di
Pedro Casaldaliga
All'incontro
di Riobamba, in Ecuador, per i dieci anni della pasqua del
"vescovo degli indios", Leonidas Proaño ( Nigrizia 10/98
e, in questo numero, a pag. 63), si sono rivolti a un'assemblea
composta di vescovi, pastori, teologi e pastoralisti, tre
indigeni quichua: Maximiliano, Carlos, Delfín. Custodisco
i loro nomi, i loro volti, la loro dignità, e voglio condividere
con i lettori e le lettrici di Nigrizia alcune delle loro
parole. Sono "parole del Sud". Del sud "indigeno", più concretamente,
che il Nord e il Sud non indigeno e la chiesa del Sud e
del Nord devono ascoltare... Ci hanno ricordato il processo
di coscientizzazione, di organizzazione e di evangelizzazione
che Proaño mise in moto tra di loro. Quando i loro popoli,
i popoli indigeni dell'Ecuador, vivevano "nella prostrazione",
quando "non avevamo volto", quando "eravamo - hanno detto
- come stracci". Ed è bene ricordare che nella provincia
del Chimborazo, nella quale rientra la diocesi di Riobamba,
la popolazione indigena raggiunge il 75%. Proaño la trovò
ancora "prostrata", quasi trascinandosi dietro un'eredità
di cinque secoli. E lui l'ha aiutata a risollevarsi. A togliere
le mani da sotto il poncho. A scoprire il volto e a guardare
dritto negli occhi. Le ha dato le terre della chiesa (che,
in fondo, appartenevano agli indigeni!) e l'ha stimolata
a "recuperare la memoria storica". Prendendo le mosse dall'apertura
del Vaticano II e dalla latinoamericanizzazione che ne ha
fatto Medellín, Proaño fu pioniere dell'evangelizzazione
inculturata. Tutta questa promozione umana, alla luce del
Vangelo, che mise in moto, "per noi è inculturazione", sottolineavano
i tre. Hanno scoperto Gesù nel seno dei loro antenati, andando,
con loro, davanti al popolo, pur essendo "di ieri". Hanno
scoperto che l'Opzione per il Povero è la stessa "opzione
di Dio per l'essere umano povero". Hanno scoperto che "il
Vangelo inculturato non si contrappone più alle religioni
(indigene)". E che "il Vangelo, anzi, ha bisogno delle culture".
Che si deve purificare la Bibbia "dal dominatore" partendo
dalla "nostra stessa storia di salvezza". Reclamando, per
di più, che si dovrebbe "passare dalla "dottrina" alla Bibbia".
Come chiedono il diritto all'autodeterminazione socio-politica,
così chiedono il diritto alla "autodeterminazione religiosa":
il che risponde semplicemente alla più legittima tradizione
dell'evangelizzazione cristiana, perché la fede non si impone,
anche se tante volte, e molto concretamente in questa nostra
America, la storia può dimostrare il contrario... Sanno
dei pericoli e delle minacce di sempre e dei nuovi mali
di questa ora neoliberista: "Siamo minacciati da ogni parte".
E sentono e avvertono quanto sia minacciata la TerraMadre,
la Pachamama: "L'inferno è il mondo che si sta dannando".
Ma sono lotta e speranza di millenni. Con humour di sfida
ci dicevano: "Se con la parola "indio" ci hanno sfruttato,
con la parola "indio" ci libereremo". Attraverso la loro
bocca parlava Taita Proaño - "ci ha convocato lui". Parlava
nella loro bocca lo Spirito. É l'ora, anche giubilare, di
ascoltare queste bocche!