70.
Nelle Scritture ebraiche si parla di "anno santo", cioè
di un anno "separato", diverso dagli altri, secondo
due modalità: l'anno sabbatico e l'anno giubilare. Il primo
ricorreva ogni sette anni e l'altro ogni quarantanove, cioè
trascorse sette settimane di anni sabbatici. Sia l'uno che l'altro
esprimevano a livello annuale ciò che il sabato era a livello
settimanale: erano una sorta di "grandi sabati" che,
al termine di settimane di anni, dovevano scandire il tempo della
comunità di Israele con determinati comportamenti del popolo
espressivi e confermativi dell'alleanza con Dio.
71.
Quali fossero questi comportamenti ce lo dicono il libro dell'Esodo
(23,10-12), il Deuteronomio (15,1-18) e tutto il capitolo 25mo
del Levitico. Si tratta di testi redatti in epoche, condizioni
ed ambienti diversi, nei quali si mescolano antichissime tradizioni
ed esigenze nuove, rilevabili ad uno studio approfondito che non
è qui il caso di condurre. Ai nostri fini basterà
cogliere i contenuti essenziali di questa legislazione considerandola
come un "corpus" unitario. Rileviamo così che
l'anno sabbatico ha innanzi tutto un significato di "riposo"
- che molto lo accomuna col riposo settimanale - ma che qui ha
come oggetto la terra coltivata. Essa, che pure era stata data
agli uomini "perché la soggiogassero" (Gen 1,
28) - espressione dura, mitigata in Genesi 2,15, dove il concetto
di soggiogare è sostituito da quello di custodire - per
l'intero anno andava lasciata incolta e tutti, proprietari e indigenti
del popolo, potevano godere dei frutti spontaneamente prodotti.
La liberazione degli schiavi
72. Durante l'anno sabbatico vigeva poi il dovere di "rimettere
i debiti" a chiunque, ebreo, lo chiedesse e di liberare gli
schiavi ebrei, resi tali per debito, che non optassero espressamente
per rimanere al servizio di quel padrone. In realtà quest'anno
di liberazione degli schiavi poteva non coincidere con l'anno
di riposo della terra e di remissione dei debiti, ma scattava
ogni volta che uno schiavo aveva compiuto il settennato di servizio;
era, per così dire, un anno santo mobile, più legato
alla concreta condizione del servo che alla scansione oggettiva
del tempo.
73. Nell'anno giubilare, invece, era prevista - oltre agli adempimenti
dell'anno sabbatico che con quello coincideva - la restituzione
della terra agli antichi pro-prietari che per necessità
fossero stati costretti a ceder-la, nell'evidente intento di ricostituire
l'originaria egua-glianza e dignità delle famiglie (intese
nel senso largo della famiglia patriarcale) nell'ambito di ciascuna
tribù, quali queste erano nell'ultima fase del seminomadismo
pastorale e nella prima fase di insediamento stabile nella terra
di Canaan.
74. Gli storici e i commentatori della Bibbia sono molto scettici
sulla possibilità che queste prescrizioni relative agli
anni sabbatici e giubilari abbiano avuto concrete e durevoli applicazioni,
ma questo nulla toglie alla loro eccezionale importanza come espressioni
sim-boliche di altissimi valori e idealità. Se non sono
storia economica, sono profezia e come tali vive, provocatorie
e giudicanti anche per noi.
75. Le motivazioni profonde che sottostanno all'idea di anno sabbatico
e anno giubilare - istituzioni proprie ed esclusive di Israele,
nulla essendovi di simile nelle altre culture mediorientali antiche
- sono le stesse che fondano simultaneamente l'esistenza e la
libertà del popolo d'Israele, in quanto tale, e di ciascuno
dei suoi componenti. Sottrarre a qualcuno la sua libertà
o la fonte della sua sussistenza è come rubare a Dio e
ten-tare di sostituirsi a Lui. Non toccare la terra ogni sette
anni era riconoscere una signoria, una esigenza supe-riore rispetto
al totale e continuo sfruttamento.
76. Sono evidenti le conseguenze che da queste basi derivano in
termini di eguaglianza, libertà, giustizia e solidarietà,
e le straordinarie premonizioni sugli "svi-luppi sostenibili".
