di
Pedro Casaldaliga
La
giraffa ha idee molto elevate non è una facile battuta contro
le eleganti signore del mondo animale. É il titolo del recente
libro di un prete spagnolo, José M. Cabodevilla, autore
di buoni libri di evangelizzazione umanizzante. Il sottotitolo
è sufficientemente chiarificatore per non farci fermare
al collo della giraffa: "Per uno studio cristiano dell'humour".
Fin dalla prefazione Cabodevilla indica la radice del suo
tema: " Il senso dell'humour rappresenta in Dio un attributo
fondamentale, e ciò per due motivi: perché relativizza tutti
gli altri attributi divini che l'uomo è riuscito a catalogare,
e perché costituisce la modalità concreta dell'amore di
Dio per le sue creature". E aggiunge quello che potremmo
chiamare l'obiettivo pastorale del libro: "La fede in questo
Dio permetterà poi ai credenti di adottare lo stesso punto
di vista nei confronti della propria vita, delle cose di
questo mondo e del mondo venturo". Relativizzare, quindi,
è uno degli atteggiamenti più saggi, anche quando si tratta
di Dio. Relativizzare il "nostro" Dio. Perché tutto quello
che di lui sappiamo e proclamiamo e speriamo è "relativo".
L'assoluta verità-bellezza del Mistero di Dio e la vita-gloria
che ci prepara sorpassano tutto "ciò che l'occhio mai vide
e il cuore umano mai immaginò", riconosceva il carismatico
Paolo. Dio è sempre Altro. É sempre Migliore. Gli attributi
divini che riusciamo a "catalogare", come scrive, ironico,
Cabodevilla, sono evidentemente troppo umani per non essere
relativizzati: onnipotenza, giustizia, trascendenza... di
quale potere, di quale giustizia, di quale distanza parlano?
Antropomorfico è il nostro dogma, umanissima la Bibbia,
molto "mia" la mia fede! "L'uomo pensa, Dio ride", afferma
un proverbio ebraico. Dio è infinita misericordia in buonumore.
Che batticuore esultante non ci prenderà quando giungeremo
alla porta aperta delle sue braccia! Il senso del buonumore
è fratello gemello della speranza, questa virtù sovrumana
che commuove anche il cuore di Dio, secondo Péguy, e che
è il migliore, definitivo atteggiamento che noi possiamo
assumere davanti a lui, mentre siamo pellegrini tra le ombre:
Confidiamo in te, tu conosci la nostra argilla, sei, in
Gesù di Nazaret, uno dei nostri! Ed è chiaro che a maggior
ragione dobbiamo saper relativizzare le realtà umane della
politica, dell'economia, della patria o della stessa vita
personale (il buonumore verso sé stessi!) che, in ultima
istanza (passando con buonumore per sorella morte), andrà
a finire nell'abbraccio misericordioso di Dio... Attenzione,
però! Relativizzare non significa accettare, per esempio,
il neoliberismo che esclude la maggior parte della famiglia
umana; amnistiare gli aguzzini dei popoli; chiudere gli
occhi e la militanza di fronte alla disoccupazione, la fame
o i massacri. Il buonumore non esime dall'ira profetica.
Io devo saper cantare e ridere e indignarmi e gridare simultaneamente.
C'è un tempo per ogni cosa, avverte il Libro. Ma, precisato
questo, sarebbe certamente di buon gusto e di enorme efficacia
evangelica che noi soprattutto, cristiani e cristiane, seguaci
del Risorto, percorressimo il mondo con un po' più di buonumore
in volto e nelle parole e nella pastorale. E come sarebbe
bello e testimoniante vedere il buonumore fiorire nelle
curie, nel diritto canonico, nelle encicliche, nei concili!
Se il buonumore è gemello della Speranza, lo è anche dell'Amore.
Le tre virtù teologali, in questa terra di esodo, vanno
sempre a braccetto. Amore/Umore fanno rima. É possibile
amare Dio che è Buono, e il prossimo che non è sempre così
buono, soltanto con un cuore pieno di buonumore: fiducioso
da un lato, quello di Dio; misericordioso dall'altro, quello
del prossimo... Se le giraffe hanno idee molto elevate,
noi abbiamo cuori molto capaci.