"Arrivando
in questo quartiere si vedono tante bandiere della Pace. Grazie,
perché la Pace è uno dei doni dello Spirito". Così Mons. Diego
Bona, vescovo emerito di Saluzzo, si rivolgeva nell'omelia del
giorno di Pentecoste ai ragazzi della nostra parrocchia, a cui
avrebbe di lì a poco amministrato il sacramento della Cresima.
Ed è vero: nonostante che i "rumori" di guerra (perché la guerra,
quella vera, con i morti, è tutta un'altra cosa e continua…) siano
cessati da un paio di mesi, non solo nel nostro quartiere, ma
in tutta Italia, moltissime bandiere della Pace continuano a sventolare
dai balconi. Bandiere sbiadite dal sole, spesso un po' strappate
o accartocciate, sporcate dai piccioni e dallo smog, ma restano
lì: per la gioia degli uni e la disperazione degli altri, che
non sanno più come spiegare un fenomeno che all'inizio si credeva
riconducibile ad una semplice reazione emotiva, irrazionale e
un po' ingenua. Così, in queste settimane, è persino divertente
leggere le diverse interpretazioni di improvvisati sociologi,
su alcuni di quei giornali che, nonostante un certo impegno profuso
nei mesi scorsi, non erano riusciti a colorare l'Italia con gli
stessi colori, ma utilizzati per costruire geometrie alquanto
diverse: "Certi italiani sono davvero ostinatamente "pacifici":
tenere le bandiere arcobaleno appese alla finestre anche quando
la guerra è finita da un pezzo… Appare chiaro che le nobili bandiere
iridate… siano entrate di diritto nel pantheon dei nuovi oggetti
di culto della pietà popolare… Qualche malizioso potrebbe insinuare
che si tratta di pigrizia o di avarizia, considerando che quella
bandiera è costata denari. Altri maligni osano parlare di superficialità:
sbollito l'entusiasmo per il gesto politically correct che permetteva
di sentirsi parte dei "buoni", gli espositori-sbandieratori manco
ricorderebbero di aver esposto "qualcosa" sul davanzale…". Io
che sociologo non sono, ma ho l'abitudine di ascoltare le persone,
guardarle negli occhi, sforzarmi di capire gli aneliti profondi
del cuore, mi sono fatto un'altra idea, più semplice, ma forse
proprio per questo più vicina alla realtà. Esporre la bandiera
della Pace era certamente un gesto semplice, alla portata di tutti,
per quanto significasse una presa di posizione (o meglio di "opposizione",
alla guerra) pubblica, per nulla scontata anche solo lo scorso
anno. Ma poi, in questi mesi, la gente ha ragionato "in proprio"
(peccato inaudito per le eminenze grigie del sistema) di fronte
allo svolgersi degli avvenimenti, alle "motivazioni" di volta
in volta apportate, alle menzogne implacabilmente emerse a fine
conflitto, ai costi umani che si continuano a pagare. Molti si
sono indignati e, a volte, hanno persino pianto di fronte a certe
scene o testimonianze: io per esempio - che magari con un po'
di presunzione, ritengo di essere abbastanza a conoscenza di certe
brutture, essendo uno dei responsabili nazionali di in un movimento
cattolico per la Pace - sono inorridito di fronte alla denuncia
di un medico francese che diceva di ricevere ogni mattino, a Bagdad,
decine di bambini in pericolo di vita per avere l'intestino ormai
a pezzi, a causa degli spaventi dovuti ai bombardamenti! Ebbene,
giorno dopo giorno, tanti nostri connazionali - sbandieratori
e no - si sono fatti la convinzione che la Pace è cosa di ogni
giorno: il frutto di un lavoro e di una lotta quotidiane. Per
questo le bandiere restano ai balconi (oltre al fatto che danno
un tocco di colore a queste nostre grigie città). E se potrebbe
sembrare assurdo utilizzare il termine lotta per costruire la
Pace, esistono in realtà tanti mezzi pacifici e democratici per
opporsi con forza (a questo siamo ridotti!) a tutto ciò che mira
a distruggerla o a renderla impossibile. Il Governo ed il Parlamento
italiano si sono invece profondamente impegnati in quest'altra
direzione - con una sollecitudine riscontrabile solo per pochissime
altre questioni - approvando a tempo di record (appena 4 sedute
del Senato, mentre l'attenzione dell'opinione pubblica era concentrata
sulla guerra in Iraq) la modifica della legge 185 del 1990, sull'esportazione
delle armi italiane nel mondo. Questa legge "danneggiava" non
poco i nostri produttori: basti pensare che se per 11 anni avevano
potuto vendere armi, indisturbati, simultaneamente a Iraq e Iran,
mentre erano in guerra tra loro, dopo il '90 gli venne proibito.
Ma con il voto definitivo della Camera, lo scorso 3 giugno, torna
ad essere più facile vendere armi italiane a paesi esteri, grazie
anche all'introduzione della cosiddetta "licenza globale di progetto"
che impedisce di conoscere la destinazione dell'uso finale di
un'arma esportata e la forte limitazione delle operazioni di controllo
e trasparenza finora garantite dalla annuale relazione del governo.
Con i tempi che corrono… non è chi non veda i profitti per le
nostre ditte e per la "ditta Italia": questioni etiche, vittime
civili, bambini terrorizzati, uccisi, mutilati?… Chissenefrega!
Sentimentalismi da pacifisti o popolino emotivo. Appunto! Perciò
le bandiere della Pace continueranno a sventolare dai nostri balconi
e Dio, affacciandosi a guardare giù, potrà vedere di avere un
grande Popolo della Pace in questo paese.
Alberto
Vitali
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