Beati gli operatori di Pace

                                                                    



A poche settimane dalla celebrazione della 46° Giornata Mondiale della Pace, il prossimo 1 gennaio 2013 e soprattutto dall'inizio del mese della pace - nel quale molte parrocchie e realtà associative moltiplicano iniziative di sensibilizzazione sul tema - non ci è ancora giunto il testo dell'ormai tradizionale messaggio del papa; ciononostante il tema e le brevi anticipazioni diffuse dalla sala stampa vaticana lasciano trasparire alcuni aspetti molto interessanti, nei quali Benedetto XVI ci invita a intendere la pace sociale a partire dalla dimensione interiore della persona e ad elaborare alcuni percorsi sociali. Per non cadere quindi nei più consolidati luoghi comuni, vorremmo pertanto cercare di suggerire tre piste concrete.

La prima è quella della resistenza nonviolenta come stile di vita personale. Per riuscire a costruire percorsi di pace occorre, infatti, esercitarsi ad un tipo di virtù personale, che non è tanto una preparazione all'eroismo del gesto estremo, quanto piuttosto l'attuazione di una nonviolenza quotidiana, fatta di piccoli sacrifici, che sono a volte poco appariscenti, ma che sono fondamentalmente impostati all'onestà e alla disciplina interiore. Questo ci permette di resistere alle seduzioni di una cultura che, con una serie di pubblicità subliminali, di spot e di messaggi, ci induce a dei comportamenti sempre meno consapevoli e massificanti, ma allo stesso tempo individualistici ed egoistici. Occorre cioè resistere a "processi di giustificazione", che mirano a convincerci che non ci sono alternative all'attuale modello di sviluppo ed ai suoi consumi. Una scelta di semplicità volontaria, non significa diventare poveri perché ci siano beni sufficienti per tutti, ma imparare a vivere una sobrietà che permetta a tutti di vivere, in maniera dignitosa e a non essere schiavi delle cose.

La seconda è la resistenza nonviolenta come attaccamento alla Verità. Intendendo la verità con la lettera maiuscola, che è costituita dal riconoscimento e salvaguardia della Dignità degli altri, contro ogni discriminazione. Viviamo, infatti, in una società che, senza che ce ne rendiamo conto, sta cambiando l'abc stesso delle nostre convinzioni più profonde. Quando, ad esempio, sentiamo che persino i bambini si esprimono dicendo "extracomunitari", non possiamo non provare una grande preoccupazione, rendendoci conto che stiamo seriamente minando la possibilità stessa di un futuro di Pace per la nostra società. Se, infatti, non insegniamo più a considerare gli altri come fratelli, ma "stranieri", "extracomunitari" appunto, termine che tradisce una sinistra assonanza con extraterrestri... ci siamo già tirati la zappa sui piedi.

In tal senso, bisogna allora avere il coraggio di mettere in discussione una presunta legalità, tanto comunemente accettata, quanto profondamente illegale. Come già aveva solennemente dichiarato Giovanni XXIIII, nella Pacem in terris, per il fatto stesso di appartenere alla stessa umanità, non esistono strutture - come le frontiere - in virtù delle quali si possa impedire alle persone di spostarsi sulla terra, per cercare condizioni necessarie a condurre un'esistenza dignitosa.

Riconoscere tale verità con la "V" maiuscola significa avere il coraggio di porre gesti di non-cooperazione, resistenza nonviolenta, disobbedienza civile e boicottaggio, anche nei confronti di quelli leggi che, per quanto formalmente "legali", risultano profondamente immorali (e davvero non-negoziabili) alla nostra coscienza.

Pensiamo, concretamente ad alcune iniziative quali la Campagna contro le Banche Armate, facilmente reperibile su internet, che muove dal presupposto che la guerra oggigiorno non è più considerabile un incidente di percorso, in quanto è diventata una necessità strutturale del sistema economico. Siamo, infatti, al punto per cui ogni 10 anni è necessario fare una guerra, per non bloccare il sistema di produzione e vendita delle armi con immancabile ricaduta sul sistema economico e finanziario. Basti pensare che il 30% del mercato mondiale gira attorno al commercio bellico (indotto incluso), legando così necessariamente l'economia di pace a quella di guerra... e le banche sono il perno della faccenda, finanziando ogni compravendita coi fondi che "noi" vi investiamo. Per questo da anni è in atto una Campagna contro le cosiddette "Banche Armate". L'iniziativa studia annualmente il budget delle banche e, denunciando quelle che finanziano il commercio internazionale di armi, offre la possibilità ai singoli clienti di valutare il rapporto con la propria banca e decidere di conseguenza.

Ma pensiamo anche al cosiddetto Consumo Critico e quindi alle varie forme di boicottaggio che già conosciamo o ad altre campagne, meno note, quali la campagna "Sbilanciamoci", per lo studio dell'annuale Legge di Stabilità, in vista dell'elaborazione di controproposte sostenibili.
Infine, la terza pista è quella di una resistenza nonviolenta intesa come giustizia ripartiva.

A tale proposito basti ricordare che da anni esiste un ufficio a Milano, ora privato, ma nato come emanazione di una ASL, che lavora sul concetto di giustizia riparativa. Vale a dire, mentre l'idea di giustizia che tutti conosciamo è fondamentalmente ti tipo retributivo - "se fai del male devi pagare" - la giustizia riparativa (che non si contrappone, né sostituisce la legge) parte dal concetto, che chi fa del male lo fa non soltanto agli altri, ma anche a se stesso e ha leso il patto di convivenza sociale; si pone pertanto l'obiettivo di far incontrare vittime e aggressori, per ragionare insieme sul perché sia successa quella determinata cosa e su come sia possibile ripararla insieme. Sembrerebbe fantascienza... ma è già realtà, tra le nostre case! E davvero lambisce gli ambiti più comuni dell'esistenza quotidiana: dalle liti fra condomini a questioni più gravi, quali episodi di molestie tra ragazzi a scuola e violenze sessuali in famiglia. Gli stessi operatori hanno anche prestato il loro servizio nei Balcani, per un lavoro di riconciliazione tra adolescenti delle diverse fazioni che si erano combattute negli anni della guerra civile.

Più di ogni teoria, ascoltare simili esperienze può quindi aiutare a rimuovere dubbi e pregiudizi che ancora potrebbero permangono sull'efficacia dei metodi nonviolenti.
Certo, a proposito della costruzione nonviolenta della Pace siamo davvero alla preistoria, ma dobbiamo definitivamente rimuovere il pregiudizio che sia un sogno di pochi utopisti, i quali non si renderebbero conto di come è fatta la realtà: non solo perché a confutare tali pregiudizi esistono già esempi concreti e significativi, ma perché fra poco potrebbe davvero essere troppo tardi.

Alberto Vitali



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