di
Pedro Casaldaliga
I
laici - e le laiche! - sono chiesa, sì o no? La domanda
può sembrare stupida perché la risposta, in
teoria, è più che evidente. In pratica, però,
la domanda può essere più che opportuna perché
la risposta, nella pratica, non è poi così
semplice. Roma (qui ognuno veda che cosa si intende per
Roma) ha divulgato, lo scorso 14 novembre, una Istruzione
su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici
al ministero dei sacerdoti . L' Istruzione ha suscitato
"costernazione" in alcuni circoli più esigenti
nei confronti della "partecipazione" e della "corresponsabilità"
in tutta la vita della chiesa. Non si tratta di negare lo
specifico del ministero presbiterale. Ma di rivedere la
ministerialità di tutta la chiesa. Ogni battezzato
e battezzata è, in virtù del battesimo, sacerdote,
profeta e re. Il Codice di diritto canonico - che non è
rivoluzionario - chiarisce esattamente che, essendo i battezzati
partecipi del triplice munus di insegnare, santificare e
governare la chiesa, anch'essi possono essere "cooperatori
del vescovo e dei presbiteri nell'esercizio del ministero
della Parola" - in certe circostanze, se non altro,
quando le necessità lo impongono. L'assemblea della
Conferenza nazionale dei vescovi (cattolici) del Brasile,
la Cnbb, sta studiando e lanciando, quest'anno, un documento
su Missione e ministeri dei laici nella prospettiva del
nuovo millennio . Tutto lo studio e il documento stesso
- a mio parere - soffre di questa incertezza, più
che secolare, millenaria, relativa alla condizione ecclesiale
del laico, e della laica. Che i laici svolgano la loro missione
fuori della chiesa, nel mondo! Neppure sempre seguiti dalla
gerarchia, spesso abbandonati in alto mare, facilmente disautorizzati
quando si comportano con la libertà adulta che è
loro propria. Dentro la chiesa, i laici e le laiche parlino,
ma poco, ascoltino, ubbidiscano. La Parola, e tante volte
è anche parola, è del clero! Ma dove cominciano
e dove finiscono questi "dentro" e "fuori"
della chiesa? Non vogliamo clericalizzare il laicato, no!
Basta con il clericalismo del clero - che ancora sussiste
e addirittura cresce, in certi settori della Santa Madre.
Vogliamo, questo sì, una chiesa tutta adulta, corresponsabile
e anche tutta ministeriale.Nella diversità e specificità
dei ministeri, certo; ma effettivamente, dentro e fuori;
attraverso la Parola e la parola; tutta uditrice e discente,
e tutta parlante e testimone. Il grande maestro Rahner calcolava
che avremmo avuto bisogno di un secolo per digerire il concilio
Vaticano II. E indicava come contributo più rivoluzionario
del concilio la preminenza fontale che la Lumen gentium
ha dato alla concezione della chiesa come popolo di Dio,
dopo molte lotte dello Spirito e degli spiriti. É
muovendo da tale concezione, assunta fino a trarne tutte
le conseguenze, che si possono e si devono vincere l'incertezza,
l'ambiguità - e gli arretramenti - in ordine all'essere
e all'agire del laicato, al maschile e al femminile, che
è chiesa tanto quanto il clero. Penso che dovremmo
ritornare, in teologia e nella pastorale, alla primigenia
visione del grande Ministero del Regno, la Diakonia del
Regno, principio e fine di tutti gli altri ministeri, secondari
di fronte a questo Ministero essenziale, primordiale, definitivo.
Io non sono teologo, sono appena vescovo, ma mi sento francamente
a disagio quando in documenti o manuali mi viene chiesto
di accettare come "collaboratori" - quasi tollerati
- i laici e le laiche (queste, sovente, non sono neppure
menzionate!) come se io, vescovo, fossi "il" ministero
in persona, "il" testimone, quasi "il"
Vangelo. Scusate: sono parole del Sud e nel Sud, sapete
com'è, il clima è più tropicale e il
vento scuote con più forza alberi, edifici e strutture.