Il lungo viaggio dei diamanti

                                                                    



di Emma Nuri Pavoni

Il diamante: una pietra di grande valore per chi la dona o la riceve; oltre al valore materiale c'è il valore simbolico. Un diamante viene regalato per sottolineare momenti importanti della vita. "Un diamante è per sempre" … Ma il viaggio dei diamanti è lungo e a molti sconosciuto. Molte leggende ruotano intorno ai diamanti, si dice anche che portino sfortuna. Alcune pietre celebri (il Koh-i-Noor o il Blue Diamond) sono legate a storie di colpi di stato, regicidi, complotti e morti tragiche. Ci sono poi pietre senza nome che partendo dalle miniere africane, attraverso commercianti di Anversa e Tel Aviv, arrivano nelle gioiellerie più eleganti delle metropoli, portando con sé storie meno leggendarie di orrori e ferocia. Sono storie vere di guerre che si combattono in Africa per il possesso dei diamanti. Queste pietre non hanno portato "sfortuna" a emiri o ricchi sultani, ma ad intere generazioni di giovani e bambini mandati a combattere guerre sanguinose. Nel 1998 in Africa è esplosa una guerra che per la prima volta vide coinvolte più nazioni: Congo, Angola, Namibia, Zimbabwe e Ruanda, Burundi, Uganda. Mettere le mani sulle miniere di Kisangani (forziere diamantifero congolese) è stata una delle cause scatenanti di questa guerra interminabile. L'estrazione e la vendita di pietre preziose è un modo per ripagarsi le altissime spese militari. Gli eserciti di Uganda e Ruanda, in precedenza alleati, per conquistare Kisangani si sono ferocemente combattuti distruggendo la città. La tregua raggiunta da poco non ha dato ancora segni di stabilità. Come ha scritto il New York Times "i militari sono riusciti a trasformare il maggior centro dell'Est congolese in una orrenda rovina". Sono scomparse le auto, la manifattura è chiusa, il porto è fermo. Lavorano solo quelli che hanno qualcosa a che fare con i diamanti. In Angola il traffico di pietre - contro ogni embargo delle Nazioni Unite - permette al movimento angolano l'Unita di rifornirsi di armi pesanti per continuare una guerra civile contro il governo di Luanda iniziata nel 1975. Nello scorso marzo le Nazioni Unite hanno diffuso il testo del rapporto Fowler, dal nome del presidente della Commissione incaricata di indagare sulle violazioni delle sanzioni compiute dal movimento ribelle guidato da Jonas Savimbi. Rispetto alla questione dei diamanti si legge "la capacità dell'Unita di vendere i suoi diamanti si fonda su tre fattori. Primo: l'Unita ha accesso a zone ricche di diamanti e dispone delle attrezzature necessarie per estrarli. Secondo, l'Unita ha facile accesso a luoghi esterni protetti dove i diamanti possono essere scambiati. Terzo, la facilità con cui i diamanti illegali possono essere venduti e commerciati sulle principali piazze del mondo e in modo particolare sulla piazza principale di Anversa". In Sierra Leone la guerra dei diamanti continua. La pace firmata nel luglio del 1999 tra il governo di Freetown e i ribelli del fronte rivoluzionario unito (Ruf) è saltata all'inizio di maggio del 2000, con la cattura di 300 caschi blu da parte dei ribelli. Lo sfondo di questa guerra civile è infatti una lotta senza pietà tra le compagnie minerarie internazionali per il controllo dei diamanti. Questo piccolo paese dell'Africa Occidentale è noto per la qualità dei suoi diamanti. Il primo venne trovato nel 1930. Da quel momento fino al 1998, sono stati estratti, ufficialmente, diamanti per 55 milioni di carati. Il più noto è lo "Stars of Sierra Leone", una pietra di 969 carati scoperta nell'area di Koidu. La compagnia sudafricana DeBeers, che detiene in condizioni di monopolio il mercato dei diamanti, è stata più volte accusata di non badare alla provenienza dei diamanti che commercia. Da un rapporto pubblicato dall'organizzazione indipendente "Partnership Africa Canada" viene fatto notare che la De