Del resto i profeti si sono più volte e fortemente battuti
perché questi ideali non andassero perduti. Forte si leva
la loro voce contro coloro che usa-no il sabato per tramare inganni
e predisporre occasio-ni di iniquo arricchimento per i giorni
a venire, falsifi-cando le bilance e tendendo trappole ai poveri
per ridurli in schiavitù, comprandoli per il prezzo di
un paio di sandali. Parole di dura condanna sono anche pronunciate
per coloro che il sabato scalpitano e sono insofferenti per la
sua durata: evidentemente costoro non concepivano il sabato come
una corte di giustizia sull'operato dei sei giorni precedenti,
ma come una pausa imposta ai loro affari sulle spalle dei poveri.
L'Evangelo
77. Nelle Scritture cristiane non cambiano le esigen-ze di fondo
ma le prospettive di soluzione. Proprio la mancata realizzazione
degli anni sabbatici e giubilari e l'oscuramento dello spirito
che ne aveva ispirato l'isti-tuzione, aveva orientato sempre più
il popolo ebraico verso l'attesa di un anno di grazia definitivo,
Fanno del Signore, l'avvento di quel "Regno di Dio"
che nessun re terreno era riuscito a realizzare. In questa direzione
andavano i movimenti rivoluzionari armati o quelli spi-rituali
e apocalittici che fiorirono in Israele verso la fine dell'evo
antico.
78. L'annuncio di Gesù di Nazareth, secondo il quale il
Regno di Dio non solo era vicino ma già cominciava a manifestarsi
e avrebbe potuto diffondersi rapidamente se i "segni"
che egli dava fossero stati accolti, è la rispo-sta più
alta, per il suo carattere radicale e universale, a queste istanze.
Essa non si basa soltanto su ciò che deve venire, ma anche
su ciò che dobbiamo fare intan-to ogni giorno: è
evidente in ciò il superamento di ogni concetto ciclico
di anno santo o di ogni anno giubilare.
79. Nell'evangelo di Luca si narra del lieto annuncio di un tempo
di salvezza ormai compiuto. "Poi Gesù andò
a Nazareth, il villaggio nel quale era cresciuto. Era sabato,
il giorno del riposo. Come al solito Gesù entrò
nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli dettero il libro
del profeta Isaia ed egli, apertolo, trovò questa profezia:
'Il Signore ha mandato il suo Spirito su di me - Egli mi ha scelto
- per portare ai poveri la notizia della loro salvezza - mi ha
mandato per annunziare la liberazione ai prigionieri - e il dono
della vista ai ciechi - per liberare gli oppressi - per dire a
tutti che è giunto l'anno di gra-zia del Signore'. Quando
ebbe finito di leggere, Gesù chiuse il libro, lo restituì
all'inserviente e si sedette. La gente che era nella sinagoga
teneva gli occhi fissi su Gesù. Allora egli cominciò
a dire: 'Oggi si avvera per voi che ascoltate questa profezia"'.
(1£ 4,16-21).
80.Il
Maestro, dal cuore di quel sabato, con sguardo profetico, vide
aprirsi un tempo di salvezza per i poveri, gli oppressi e per
tutto il popolo, qualora questo, con i suoi connotati storici
e il suo spessore sociale, nei pove-ri avesse riconosciuto la
nuda essenzialità dell'essere figli di Dio. Il tempo di
salvezza dei poveri si compie nell'oggi, in un continuo e perenne
oggi. Non c'è più alcun tempo di salvezza da attendere.
E questo il messaggio dell'ebreo Gesù, rivolto al suo popolo
e a tutte le genti, senza con ciò nulla abrogare della
tradizione religiosa del popolo ebraico rispetto al sabato.
il tempo dei poveri
81. Altro è quindi il tempo che si svolge secondo ricorsi
convenuti e scanditi in settimane, anni, decenni e secoli, altro
è il tempo del povero e dell'oppresso che oggi attende
la sua liberazione. Il primo va rispettato nel suo valore pedagogico,
come tempo di richiamo solenne rivolto alla collettività
ed ai popoli ed è in que-sto senso che possiamo ancora
celebrare giubilei o anni sabbatici. Il secondo è il tempo
della vita che chiede quotidianamente attenzione e umile servizio.
