potessero tentare di sanare la terra spaccata dal
terremoto e bruciata dalla siccità
se lo sono "pappato"!
Giorno dopo giorno, storia dopo storia, volto dopo volto mi chiedo
quale sia il progetto a cui possa corrispondere tutto ciò.
Me lo spiegano i medici del sindacato Simetrisss e quelli dell'Associazione
nazionale: rendere ancor più insostenibile la situazione
delle classi già disagiate nel paese, per spingere sempre
più gente all'estero, certi peraltro che gli emigrati mandano
dollari in patria. Intanto tra maggio e giugno si è registrata
una fortissima impennata della mortalità infantile, per
diarrea e complicazioni respiratorie. Il governo ha però
assicurato che è normale in quella stagione ed il dott.
Zapata conclude sdegnato: "ne parlano come se fossero manghi
di fine stagione!". Con grande lucidità Gerson Martinez,
parlamentare ed ex comandante del Fmln ci spiega: "Questo
paese da secoli è affetto da due oppressioni: quella militare
e quella economica. La prima l'abbiamo risolta con la guerra,
ma l'altra peggiora di giorno in giorno". Per questo la gente
guarda con timore allo spettro degli accordi - o meglio delle
promesse segrete - di Genova. Ma ancora una volta lo fa con speranza.
Ci dicono di avere un grande pastore nel cielo e tanti amici nel
mondo: questo gli basta per conservare una strana luce negli occhi,
che tanto contrasta con le tenebre che tornano ad avvolgere il
Salvador, da non sembrare nemmeno di questo mondo. E forse non
lo è davvero.
Alberto
Vitali
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