Beers, pur avendo lasciato la Sierra Leone all'inizio degli anni '80, ha uffici in Guinea e Liberia, due paesi che producono pochissimi diamanti, ma che ne commerciano grandi quantità. "E' virtualmente inconcepibile che la DeBeers non compri, in un modo o nell'altro, diamanti che sono contrabbandati fuori dalla Sierra Leone". La presenza di miniere illegali è stata costante nella storia del paese. Il rapporto specifica inoltre che "dal 1956 nel distretto di Kono operavano 75.000 minatori non autorizzati". Tutto questo mentre la compagnia godeva dei diritti di estrazione esclusiva concessi dal governo per 99 anni. Già dagli anni '50, soprattutto da parte di commercianti libanesi stabiliti nel paese, iniziò il contrabbando verso la Liberia. Ma questo nuovo anno può dirsi iniziato con una nota positiva che potrebbe finalmente interrompere questa scia di sangue lasciata dai diamanti. Infatti dal primo gennaio 2003 i diamanti grezzi verranno venduti solo se accompagnati da un "certificato di provenienza lecita". I documenti devono garantire che il diamante non proviene da zone di guerra e non serve al finanziamento di guerre. Si è giunti a questo dopo un percorso di trattative durato 30 mesi chiamato il "processo di Kimberley", voluto dalle Nazioni Unite, dal governo britannico e dopo l'11 settembre, anche dagli USA. L'amministrazione Bush da un forte impulso alla conclusione dopo che l'FBI ha dichiarato che Al Qaeda avrebbe acquistato, dai ribelli che controllano i giacimenti in Sierra Leone, diamanti per 20 milioni di dollari, prima dell'attentato alle due Torri. Fino ad ora la normativa non prevedeva l'obbligo di certificazione sul mercato della provenienza del grezzo: faceva fede il paese dal quale partiva prima di sbarcare ad Anversa, da sempre centro del mercato. Il "certificato" è frutto di un accordo firmato a Interlaken, in Svizzera, da un gruppo eterogeneo e senza precedenti, composto dai ministri di molti Paesi, dagli executives dell'industria estrattiva, dai mercanti all'ingrosso e da battaglieri esponenti di organizzazioni non governative, come Global Witness e Amnesty International (queste da quattro anni avevano lanciato un'efficace campagna di denuncia del legame tra il contrabbando di diamanti grezzi e il finanziamento di guerre africane). L'accordo riguarda il 90% del mercato dei diamanti, sostanzialmente Europa, Usa, Australia, Israele e Asia. Secondo l'accordo, solo i Paesi che sottoscrivono le nuove norme potranno partecipare al commercio legale dei diamanti grezzi. I Paesi che non rispetteranno l'accordo saranno sospesi e le loro esportazioni di diamanti diventeranno illegali. I mercanti fuorilegge saranno puniti secondo la legislazione dei Paesi di appartenenza. L'accordo di Interlaken sarà monitorato fino alla fine del 2004 per provvedere a successive modifiche. Le Ong, pur accogliendo con favore l'accordo, ne hanno sottolineato i limiti: primo fra tutti la mancanza di una commissione regolare e indipendente di monitoraggio che segua i diamanti dall'estrazione alla quotazione sul mercato di Anversa, passando attraverso le fasi di raffinazione che viene effettuata in due centri, a Tel Aviv e Bombay. Questo può esporre il processo di commercializzazione delle pietre a ulteriori infiltrazioni da parte dei contrabbandieri. Quindi resta difficile certificare la totale estraneità al legame diamanti-guerre. Nonostante ciò le Ong pensano di poter raggiungere il traguardo "diamanti puliti" nei prossimi anni, per questo chiedono aiuto alla Commissione Europea. Si dicono soddisfatte le associazioni mercantili e manifatturiere del settore che, qualche giorno prima della firma dell'accordo, a Londra, avevano deciso di dare vita ad un codice di autoregolamentazione che garantisse il compratore sulla provenienza legale della pietra. Ora confronteranno i loro certificati con quelli del "processo di Kimberley".



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