Il giorno del grande Sabato, quando saremo convocati davanti al
Figlio dell'uomo, di questo ci sarà chiesto conto: se avremo
ravvisato nell'affamato, nell'assetato, nell'ignu-do, nell'infermo,
nel malato mentale, nel tossicodipen-dente, nel carcerato o nello
straniero un volto divino nascosto dalle croste dell'umiliazione.
82. Ma prima di quel giorno ci sono dati altri sabati, altri anni
sabbatici ma anche altre ferialità per misura-re la nostra
povertà con la povertà degli ultimi. Perdu-ta sarebbe
la nostra vita se nell'affanno e nella corsa verso il benessere
e la sicurezza, volgessimo altrove il nostro sguardo.
83. Nel sermone delle beatitudini secondo il vangelo di Luca è
evidente il passaggio dalle benedizioni e dalle invettive coniugate
al futuro in una visione escatologi-ca (1£ 6, 20-26) alla
profezia sull'oggi coniugata all'im-perativo. Essa indica ciò
che bisogna fare subito per i poveri, gli affamati, gli oppressi
senza attendere alcun nuovo Anno santo. Con il protrarsi dell'attesa
della "parusia" (il ritorno glorioso di Cristo alla
fine dei tem-pi) e l'allungarsi del "tempo della pazienza",
l'imperati-vo etico proveniente dalla predicazione profetica è
dive-nuto ancor più cogente.
84. Da un lato è bene essere consapevoli che per recuperare
la pienezza della idealità dell'anno sabbati-co è
necessario viverne lo spirito al di fuori della cicli-cità.
E però anche utile riflettere sul senso residuo del-la
ciclicità degli "anni di salvezza" nella spasmodica
tensione verso il "non ancora". La ciclicità
degli anni sabbatici e degli anni giubilari rappresenta una sorta
di garanzia rispetto ad una concezione del sabato o dell'anno
sabbatico quale concessione padronale. Il riposo creaturale, del
quale abbiamo a lungo parlato, non vie-ne regalato dall'uomo con
benefico atto di liberalità, ma è voluto dal Creatore.
85. Il sabato non è un dono dell'uomo ma una condi-zione
dovuta all'uomo per volere del Creatore. Coloro che non hanno
una fede religiosa troveranno certa-mente altre parole per esprimere
questo concetto: si tratta del giusto riposo dovuto come diritto
del lavora-tore ma anche dell'esigenza etica che ciascuno dia
a se stesso lo spazio sabbatico evitando il dannoso affac-cendarsi
per accumulare sicurezza.
86. Per coloro cui è proprio il linguaggio religioso, che
in partenza si presenta come approssimante e metafo-rico e onestamente
dovrebbe rinunciare alla pretesa di una verità posseduta,
la volontà divina si esprime meglio con la ciclicità
di un avvenimento che viene che non con un atto di un potere vicario.
Ci sembrerebbe perciò importante suggerire alle autorità
della Chiesa cattolica di elaborare un linguaggio che non presenti
l'Anno santo come un atto di esercizio del potere di "sciogliere
e di legare" ma come una scadenza che viene come per divino
comandamento.
87. Se Dio ha imposto il sabato a se stesso, anche il papa opportunamente
dovrebbe imporsi il sabato o Fanno sabbatico, quasi per un divino
comandamento, e non presentarlo ai cristiani come frutto di una
sua solitaria e personale decisione presa in quanto Vicario di
Cristo. Non dovrebbe infatti essere il papa a convo-care fedeli,
uomini di Chiesa o uomini di religione, a Roma, o in Terra santa,
o nelle Chiese locali (diocesi) o in qualsiasi altra parte del
pianeta, ma dovremmo tutti umilmente dire che è l'Altissimo
che, per imperscruta-bili sentieri, convoca tutti, dai potenti
ai miseri, all'an-no sabbatico.
88. "Lascerete passare sette periodi di sette anni, ossia
quarantanove anni. Poinel giorno del perdono dei peccati, farete
risuonare in tutta la vostra terra il suono del corno [jobhei]
accompagnato da grida di gioia. In questo modo dichiarerete santo
il cinquantesi-mo anno, e proclamerete la liberazione per tutti
gli abi-tanti della vostra terra. Quest'anno porterà il
nome di Giubileo [dal nome jobhel" (Lv 25,8-ba).
(DA: FARETE RIPOSARE LA TERRA - GIOVANNI FRANZONI - ED. EdUP -
Roma 1996)
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