Mons. Pedro Casaldáliga

 


Parole dal Sud - luglio

di Pedro Casaldaliga

La giraffa ha idee molto elevate non è una facile battuta contro le eleganti signore del mondo animale. É il titolo del recente libro di un prete spagnolo, José M. Cabodevilla, autore di buoni libri di evangelizzazione umanizzante. Il sottotitolo è sufficientemente chiarificatore per non farci fermare al collo della giraffa: "Per uno studio cristiano dell'humour". Fin dalla prefazione Cabodevilla indica la radice del suo tema: " Il senso dell'humour rappresenta in Dio un attributo fondamentale, e ciò per due motivi: perché relativizza tutti gli altri attributi divini che l'uomo è riuscito a catalogare, e perché costituisce la modalità concreta dell'amore di Dio per le sue creature". E aggiunge quello che potremmo chiamare l'obiettivo pastorale del libro: "La fede in questo Dio permetterà poi ai credenti di adottare lo stesso punto di vista nei confronti della propria vita, delle cose di questo mondo e del mondo venturo". Relativizzare, quindi, è uno degli atteggiamenti più saggi, anche quando si tratta di Dio. Relativizzare il "nostro" Dio. Perché tutto quello che di lui sappiamo e proclamiamo e speriamo è "relativo". L'assoluta verità-bellezza del Mistero di Dio e la vita-gloria che ci prepara sorpassano tutto "ciò che l'occhio mai vide e il cuore umano mai immaginò", riconosceva il carismatico Paolo. Dio è sempre Altro. É sempre Migliore. Gli attributi divini che riusciamo a "catalogare", come scrive, ironico, Cabodevilla, sono evidentemente troppo umani per non essere relativizzati: onnipotenza, giustizia, trascendenza... di quale potere, di quale giustizia, di quale distanza parlano? Antropomorfico è il nostro dogma, umanissima la Bibbia, molto "mia" la mia fede! "L'uomo pensa, Dio ride", afferma un proverbio ebraico. Dio è infinita misericordia in buonumore. Che batticuore esultante non ci prenderà quando giungeremo alla porta aperta delle sue braccia! Il senso del buonumore è fratello gemello della speranza, questa virtù sovrumana che commuove anche il cuore di Dio, secondo Péguy, e che è il migliore, definitivo atteggiamento che noi possiamo assumere davanti a lui, mentre siamo pellegrini tra le ombre: Confidiamo in te, tu conosci la nostra argilla, sei, in Gesù di Nazaret, uno dei nostri! Ed è chiaro che a maggior ragione dobbiamo saper relativizzare le realtà umane della politica, dell'economia, della patria o della stessa vita personale (il buonumore verso sé stessi!) che, in ultima istanza (passando con buonumore per sorella morte), andrà a finire nell'abbraccio misericordioso di Dio... Attenzione, però! Relativizzare non significa accettare, per esempio, il neoliberismo che esclude la maggior parte della famiglia umana; amnistiare gli aguzzini dei popoli; chiudere gli occhi e la militanza di fronte alla disoccupazione, la fame o i massacri. Il buonumore non esime dall'ira profetica. Io devo saper cantare e ridere e indignarmi e gridare simultaneamente. C'è un tempo per ogni cosa, avverte il Libro. Ma, precisato questo, sarebbe certamente di buon gusto e di enorme efficacia evangelica che noi soprattutto, cristiani e cristiane, seguaci del Risorto, percorressimo il mondo con un po' più di buonumore in volto e nelle parole e nella pastorale. E come sarebbe bello e testimoniante vedere il buonumore fiorire nelle curie, nel diritto canonico, nelle encicliche, nei concili! Se il buonumore è gemello della Speranza, lo è anche dell'Amore. Le tre virtù teologali, in questa terra di esodo, vanno sempre a braccetto. Amore/Umore fanno rima. É possibile amare Dio che è Buono, e il prossimo che non è sempre così buono, soltanto con un cuore pieno di buonumore: fiducioso da un lato, quello di Dio; misericordioso dall'altro, quello del prossimo... Se le giraffe hanno idee molto elevate, noi abbiamo cuori molto capaci.



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